31C - Non ci provare

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Avrei voluto lamentarmi, informare Jordan che farla collaborare è stata una faticaccia ma indovinate? Mi ha reso il lavoro semplice. Le ho detto di salire sul sedile del passeggero e che le avrei messo la cintura e non si è mossa di mezzo millimetro, nemmeno quando le sono arrivata così vicino da sentire il suo fiato puzzolente sul viso. Io il mio l'ho trattenuto per l'ansia che mi potesse squartare la faccia. Poi, durante il tragitto, si è messa a guardare fuori dal finestrino senza lamentarsi mezza volta. Non mi ha nemmeno sporcato il sedile. E quando siamo arrivate è scesa dall'auto senza fare storie.

Non sapevo nemmeno che esistessero cani così obbedienti.

«Tu con un pitbull al guinzaglio, è assurdo. Pensavo ne avessi paura» asserisce papà, stringendomi un braccio attorno alle spalle.

«È così infatti, ma Jordan l'ha trovata tre giorni fa e vorrebbe tenerla. Io no. Così abbiamo raggiunto un compromesso: Serial Kinder resta per una settimana e poi smamma via, non posso vivere in quella casa con l'ansia di vedermela sbucare ovunque.»

«Sembra buona però» commenta papà. Il pitbull scorrazza per il campo insieme alla squadra mentre si allenano. Jordan l'accarezza un paio di volte e le lancia l'ovale. Lei, da brava bambina obbediente, sfreccia in direzione della palla per riportargliela.

«Lo so» bofonchio.

«I cani non sono tutti uguali, Cali. So che hai paura dopo quella storia di Carl, ma ne ha preso un altro un paio di anni fa.»

«Che?» Mi volto, esterrefatta.

«Hm-hm. Non te l'ho detto perché ho pensato che non ti interessasse, ma ora che vedo... Serial Kinder... che nome è, poi? Comunque, dicevo, ora che la vedo non mi sembra né aggressiva né vogliosa di divorarti in un boccone. Credo che voglia solo una famiglia, bimba.» Papà mi stringe più forte e mi lascia un bacio sulla fronte.

Torno a fissare il cane e sospiro. «Jordan l'ha trovata con una cartaccia della Kinder in bocca e io ho pensato che avesse la faccia da serial killer, quindi ho unito le due cose e... è uscito quel che è uscito.»

Papà viene scosso da una risata. «Ti adoro immensamente, lo sai? Se non esistessi, dovrebbero inventarti.»

«Papà» mormoro, puntando gli occhi su di lui.

«Sul serio.»

«Ti voglio bene.»

Il suo sguardo si addolcisce mentre mi accarezza un braccio. «Anch'io. E adesso valuta seriamente di tenere quel cane. Non ho mai visto la squadra così reattiva. Accidenti, potrebbe persino diventare la seconda mascotte della squadra. Tutto è meglio di quello stupido cavallo.»

«Cos'ha che non va Buck il Bronco? È simpatico!»

Papà mi rivolge un'occhiataccia. «Ti prego. Sotto a quel costume si nasconde un perfetto stronzetto, non farti ingannare.»

«Ehi, tappetta! Perché diamine non vuoi tenere questa principessa?!» esclama Seamus, correndo nella mia direzione. Da quando Loris ha iniziato a chiamarmi così davanti alla squadra, gli altri hanno preso la brutta abitudine di copiarlo. Quindi ora io sono "tappetta" e un cane che conoscono da a malapena tre giorni è "tesorino" o "principessa". Mi piaceva il feeling che si era creato con la squadra, li sentivo più vicini e soprattutto io mi sentivo più a mio agio, ma adesso che sono stata surclassata da un cane? Potrei non più prendere in considerazione l'idea di scrivere un libro su ognuno di loro. Ecco, ben gli sta.

«Già! Non puoi buttarla fuori di casa solo perché devi condividere le attenzioni di JB» concorda Jaxon.

«Oddio» emetto un lamento.

«Siamo sicuri che resti la sua ragazza numero uno, ma non puoi liberarti di questo tesorino» rincara la dose Ben.

Il suo gemello, non soddisfatto, prende parola: «È troppo carina per sbatterla fuori casa, tappetta.»

«Avanti, Jordie, dì alla tua ragazza che questo splendore non vi ruberà il vostro tempo da coppietta strappalacrime» sghignazza Christopher.

