15.RIFLESSI E RITORNI II

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La sua espressione si contrasse inaspettatamente, colta di sorpresa da questo cambio repentino di prospettiva.

«Va.. va bene..» balbettò in risposta.

Mi diressi verso il cesto di more e presi la coperta che serviva per coprirle, la stesi e mi ci sedetti sopra, invitandola a fare lo stesso.

La tensione nell'aria era palpabile, ma era diversa, quasi pregna di speranza.

Serena e io ci guardavamo intorno, i nostri sguardi cercavano le parole giuste per rompere il ghiaccio che si era formato tra di noi. Era un imbarazzo nuovo, fresco, intriso di un'attesa carica di possibilità. Avevamo di fronte un'infinità di argomenti da affrontare, così tanti che era difficile decidere da dove cominciare. Eppure, in mezzo a quel mare di incertezze, c'era una speranza che galleggiava: forse eravamo entrambi pronti a mettere da parte il passato per costruire un futuro diverso, insieme.

Fu lei a rompere il ghiaccio. «Cosa hai fatto in questo anno sulla piattaforma?»

Il suo imbarazzo mi causò un tenero sorriso. Mi aveva posto quella domanda senza guardarmi, giocando con il bordo colorato della coperta.

«Ero il loro geologo. Mi occupavo soprattutto di indagini sotterranee e carotaggi superficiali. Studiavo le sismiche e le sezioni geologiche per cercare di capire dove potessero trovarsi serbatoi di petrolio importanti. Soprattutto questo.» sospirai «La notte non facevo granchè. Eravamo sperduti in mezzo al mare della Libia.»

Lei sgranò gli occhi. «Libia?! Ma è pericolosissimo lì! Non hai avuto paura?»

Sorrisi per la sua preoccupazione. «No, Serena, non ho avuto paura perché eravamo controllati 24 ore su 24, 7 giorni su 7.»

«Ah, capisco.»

La guardai e notai un'espressione di incertezza nei suoi occhi. Le sue labbra si aprirono e si chiusero più volte, come se volesse dire qualcosa ma non riuscisse a trovare le parole. Le sue guance si tinsero di un rosso leggero, rendendo il suo imbarazzo evidente.

Mi sporsi verso di lei. «Chiedimi quello che vuoi. Non aver paura.»

Sgranò gli occhioni e spostò lo sguardo in basso. «Ecco...» deglutì «...beh, cioè...la notte.. la notte cosa facevi?»

Scoppiai a ridere di gusto per quel fraintendimento. «Serena..» non riuscivo a smettere di sorridere «..se mi stai chiedendo se sono andato a letto con altre, la risposta è no.»

«Non intendevo questo!» mise le mani avanti, con l'imbarazzo che la stava mangiando viva.

Inarcai un sopracciglio. Lei sbuffò e si rimise composta, evitando accuratamente di guardarmi.

«E poi, non ci sarebbe stato niente di male visto che noi..» cominciò, timida.

Alzai gli occhi al cielo. «Non sono andato con nessuna perché pensavo a te.» la interruppi, infastidito.

«Come?!»

«Hai capito benissimo. Non c'era spazio per nessun'altra nella mia testa, Serena. Eravamo noi due, sempre. Ogni momento, ogni pensiero, era rivolto a te. Anche quando la notte arrivava e gli incubi di quel giorno tornavano a tormentarmi, la tua presenza era la mia ancora di salvezza. Non avevo desiderio per nessun'altra, perché nel mio cuore c'eri solo tu, con il tuo corpo e la tua voce che mi davano conforto. Ero tuo, completamente.»

Osservai Serena con occhi intensi, notando una lacrima solitaria che solcava il suo viso. Il mio cuore si strinse nel vederla così, vulnerabile e commossa. Non avevo previsto la reazione di Serena alla mia confessione.

Il silenzio tra di noi si fece palpabile, carico di emozioni non dette, mentre il mio sguardo si soffermava su di lei con preoccupazione e amore mescolati.

Come la luna sull'acqua chiara.Where stories live. Discover now