Prologo

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L’atmosfera era ricolma di jazz e del tipico odore di caffè macinato. Eiran, seduto al suo solito tavolo in fondo alla sala, era al suo terzo macchiato, nonostante fossero le undici di mattina. Essere uno sviluppatore software è per molti un sogno ad occhi aperti: poter lavorare dovunque e libertà di orario. Purtroppo, però, non sono rare le occasioni in cui, per finire un progetto, le ore di sonno vengono ridotte all’osso. Questo era uno di quei giorni.
Per quanto Eiran amasse lavorare da casa, non essendo una persona molto socievole e avvezza ai luoghi rumorosi, aveva deciso di mettersi  alla prova iniziando a lavorare in luoghi pubblici. La prima tappa fu una libreria, ma trovando il luogo poco stimolante per i suoi fastidi, decise, dopo poco, di passare al livello successivo: un bar. Il figlio del diavolo tra il suo luogo ideale, grazie ai vari momenti di pausa e le scorte infinite di caffeina, e del suo inferno personale, essendo frequentato molto spesso da persone chiassose che possono diventare ancora più moleste a causa dell’alcool.
Questa decisione venne presa un martedì qualunque, quando il ragazzo si rese conto che non usciva di casa da almeno dieci giorni e che le uniche interazioni che aveva avuto erano state con la sua coinquilina e i fattorini del cibo d’asporto. Non che non sapesse cucinare, era cresciuto solo con il padre, un poliziotto, e aveva imparato fin da piccolo a prendersi cura di sé; ma il lavoro gli risucchiava più tempo di quanto volesse ammettere e, molti giorni, il solo pensiero di bloccarsi per un’ora o più, per prepararsi qualcosa e mangiarlo era inconcepibile. Morale della favola: la sua alimentazione si componeva prevalentemente di cibo spazzatura facilmente adoperabile con una mano.
« Anche oggi qui? » Darlene, con il suo solito tono sarcastico.
Eiran la mandò a quel paese senza staccare gli occhi dallo schermo del pc.
« Parli come se non fossi stata tu a suggerirmi di lavorare qui. »
« Vero, ma stai monopolizzando questo tavolo. E se qualcun'altro volesse mettersi qui? Guardati intorno! Non c'è il tuo nome scritto sopra. »
A quelle parole il ragazzo alzò lo sguardo, solo per constatare che gli unici altri clienti erano un’anziana con il deambulatore, due ragazze che erano già nel locale quando lui era entrato quella mattina alle nove ed Erman, un altro dei clienti abituali che, dopo la pensione, aveva deciso di annoiare a morte tutti i clienti del bar con i suoi racconti di guerra in Iraq. Nessun cliente sembrava minimamente interessato a quel tavolo.
Eiran allora guardò dubbioso Darlene che stava ridendo sotto i baffi. Poi ad un tratto capì.
« Lo sai che lo faccio  per il tuo bene. Ogni due ore ti conviene distogliere lo sguardo da quel computer o finirai per diventare cieco a causa di tutta questa luce blu. »
« E tu sai che questo è il mio lavoro, e non posso fare troppe pause o mi troverò indietro con le scadenze. »
« Sisi, come potrei mai dimenticarlo. Non fai che ripeterlo, specialmente a casa. » il ragazzo provò a difendersi, ma Darlene zittì la sua replica sollevando un indice « Primo: non si interrompe mai una ragazza. Secondo: in realtà ero venuta qui per presentarti Ollie. Il bar sta andando bene e mi serve una mano. Mi sembrava giusto farle fare la conoscenza del nostro più gentile e affezionato cliente»

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