«Sanguisuga pompata» sibila mio padre prima di voltarsi, pronto ad andare. Gli allenamenti sono appena finiti. Ultimamente restano fino all'una in vista delle partite imminenti.

Gli altri non lo sentono, ma io sì. «Papà.»

Lui non ribatte, mi rivolge solo un cenno di saluto e, seguito dagli assistenti, se ne va. Mi domando quando inizierà ad apprezzare un mio fidanzato, finto o meno. Phil lo tollerava a malapena, Silas, il precedente, non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi. È stato il mio primissimo ragazzo, quello con cui ho condiviso tutte le mie prime volte e papà lo sapeva. È stato tutto confermato quando Silas ha fatto cadere per sbaglio il suo zaino, un attimo prima che andassimo in campeggio, e una scatola di preservativi è volata sul pavimento.

Jordan si avvicina, grondante di sudore mentre gli altri riprendono a scherzare. «Si è comportata bene?»

«Sì» borbotto, le braccia strette al petto.

«Non le stai dando nemmeno una vera possibilità, Calista» asserisce, passandosi una mano tra i capelli umidi.

Sto ancora fissando le ciocche scure quando mi schiocca due dita davanti al viso. «Sì, scusa. Ehm... ci proverò.»

Sul suo viso si dipinge un'espressione sorpresa, come se non se l'aspettasse, poi si tramuta in una guardinga. «Davvero?»

«Non voglio far vincere la paura, ma non voglio nemmeno essere pressata. E il suo periodo di prova resta, tuttavia sono flessibile e possiamo allungarlo di un'altra settimana. Niente di più, Jordan.» Gli punto l'indice contro.

Lui non sorride, non mi ringrazia, eppure riesco a scorgere un filo di ammorbidimento negli occhi. «Posso accettarlo.»

«Ma ti avverto che non verrà con noi a Melbourne. Ho il far a cui pensare e tu una partita da giocare. Saremo entrambi impegnati la maggior parte del tempo.»

«Ci avevo già pensato, la lascio in un hotel per animali. La porto prima di partire.»

Annuisco. «Bene. Ora pensaci tu a riportarla a casa, ho bisogno di una serata tra ragazze. E no, lei non è inclusa» indico il cane, impegnato a farsi coccolare.

«Ci uniamo anche noi. Loris porta la sua nuova ragazza.»

«Cosa? E perché lo vengo a sapere solo adesso?» So che Loris è uscito un paio di volte con questa ragazza che ha conosciuto prima della scorsa partita ma ero rimasta a una frequentazione, non avevo capito stessero insieme visto che lui non mi ha detto niente del genere. «Adesso mi sente.»

Sto per marciare in direzione del mio amico quando una mano si avvolge attorno al mio polso. «Tu non vai da nessuna parte perché non sono affari tuoi.»

«Lo sono diventati quando mi ha raccontato di lei prima di fare la nanna. E io che gli ho pure concesso di prendersi più spazio a letto, avrei dovuto spingerlo sul pavimento» bofonchio.

«Un attimo: avete dormito nello stesso letto?» Jordan aggrotta la fronte, come fosse una novità.

«Dove altro avrebbe dovuto dormire nella sua stanza? Si è offerto di prendere la poltrona ma ti ricordo che l'intrusa ero io» sibilo, adesso nervosa al ricordo di quella notte.

«Avrebbe dovuto prendere la poltrona» asserisce, lapidario.

È per caso infastidito dall'idea? Perché, davvero, dopo quello che c'è stato sarebbe impensabile. «Avrei dovuto prenderla io, ma è stato galante e ha offerto a me il posto più comodo. Non lo avrei mai fatto dormire su quella cosa scomoda, lo sai bene quanto è importante che siate ben riposati. E poi, Jordan, non hai alcun diritto di venirti a lamentare, sempre se è quello che stai facendo, perché se non ti fossi scopato una nel mio letto, lo avrei condiviso con te» sbotto, velenosa. Ma come si permette di venirmi a fare la morale quando lui ha fatto di peggio? È assurdo. «E ora con permesso, vado a chiedere spiegazioni al mio amico

Stupido idiota.

Stavolta, cara coscienza, hai proprio ragione. 

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Where stories live. Discover now