Capitolo 11

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Il forte frastuono delle sirene mi riporta alla realtà.

Apro debolmente gli occhi, accecata da una forte luce di una lampada posizionata proprio sul mio volto. Affianco a me c'è una persona,vestita di una larga camicia verde e di un pantalone di uguale colore. Regge delicatamente il mio polso che è circondato da una fascia con un tubo accanto che arriva fino ad un aggeggio alla mia sinistra.

"Si è svegliata." Dice al conducente che guida il veicolo. La voce la sento appena, quella frase sembrava appena sussurrata. Il veicolo viaggia ad alta velocità, spostando il lettino su cui ero stesa da destra a sinistra in modo appena percettibile. Incapace di muovermi,e tanto meno di fare caso a dove ero, fisso la luce davanti a me finché non sono costretta a richiudere gli occhi.

"Non ha nulla di grave, ma è meglio tenerla sotto osservazione per qualche settimana o, se le condizioni si aggravano, per qualche mese."

Il dottore sta parlando con Alex e Lex. Sono proprio davanti alla mia camera d'ospedale.

La camera non aiutava a rilassarmi: le mura erano di un colore bianco pallido, il pavimento era scivoloso per via delle sue mattonelle,un lungo comodino di legno divideva il mio letto da un altro, al momento vuoto, ma sicuramente occupato da qualcuno per via dei vari oggetti poggiati su di esso. Erano presenti solo due finestre: una  che dava sul corridoio, chiusa, e un l altra che dava su una strada che terminava su una grande rotonda. Sebbene passavano macchine,camion e chi più ne ha più ne metta, non riuscivo a sentire niente,o a fare niente. Ero come paralizzata. Nella dignità, e fisicamente.

La porta, che spicca dal muro per il suo colore azzurro acceso, si apre all'improvviso, e senza nemmeno avere il tempo di alzare lo sguardo,mi ritrovo Alex seduta su una sedia vicino al mio letto di cui avevo ignorato l'esistenza, e Lex, seduta sul letto vicino al mio. Tutto questo in una frazione di secondo.

"Un ciao?" dico spostando di poco solo la testa verso Alex. Lei,ignorandomi, in tutta risposta mi tira uno schiaffo sulla guancia sinistra. "Stronza! Come cazzo hai potuto metterti contro Marika?!" dice senza decenza. "Alex abbassa il tono." tira all'improvviso Lex in tutta risposta. "Sei impazzita? La porta che Marika ti hadato in faccia ti ha fatto perdere la ragione? Più del solito?!"

"Alex, piantala di rompere il cazzo." dico tornando a fissare il soffitto.

"Le tue paranoie non mi aiutano." Riprendo dopo un po'."L'unica che si è fatte paranoie qui sei tu carissima." dice alzandosi in piedi spostandomi il viso con le sue mani in modo che la guardassi. E con gli occhi pieni di rabbia continuò: "Se avevi di tutto sul cellulare, se sapevi di tutto su quell'accaduto, se sospettavi anche il più piccolo dei dettagli di Marika.. cogliona!Dovevi andare dalla polizia, e no cercare cazzate su un sito o trovare il modo di incastrarla per conto tuo. Non ci saresti mai riuscita!" detto questo lascia la mia testa cadere sul cuscino e si allontana dal letto, cominciando a camminare furiosamente per la stanza. Io non rispondo, continuo a fissare il soffitto. Quelle parole mi avevano ormai fatto capire ogni cosa anche grazie al suo tono di voce.

Alex stava urlando di rabbia.

Lex invece era silenziosa. Troppo. E non aveva osato guardarmi in faccia.

"Chi ti ha detto cose del genere Alex?" dico con la voce roca e bassa, senza staccare lo sguardo dal soffitto. "Harry." risponde invece Lex. L'unico che sospettava qualcosa, era Niall.

