20J - Sembri costipato

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«Be', confortante» la sento mormorare.

Scendo dall'auto e cedo le chiavi al valletto, poi faccio il giro e apro lo sportello, porgendo subito la mano a Calista. Non ho mai sorriso più di tanto a questi eventi, ma stavolta le cose sono differenti quindi dovrò impegnarmi un pelo di più per convincere questi avvoltoi che sono pazzo della mia fidanzata. Non importano i post sui social, le stories, le foto o le riviste, conta quello che vedranno con i loro occhi, che confermerà questa storia o meno.

Calista mi sorride mentre accetta l'aiuto. Intreccio la mano alla sua e mi accerto che la parte posteriore del suo abito sia a posto. È aderente, le pone in evidenza ogni forma rendendola ancora più sexy e letale di quanto non sia già, ma gli inconvenienti sono dietro l'angolo, quindi meglio controllare. Per quanto abbia fatto il possibile per evitarla in casa, condividiamo il bagno e la camera da letto, mi è stato impossibile ignorare il fatto che dorma senza reggiseno o che, molteplici volte, non mi sia dispiaciuto avere il suo calore accanto. Sono certo che sarebbe una scopata deliziosa, non c'è dubbio, ma complicherebbe le cose, di parecchio. Meglio evitare di pensarci, specie adesso, non mi va di finire in prima pagina con un'erezione grande quanto la rivista.

I paparazzi ci urlano di guardare nella loro direzione, scattano centinaia di foto al secondo. Calista mi stringe la mano mentre con l'altra saluta impacciatamente nessuno in particolare. Le accarezzo piano il dorso della mano e avanziamo lungo il tappetto. Alcuni chiamano il mio nome, altri il suo, ci supplicano di fermarci per un'intervista veloce ma non esiste.

Mi volto in direzione della donna al mio fianco e la trovo già intenta a guardarmi. Ha le guance rosse, sorride ma sento quanto è agitata, perciò, per fomentare ancora di più i giornalisti e dare loro una dose di serotonina serale, slaccio le nostre mani e le avvolge la vita con un braccio prima di piantarle un bacio sulla fronte e invitarla a proseguire. Calista poggia brevemente il capo sul mio petto in segno di ringraziamento e si scosta, pronta a raggiungere l'entrata.

Quando mettiamo piede dentro, la sento sospirare profondamente mentre si scosta. «Ti abitui mai a una cosa del genere?» mi chiede.

«Dopo un paio d'anni, sì. Lo schema è sempre lo stesso, bisogna solo saper giocare.»

Lei mi scruta. «Immagino di sì. Anche a me è capitato di esporre un paio di volte in questi sei anni, ma non ho mai sfilato sotto all'occhio di un sacco di paparazzi.»

«Esporre?» La guido attraverso l'ampia sala, i pavimenti in marmo su cui echeggiano le nostre scarpe. C'è un sacco di gente che si dirige verso la sala principale, così ci limitiamo a seguire il flusso.

«Agli eventi a cui partecipo. A volte sono firmacopie ed è richiesta una piccola presentazione dell'autrice e del libro. Per la maggior parte sono librerie, ma viene comunque tanta gente ed è imbarazzante da morire.»

«Però è il lavoro che ti sei scelta.»

«Vero.» Annuisce. «E lo amo tanto, davvero, ma questo non lo rende meno spaventoso. È un po' come le vostre partite, sai? Amate giocare, vi entusiasma, però c'è sempre quel momento in cui temete di non potercela fare.»

In effetti, non ha tutti i torti.

Entriamo in sala proprio quando il coach Spencer ci raggiunge. «Cali.»

«Papà.» Calista si precipita tra le braccia del padre. Il coach mi riserva un cenno col capo, il massimo che posso ottenere.

Mi guardo attorno, notando sempre le solite cose. La sala è quadrata, ci sono tavoli colmi di cimo e bevande, camerieri che girano per i tavolini alti sparsi per la stanza e una band sul palco posto più in fondo. Alcuni ospiti stanno già ballando a ritmo della canzone elegante che risuona dagli altoparlanti mentre la band finisce di accordare gli strumenti, pronta per il pezzo successivo.

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Where stories live. Discover now