43C - Il signor O'Hara

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Annuisco. «Non voglio. Ha già fatto abbastanza.»

«Ahimè, signorina Spencer, non ha commesso un reato di estrema gravità, ciò significa che verrà multato e applicheremo un ordine restrittivo se vorrà, ma niente di più. Sarà tenuto sotto controllo e non la importunerà più.»

Annuisco ancora una volta, la bocca pastosa a causa della scarsa saliva. Faccio fatica a crederci. Davvero.

«Il signor O'Hara ha una dipendenza da gioco d'azzardo. Sul suo laptop sono stati trovati diversi siti, tornei di poker e... debiti da saldare. Il modo più veloce di ottenere una cospicua cifra è stato minacciarla.»

Porto una mano a massaggiare il petto. Non ne avevo la più pallida idea. «Ma lui... Come ha saputo di mia madre? È questo che non riesco a capire.» Aggrotto la fronte.

«Lui afferma che gliene abbia parlato proprio lei, signorina Spencer.»

Gelo sul posto. «Come, prego? Le assicuro che questo è impossibile. Le ho già detto chi è a conoscenza della situazione.»

«Capisco che può essere uno shock, ma il signor O'Hara è stato categorico. Lui afferma che sia stata lei. A quanto pare aveva bevuto e gli ha raccontato della vicenda. Dice che è successo quasi due anni fa» spiega il capitano, girando tra le dita una matita.

Sussulto. E collego i puntini. Quella sera avevo bevuto, ero giù di morale perché avevo visto uno stupido procione in televisione e mi sono sentita male. Ma non sapevo di... Ecco perché il giorno dopo mi aveva chiesto se ricordassi qualcosa della notte precedente. Credevo di aver fatto la stupida, non di avergli rivelato una cosa del genere. Non sono una bevitrice accanita, anzi, tendo persino a preferire gli analcolici ma ora che so cos'è successo e quanto ho aperto la bocca... non berrò mai più un goccio di troppo.

«Credo sia vero. Quella sera avevo bevuto per un brutto ricordo, mi ha chiesto se ricordassi qualcosa il giorno dopo e gli ho detto di no. Evidentemente, però, lui non l'ha mai scordata, aspettava solo il momento di sfruttare la cosa.»

Il capitano Keller annuisce con un sospiro. «Ciò che gli accadrà adesso, signorina, non la riguarda. Il signor O'Hara pagherà una multa cospicua e lei è libera di aggiungere una denuncia per danni morali se vuole. Certo, l'avverto che questo potrebbe prolungare le cose, ma—»

«No. Voglio solo lasciarmi tutto alle spalle. Non è più un mio problema e di questo vi sono grata. Però vorrei quell'ordine restrittivo. Non voglio più averlo vicino. Nemmeno per sbaglio.»

«Sarà fatto. Lei è libera di andare, signorina Spencer.»

Mi alzo e gli cedo la mano in segno di ringraziamento. Mentre percorro il corridoio continuo a pensare e ripensare. Sembra di star vivendo in un incubo.

Mentre supero una porta, se ne apre un'altra. E lui è lì, seduto, il viso pallido, gli occhi incavati e un'espressione rassegnata. Non mi vede, ma io vedo lui un attimo prima che la porta si richiuda e l'agente mi superi rivolgendomi un sorriso educato.

Vedo Phil O'Hara e sento il cuore ammaccarsi un po' di più.

Il ragazzo che, all'inizio, credevo sarebbe stato l'amore della mia vita. Un avvocato alle prime armi, rispettabile, di bell'aspetto e che mi faceva ridere. Pian piano di quella persona mi è rimasto solo il ricordo, solo... non credevo si sarebbe spinto a tanto. Incontrando me e Jordan si è informato, avrà tratto le sue stupide conclusioni – tuttavia, corrette, visto che io e Jordan abbiamo davvero un accordo – e ha pensato di sfruttare la cosa a suo vantaggio per pagarsi i debiti di gioco. Non avevo idea che fosse un giocatore incallito, nei due anni con me non l'ho mai visto interessato, figuriamoci indebitarsi. Qualcosa nella sua vita deve essere andato storto ma a me non importa, perché da adesso in poi ho chiuso del tutto questo capitolo. Phil O'Hara è appena sparito dalla mia vita, una volta per tutte.

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Where stories live. Discover now