"Stronzo."sussurro cercando invano di mettermi seduta. Lex, vedendomi in difficoltà, si alza e mi aiuta a mettermi seduta, spostando qualche cuscino dietro la schiena. "Grazie." dico accennando un sorriso.Lei si siede sulla sedia dove prima c'era Alex, senza però dire una parola.

"Perchè non ci hai detto nulla? Oppure se proprio non volevi parlarne con noi, cazzo, perchè non sei andata dalla polizia?!" riprende Alex"Non avevo prove evidenti.." dico in tutta risposta. "No Camilla, il fatto è che non è che non le hai, il fatto è che non esistono!" riprese ad alzare il tono di voce.

"Ho detto di abbassareil tono della voce Alex.." dico a denti stretti.

"Cami ascolta."interviene Lex all improvviso.

"No io non ascolto più nulla."dico con un po' di tristezza nella voce. "Lex, cercavo di risolvere tutto per te, perchè mi preoccupavo, e per noi, per la nostra carriera, che è ancora nelle mani di quell uomo. La polizia non è ancora riuscito a trovare quel criminale, ma io sono riuscita a trovare.." feci il segno delle virgolette con le dita. " indizi. Indizi che nemmeno la polizia ha trovato. Ascoltatemi!" Alex avevale braccia incrociate, di fronte al mio letto. "Camilla, quello che dici non ha senso..te ne rendi conto?!" dice all improvviso con  disappunto. Io non l ascolto. Lex mette la mano nella tasca della. sua graziosa felpa e prende il cellulare. Il mio.

"Cosa. devo cercare?" mi chiede senza alzare lo sguardo dallo schermo.

"Lex lasciala stare!"

"Alex zitta, cazzo. Chiudi quel cesso."tiro in tutta risposta.

Alex. era sempre stata così: impulsiva, che perdeva facilmente la ragione. Mi assomigliava in fin dei conti. Lex invece, era l esatto opposto.

"Cosadevo cercare?" ripete Lex, questa volta guardandomi. Nei suoi. occhi scuri riconosco rabbia e tristezza. Sospiro. "Vai nella. galleria, ci sono delle foto.."

Lei in silenzio ubbidisce, e, scorrendo le foto, sul suo volto appare. come un espressione sorpresa, quasi spaventata. "Queste. siamo..noi? Noi tre?" dice mostrandomi la foto che avevo scattato. giorni prima dall album di Lex che avevo nascosto. "è la nostra. vacanza a Miami del '99.." Alex è diventata come all improvviso silenziosa. Lex invece è paralizzata. Non mi avevano fatto vedere le. immagini che avevano visto dopo, ma avevo capito cosa avevano trovato. E non c entrava nulla con il caso Staphan.

Continuano a scorrere le foto, fino a trovare il. dato decisivo. Il foglio di carta che avevo strappato dall'album.

Lex getta il cellulare sul mio letto ed esce di corsa dalla camera. Non feci caso se stava piangendo. Alex in tutta risposta mi mollò un altro ceffone, ringhiandomi contro: Camilla Rachel, sei stata la nostra sfortuna più grande."

Esce. sbattendo la porta.

La stanza torna silenziosa, e triste. Quelle parole erano vuote, prive di significato. Vagavano nella mia mente. Sentii qualcosa scendere sulla guancia sinistra, poi destra, poi ancora, fino a che non mi accorsi che erano lacrime. Fottute lacrime di rabbia, nervosismo, e di tristezza. Avevo permesso a quelle due di cambiarmi completamente la vita.

Le lacrime scendono, ma io rimango fissa a guardare il soffitto,sperando di svegliarmi da quel lungo incubo da un momento all altro.

La porta si apre, e poi si richiude. Il padrone del letto disabitato è arrivato. Non mi interessava vedere chi era.

"Le persone non avranno mai pietà di te. Nemmeno quando arriverà l ultimo dei tuoi giorni."

Quella voce era familiare. Troppo ormai.

Angels With Black Wings. ||Niall Horan.||Where stories live. Discover now