77 Domani è già arrivato

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Passò poco, forse un paio di minuti, prima del mio meritato sollievo. Spalancai gli occhi al contatto con qualcosa di fresco e consolante sul volto. Trovai ancora il ragazzone russo sopra di me. Mi venne da piangere, perché avevo pensato che la faccia avrebbe bruciato per sempre.

«Ehi, Rossa, non piangere. Sei bella lo stesso. Hai solo qualche graffio, tutta scena, sai? Meglio così, il tuo faccino coperto di sangue ha scatenato la furia di Trevor, così stasera fa tutto lui. Io mi riposo qua con te, mentre lui massacra quei tre poveracci. Mi serviva una pausa, il tuo fidanzato mi fa lavorare troppo.»

E le lacrime divennero un pianto isterico, e ogni singhiozzo era una pugnalata al torace. Andrey mi sollevò, facendo scattare tutti i recettori del dolore sparsi nelle mie povere membra, ma il suo abbraccio burbero, e le sue carezze impacciate mi curarono molto più del ghiaccio sulla faccia.

«Rossa, sei stata brava. Erano tre, cazzo, e tu sei una cosina piccola, ma sei stata sveglia eh? Hai preso tempo, sono sicuro. E uno aveva già il sangue al naso, spero sia stata tu. Senti, ti do una ripulita, perché se Trevor ritorna e ti trova così quello è capace che esce e prende a pugni anche quelli che passano per caso, ok?»

Tirai su col naso, sentii in gola il sapore del mio sangue. Mi venne da tossire.

Andrey mi aiutò a mettermi stabile a sedere, ma a me le parole ancora non uscivano dalla bocca.

Mi tamponò lui con un asciugamano che inumidiva in un bacinella piena d'acqua. L'asciugamano era stato bianco. Non lo era più. Anche l'acqua si tingeva di rosso.

Abbassai lo sguardo, sulle mani abbandonate sopra le ginocchia. I polsi erano già viola, il segno delle dita evidente come un tatuaggio malefico.

Mi salì una rabbia rossa come il mio sangue. Presi il polso di Andrey, che si bloccò solo perché stupito.

«Non lasciarlo da solo con quei tre.»

Mi sorrise, in un modo in realtà poco rassicurante. Lo apprezzai per quello. «Quei tre, Rossa, davanti a un Trevor così incazzato valgono meno di un topolino zoppo anche sommati. Stai tranquilla, ok?»

E quello fu il momento in cui entrò nella mia black room. E nonostante intorno a noi tutto fosse nero, niente era più profondo e buio di lui, la cui camicia pareva un tutt'uno con la parete, e gli occhi un tutt'uno con l'inferno.

Mi guardò nel modo in cui un artista guarda la propria migliore scultura cascare a terra e rompersi in mille pezzi troppo piccoli.

«Sto bene» dissi subito, d'impulso. Le prime parole che gli rivolsi dopo che mi avevano salvata erano una pietosa bugia.

Attraversò la stanza con poche potenti falcate, mentre Andrey si faceva da parte, lanciandomi uno sguardo preoccupato.

Mi si chinò davanti, e scoprii che la sua camicia era umida, appiccicosa, imbrattata. Per fortuna era nera, o sarebbe sembrato appena uscito da una sala operatoria degli orrori. Non riuscii a distogliere lo sguardo dallo strato liquido e luccicoso che penetrava nel suo cotone di lusso.

Mi mise la mano sotto al mento e mi costrinse a guardare lui.

«Apri la bocca.»

«Ho già controllato» intervenne Andrey, che forse voleva solo risparmiarmi un'umiliazione. Trevor non si voltò neanche. «Apri.La.Bocca.»

Sentii il rumore della vibrazione provenire dallo smartwatch al suo polso. La sentì per forza anche lui. Non ebbe pietà per il mio cuore partito al galoppo. Aprii la bocca.

Mi infilò le dita tra le labbra e le gengive, cercando chissà cosa. Poi mi consentì di chiuderla.

«Niente di rotto. I denti sono a posto. Hai mal di testa?»

PRICELESSWhere stories live. Discover now