42C - Per Kinder

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Chiaramente dovrò restare a Chicago fin quando non avranno trovato a qualcosa giusto per comodità e... non mi va.

È strano da dire, ma è così. Vorrei essere a Brisbane, sul divano, insieme a Jordan e Serial Kinder. Mentre aspettavo in sala d'attesa ho riflettuto sulle parole di Natalie ma ho fatto il possibile per convincermi del contrario. Voglio dire... è Jordan. Innamorarmi di lui è sciocco sotto ogni punto di vista.

Giusto?

La mancanza che sento deve essere causa dell'abitudine. Ormai avevo una routine, una che comprendeva un omone rugbista e un pitbull dolce come il miele.

Come se avesse sentito il mio pensiero, il cellulare squilla. «Pronto?»

«Ehi.»

«Ciao» mormoro. Dal divano, nel mio appartamento silenzioso, mi sento più sola che mai. Sentire la sua voce burbera mi rallegra.

«Novità? Credevo chiamassi.»

«Sono un po' scombussolata tra il viaggio, il jet-lag e tutta questa situazione.» Sospiro, massaggiando la tempia sinistra. «Hanno preso il laptop, dovranno controllarlo e mi faranno sapere.»

«E devi restare lì per forza?»

«Perché, ti manco, JB?» Non resisto, devo punzecchiarlo. Evito di dirgli che a me lui manca e non sono trascorse nemmeno ventiquattro ore.

«Ti prego. C'è così tanto silenzio che riesco finalmente a sentire i miei pensieri. E ho l'acqua calda tutta per me. Però Kinder ti cerca.»

Il cuore si restringe al pensiero. Incredibile come un bestione tutto muscoli con quel musetto dolce mi abbia stregata in poco tempo. Pensare che all'inizio nemmeno mi piaceva.

«Mi manca» ammetto. «Fammela vedere. Ti videochiamo.» Non gli lascio il tempo di ribattere, attacco e lo richiamo. Il viso familiare di Jordan compare davanti allo schermo, è corrucciato. Sorrido, incapace di trattenermi. «Ciao, Brontolo.»

Lui non ribatte, abbassa lo schermo del cellulare e inquadra una palla di pelo marrone. «Ciao, piccoletta.»

Kinder scatta al suono della mia voce, quasi facendo cadere di mano il cellulare a Jordan.

«Sono qui, Kinder.» Ridacchio.

Kinder si gira e finalmente mi vede, poi sorride. La mia cagnolone muscolosa con la faccetta da ranocchio mi sorride. E io mi sciolgo. Abbaia, entusiasta e poi la lingua invade lo schermo del cellulare.

«Kinder, non si lecca» dice Jordan.

«Ignora tuo padre, dammi un altro bacino.»

«Piantala di incoraggiarla» mi ammonisce il moro, ritornando sullo schermo.

«Ci credi che non volevo restasse? Incredibile.» Scuoto il capo. Il solo pensiero di lasciare Serial Kinder adesso mi sembra impensabile. Mi ha dimostrato così tanto affetto e supporto da scioccarmi.

«Perciò, quando credi di tornare? Chiedo perché non ho voglia di subirmi i suoi piagnistei giornalieri. Oggi ha pianto già due volte e stasera ha deciso di dormire sul tuo lato del letto.»

«Torno prima che posso» mormoro, il cuore colmo di una miriade di sentimenti in contrasto. «Per Kinder. Ovviamente.»

«Ovviamente» ripete lui.

«Va bene, adesso ti lascio. Per qualsiasi cosa... sono qui.»

Lui mi scruta per qualche secondo, poi annuisce. «Prima di andare: sai dove sono finiti tutti i miei calzini?»

«Sono in lavanderia. Ho fatto il bucato prima di partire perché avevo bisogno di distrarmi e così ti ho lavato tutto. Intimo incluso» ammetto, un filo colpevole.

«Quindi vado agli allenamenti con le palle al vento. Magnifico.»

«Non so se mi entusiasma il pensiero» rifletto.

Jordan bofonchia qualcosa che non capisco, poi alza gli occhi al cielo. «Avvisami se ci sono novità, porto Kin con me agli allenamenti.»

«Va bene. E... Jordan?» Lo richiamo ancora una volta, prima che attacchi.

«Che c'è?»

«Ti spiace se ti chiamo intorno a quest'ora anche domani? E tutti i giorni in cui dovrò restare qui? Per Kinder, sai... non voglio che si senta abbandonata.»

«D'accordo.»

«Bene. Ciao, allora.» Sollevo una mano in segno di saluto.

«Ciao, Calista.» Attacca.

Abbandono il cellulare sul tavolino e mi alzo dal divano, stiracchio le braccia e raggiungo la cucina poco fornita. Prima di tornare a casa sono passata al supermercato, giusto per non morire di fame mentre starò qui. Mi guardo intorno, quasi come fossi un'estranea e piego il capo quando noto una manciata di fogli sul ripiano accanto al tavolo.

Raggiungo i fogli e sbuffo una piccola risata quando riconosco gli appunti del vecchio romanzo. «Forse dovrei ringraziarti, sai? È a causa tua che sono partita e ho conosciuto Jordan. E Kinder. Se non fossi stato così pessimo...»

Sbadiglio, ma ignoro il desiderio di sprofondare a letto. Meglio mangiare qualcosa, poi forse mi concederò un pisolino.

Uno bello lungo. Dove non vengo minacciata, i miei sentimenti non sono in discussione e ci capisco ancora qualcosa di cosa succede nel mio cuore.


𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora