26J - Schema 6, stronzi

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«Sì. Con te che mi chiami idiota.» Mi spintona e questo attira l'attenzione. Sto per contraccambiare, saturo di queste stronzate fallose quando una voce mi ferma. «Ehi!» Sun corre nella nostra direzione e si mette in mezzo. «Torna nella tua metà di campo e pensa a giocare.» Guarda Pettyfer.

«E tu tornatene al tuo paese, giapponese del cazzo» ribatte il bastardo.

«Ti distruggo.» Sposto Sun con tutta la forza che ho il corpo ma vengo bloccato da lui, Jaxon e Paul che mi si gettano addosso.

«Baxter, resta concentrato, cazzo!» Esclama Sun.

«Se lo colpisci sei fuori e non possiamo permetterci un'altra sostituzione» aggiunge Jaxon.

«Avanti, bello, torna in te.» Paul mi dà una pacca sulla spalla, nella speranza di placarmi.

Ansimo affannosamente, livido di rabbia repressa che vuole solo uscire allo scoperto. È difficile riuscire a trovare la concentrazione necessaria quando quel bastardo non fa altro che ghignare soddisfatto, ma hanno ragione. Fanculo, non posso mandare tutto all'aria per uno stronzo razzista.

Faccio un altro respiro e torno in posizione, pronto per la ruck*, so già che sarà un delirio, proprio come quello che si aggira nella mia testa.

«Andiamo, ragazzi!» urla il coach Spencer da bordo campo.

Non ribatto, smuovo le spalle per restare concentrato e attendo il fischio dell'arbitro. Mancano dieci minuti alla fine della partita e ho intenzione di vincerla, cazzo. Specie dopo tutte le provocazioni di questi falliti.

Il fischio ci arriva forte e chiaro e l'attimo successivo veniamo assaliti da un'orda di Eels che tentano di recuperare l'ovale dalle mani di Greyson, placcandolo. Finisce a terra, nella speranza di riuscire a passare a qualcuno di noi l'ovale, ma gli sfugge di mano, azione che dà inizio alla ruck. Mi scontro con due Eels che fanno il possibile per impedirmi di prendere l'ovale ma, per mia fortuna, Liam ha la prontezza di afferrarlo e correre nella direzione opposta alla nostra, la destra.

«Peterson, passa quel maledetto ovale!» urla il coach.

Riesco a liberarmi e corro in soccorso di Liam mentre lui sfreccia oltre la linea dei dieci metri. Intercettato lo schema, i numeri 2 e 9 tentano di placcarlo. Liam passa l'ovale a Loris che riesce a liberarsi di uno stronzo e continuare la sua corsa dritto verso la meta. Forza, amico, possiamo farcela.

Loris viene costretto a lanciare la palla in direzione di Rodrigo, che l'afferra con abilità e sfreccia tra gli Eels. Un cazzo di razzo il nostro mediano di mischia. Mi sposto verso l'esterno, seguito da Alex e Ben, quando Rodrigo è costretto a passare la palla a Christopher, dietro di lui già pronti Filippo e Seamus.

Schema 6, stronzi.

Filippo viene placcato dal numero 12, portando il gioco esattamente dove volevamo.

Seamus prende possesso dell'ovale, lo passa a Sun che lo lancia nella mia direzione. C'è troppa distanza tra me e il resto della squadra, troppa vicinanza con la loro area di meta, perciò posiziono l'ovale sul terreno e calcio un drop. L'ovale si libera in cielo, diretto tra i pali avversari, dritto in mezzo a essi.

Li supera.

Altri tre punti per i Broncos. Altri tre punti per la nostra cazzo di squadra.

L'arbitro fischia la fine della partita e noi vinciamo 26 a 16. Fanculo, Eels del cazzo.

Mentre vengo assalito dai miei compagni di squadra, riesco a vedere il coach annuire soddisfatto, l'accenno di un sorriso sul volto.

Abbiamo appena vinto, eppure una minuscola parte di me vorrebbe ancora spaccare la faccia a quel razzista bastardo.

«Fenomenale, JB!» urla Loris.

«Grande, vice!» esclama Paul.

Conclusa la partita, alcuni di noi, me compreso, restiamo al di fuori degli spogliatoi per rilasciare un paio di interviste. Finora me ne sono sempre tenuto alla larga ma il coach e Tim mi hanno obbligato a prenderne parte. Tim sostiene che è un ottimo modo per limare ancor di più la mia finta relazione, ma io continuo a pregare che le domande si limitino alla squadra.

Per mia fortuna, è così. Niente vita privata, solo gioco. Dopotutto, però, sono le interviste al di fuori dello stadio il vero problema. Quelle mirano a tutto tranne che allo sport ed è una cosa che disprezzo da morire.

Sto giusto tornando in spogliatoio quando una voce familiare mi richiama. «Amore!» Calista corre nella mia direzione e prima che possa capire, si getta tra le mie braccia. L'afferro d'istinto e le avvolgo la vita mentre lei si fionda sul mio collo e mi abbraccia. I giornalisti hanno i cellulari puntati su di noi in tempo record, così sono costretto a sorridere e mostrarmi affettuoso.

Calista si scosta per potermi guardare negli occhi, un sorriso sul volto mentre mi accarezza il viso. «Sei stato eccezionale!»

«Grazie, piccola.» Le accarezzo i capelli. Ma non è abbastanza, lo so io e lo sa lei. Se non mi mostro ancora più innamorato, perderò credibilità. Calista mi scruta con attenzione, quasi fosse in attesa di qualunque cosa.

Allora le afferro le gambe e me le porto attorno alla vita, cosa che le fa rilasciare un risolino, poi chino il capo e, per la prima volta in assoluto, sono io che la bacio.

Premo le labbra sulle sue, morbide, e approfondisco il bacio tra i fischi di alcuni compagni mentre la trascino dentro lo spogliatoio.

«Signor Baxter! Signor Baxter! Vuole dire qualcosa sulla sua fidanzata?! O... o su Pettyfer?!» esclama uno dei giornalisti.

Lo guardo da oltre la spalla, Calista ancora in braccio. «Le sembra che voglia aggiungere qualcosa? Ho tutto quello che mi serve proprio qui.»


Nota: *Fase di contesa a terra dopo che il giocatore placcato è obbligato a lasciare la palla.

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt