01. Ore 11:56

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“Potrebbe essere una stanza buia. Potrebbe anche non esserlo. Potrei essere morto. Forse sto per nascere.”

MIAO fissava il soffitto. "O forse questo è il pavimento?" si chiedeva.

Alcuni numeri proiettati su quella superficie, erano gli unici elementi del suo mondo. "Ore 11:56," dedusse. Erano in caratteri cubitali di colore rosso semaforico. Perché semaforico? Stava forse aspettando qualcosa? In fondo, non erano altro che forme geometriche, segmenti, punti.

I due punti tra l'11 e il 56 lampeggiavano, ma di un rosso diverso: sembravano il battito di due cuori all’unisono. Sessanta battiti al minuto. Due battiti lenti. Due cuori da atleta. Una musica lenta. Ma ora c'era solo silenzio.

Una cupa sensazione di fredda umidità si stava formando intorno a lui. Ora il buio assumeva la forma di una galleria. Le pareti trasudavano umidità. Gocce. Stillicidio di gocce.

La proiezione dell'ora. Ora. Adesso, si trovava al centro della galleria e lui procedeva verso di essa, o essa verso di lui, fino a quando non apparve la scena.

In quell'angolo d'inferno, MIAO aveva le sembianze di un ragazzo dallo sguardo mesto, con un grosso bastone spezzato in punta, remava restando fermo. Remava dentro a quei liquami maleodoranti, in piedi accanto a quella enorme vasca. Era come una specie di pentola primordiale dove la vita si spegneva rantolando.

Oltre la vasca, nell'angolo opposto, due figure trasandate e in preda agli effetti dell'alcol stordivano, senza alcuna pietà, imponenti animali di un rosa sporco e arruffati. Usavano grandi pinze elettriche sui malcapitati.

Con un fendente ben assestato, il più piccolo dei due uomini, incideva con un taglio netto e chirurgico la giugulare dell'animale.

Il più alto dei due, una volta che la bestia si era accasciata, legava con una catena di metallo una delle zampe posteriori e con un urlo violento intimava alla IA assegnata all'avanzamento della catena di smontaggio di procedere di uno step.

L'enorme quadrupede saliva appeso per la catena lungo una ripida rotaia penzolando nel vuoto.

Una volta grondata una quantità determinata di sangue sul pavimento, come una pioggia di vita sfiancata, giungeva il momento di calare dall’alto l’enorme animale, ma in quell’istante qualcosa si inceppò e da quell’altezza considerevole improvvisamente si sganciò quella massa rosa che in un attimo cadde violentemente nella vasca, sollevando uno tsunami immondo.

MIAO venne ricoperto da capo a piedi da quel brodo bollente con ingredienti inenarrabili e rimase immobile, pietrificato. In quel momento, si sentì come il ricettacolo di tutte le bassezze umane, lo scarico di tutte le coscienze del mondo.

Era lì, MIAO, ma i suoi occhi si arrampicavano sulle alte pareti cercando una via di fuga attraverso i fumi che salivano fino al soffitto di quella enorme caverna, che alla sommità aveva una piccola finestra: un occhio azzurro verso l’infinito, uno spiraglio di libertà.

Lean, il GDS responsabile dell'area ricerca e sviluppo, spense il suo terminale e in un attimo la scena scomparve. Si alzò dalla sedia, riflettendo su quanto quell'IA fosse veramente unica al mondo; soffriva e sperava come un essere umano. "Domani lo metterò alla prova di nuovo. Questo esperimento è veramente stimolante," disse, con un tono cinico, mentre si allontanava dalla sala sperimentale dell'IA Repository.

Quando Lean uscì, nella sala risuonò una musica triste e malinconica a un volume impercettibile, proveniente dai diffusori di emergenza.

“...Let it rain…”

I pensieri di MIAO riempirono la sala come una pioggia sottile: *Lascia che piova, come note cadute dal cielo, lascia che piova, lascia che il mio cuore curi le sue ferite. Domani sarà ancora dura. Domani…*

Correnti ParalleleWhere stories live. Discover now