9. La forma della paura

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Scalpitava nel vuoto e il mondo le sembrava lontano e incredibilmente vicino allo stesso tempo. Trovò strano non avere più la terra sotto ai piedi com'era sempre stata abituata.
Le nuvole invece, assieme a tutta l'aria circostante, sfrecciarono intorno a lei lasciandola senza fiato nei polmoni, essi si svuotarono mentre agitava inutilmente le braccia lungo le correnti per creare attrito, come se avesse potuto imparare a volare proprio in quel preciso momento.

Spesso da piccola aveva sognato di avere delle grandi ali che potevano librarsi in volo e attraversare ogni cielo. La parte peggiore di quei sogni però, era risvegliarsi al mattino nel suo letto senza le sue ali. In quel momento Skye prese coscienza che ad attenderla non vi era soltanto un brusco risveglio, ma la morte stessa. Ogni pensiero razionale rifece capolinea nella sua mente quando vide la terra sottostante farsi troppo vicina e lo schianto essere quasi inevitabile.

Nonostante spesso era sprovveduta, fu lieta quando il suo istinto di sopravvivenza prese il sopravvento e mosse frettolosa le mani per azionare la maniglia di salvataggio come George le aveva istruito. Al principio mosse convulsamente la leva, tirandola più e più volte in una frazione di secondo. Questo non bastò ad avviare il suo paracadute e Skye continuò miseramente a precipitare.

Ma prima che potesse essere troppo tardi per lei, qualcosa la strattonò bruscamente all'indietro tirando tutto il suo corpo nella direzione opposta. D'un tratto non stava più precipitando perché la velocità in picchiata diminuì. Alzò il capo verso l'ombra che aveva appena coperto il sole minuscolo e debole dal tramonto. Dietro aveva una vela arancione che si gonfiava nel cielo e ondeggiava seguendo la corrente del vento.

Quello era il suo paracadute.

I suoi piedi toccarono il pavimento in pietra di quella che non aveva per niente l'aria di essere Nuova Capitale, non ebbe il tempo di cacciare tutta l'adrenalina che le scorreva ancora nelle vene che una grossa mano afferrò il suo braccio magro.

«Perché sei stata cosi lenta?! Credo che ci abbiano visto!» cigolò agitato il suo amico, che nel frattempo si era tolto lo zaino e la stava trascinando via dal posto in cui era appena atterrata inaspettatamente sana e salva.
Provò a togliersi anche lei quelle cinghie troppo pesanti da dosso.
Guardandosi stranita intorno non ebbe l'impressione di riconoscere la strada in cui erano finiti, né riuscì a trattenere il gridolino di spavento che fuoriuscì dalla sua bocca quando risuonò uno schianto non troppo distante dalla loro posizione.
«Era il nostro elicottero» spiegò l'uomo seguendo la traiettoria del mezzo che era appena precipitato a terra. Riuscì a liberarla paracadute afflosciato a terra in un accumulo di tessuto che Skye osservò con attenzione. Le era  strano ammettere che solo qualche strato di stoffa arancione era bastato per salvarla da morte certa.

La spronò ad avviarsi facendole un gesto di mani frettoloso, di fronte avevano tre diverse vie, tutte percorribili. Dovevano solo scegliere quale intraprendere.

«Dove pensi che sia il Palazzo o qualsiasi indizio stai cercando?» George alzò corrugò la fronte quando la vide incespicare a vuoto nei suoi stessi passi. Le passò una mano davanti al viso come per destarla e attirare la sua attenzione. Skye batté più volte le palpebre prima di riacquistare la padronanza di tutti i suoi sensi. Non aveva avuto neanche il tempo di rendersi conto che se si era appena tuffata nel vuoto da un elicottero in volo. Né a quanto poteva gioire di essere ancora in vita.
Nonostante questo, Skye pensò che quello che più la turbava era la realtà circostante, le incuteva timore in un modo che ancora non riusciva a spiegarsi. Era come se una parte di lei, un istinto carnale, riconoscesse esattamente quel posto.

Dalla Torre del Villaggio aveva visto spesso la città rasa al suolo per via della guerra. Le macerie di vecchie mura che una volta erano state delle case abitate, le erano comunque sembrate lontane dalla sua quotidianità. In quel momento capì cosa si provava a perdere la propria casa. La propria città. Quelle mura erano state davvero casa sua.
Aveva quindi smesso di essere una straniera che combatteva per fare la cosa giusta. Ormai era una Regina a cui avevano appena sottratto il suo regno da sotto al naso.

REVENGEWhere stories live. Discover now