Le mie valigie erano molto pesanti, contenevano il necessario alla sopravvivenza al college: vestiti, libri, utensili di uso quotidiano e soprattutto il mio prezioso diario. Lui era chi mi ascoltava a fine giornata. Ne avevo bisogno più di ogni altra cosa, per non dimenticare. Non dimenticare mai niente. Non sapevo perdonare anche per questo. Ogni volta mi rileggevo e convincevo che se le persone ti fanno soffrire una volta lo faranno per sempre.

Varcata la soglia dell'ingresso, catturai l'attenzione di quello che probabilmente era il custode del dormitorio. Si affacciò dal suo piccolo sportello, con aria preoccupata. Trasportare quei bagagli smisurati rendeva la mia figura piuttosto ridicola. Infatti subito dopo si precipitò in piedi dalla sua sedia girevole e corse verso di me.
«Ragazzina, faccio io». Julie e Izzy si guardarono strozzando una risata. Quando qualcuno utilizzava il diminutivo "ina" con me, di solito reagivo cercando di dare inutili dimostrazioni di forza.
Fred aveva un aspetto simpatico: occhiali tondi, un velo di barba scura sul mento, ultimo bottone della camicia inserito nella fessura sbagliata. Ci fornì tre duplicati delle chiavi della nostra camera, la numero ventisei del secondo piano.
«Infondo al corridoio, sulla destra. Per qualsiasi cosa, chiedete a me.»

Camminai contando nella mia mente i numeri delle diverse camere. 19... 20... «Alexis!» esclamò Julie d'un tratto. Mi voltai scattosamente a sinistra, scontrando il viso contro un muro o... il petto di qualcuno. Un odore m'inebriò le narici in un batter d'occhio. Quel profumo, forse naturale o riconducibile a un ottimo bagno schiuma, era il più invitante e gradevole che avessi mai sentito. Provocò in me il desiderio di respirare più a fondo. Sentii una voce, profonda, vibrare nel suo addome. Era bella... ma bastò qualche breve istante per mettere insieme le parole che avevo sentito. Indietreggiai come se mi avesse spinto via.

«Che ne dici di guardare dove vai?»
Sollevai lo sguardo, curiosa di conoscere quale fosse il volto di una persona così arrogante. Avevo in mente di rispondergli a tono, ma questo solo prima di affogare nel mare in tempesta che quel qualcuno tratteneva negli occhi dal taglio perfetto. In quelle iridi profonde non mancava la più rara delle sfumature dal celeste cristallino al blu. Così la voce mi rimase bloccata in gola e per qualche secondo non dissi niente ma osservai. Aveva un volto troppo armonioso per un semplice ragazzo in cui ti imbatti per caso. Era bello, semplicemente, e nessuno mai avrebbe potuto dire il contrario. Il mio petto s'era infiammato non appena l'avevo guardato negli occhi e la lingua mi era rimasta incollata al palato. Aveva capelli mossi, di un biondo scuro, che gli ondeggiavano sulla fronte e il suo sguardo sembrava quasi sorridere adesso, con quelle rughe d'espressione formatesi agli angoli degli occhi.

«Potrei dirti lo stesso, non pensi? Altrimenti non mi saresti venuto addosso.» Quell'impercettibile sorriso all'angolo della sua bocca, si ingrandì.
Il battito del mio cuore accelerò ancora.
«È la tua faccia che è finita su di me, non il contrario.» Con quel tono spocchioso stava di certo insinuando che l'avessi fatto apposta.
Riafferrai le maniglie delle mie enormi valigie per sorpassarlo.
«Ce la fai o rischi di togliere la vita a qualcuno?»
Gli avrei volentieri dato uno spintone.
Il ragazzo alla sua destra scoppiò a ridere. Sentii i nervi a fior di pelle. Quando folgorai anche lui con lo sguardo, si coprì la bocca con la mano, ricomponendosi.
«Ma che diavolo vuoi? Ti sposti, idiota?» dissi, perso ormai ogni barlume di compostezza.
Si scansò. «Che disagiata», bofonchiò, allontanandosi con quel suo amico. Sentii crescere un' incontenibile rabbia dentro di me ma se l'avessi sfogata ulteriormente sarebbe stato solo peggio, con un provocatore del genere.

Che nervoso! «L'hai visto? Porca miseria Alexis», esclamò Julie con gli occhi sbarrati. Per una collezionista - fiera di esserlo - come Julie, uno così si trovava nella piramide delle sue conquiste. Sebbene non fosse nient'altro che un arrogante maleducato. «Non vedevo un figo del genere da troppo, troppo tempo. Già adoro questo college!» gridò Isobel. «Oh... Dio.» Ruotai gli occhi al cielo e continuai a camminare verso una delle ultime porte di quell'infinito e affollato corridoio.

Amami nonostante tuttoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora