The, fiori e tessuti a coste

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-...e quindi mi ha detto che mi darà delle lezioni per migliorare- disse Jacob giochicchiando con il filo della cornetta.
-O mio Dio! E stracotto di te!- fece Mary dall'altra parte della telefonata.
-Ma cosa stai dicendo, non credo proprio- fece Jacob arrossendo.
-A te piace?- chiese Mary sospettosa.
Jacob era al telefono con Mary da quasi venti minuti, era riuscito a trovare un'angolazione in cui il filo era abbastanza lungo da poter stare sdraiato sul letto.
-Ma che dici Mary! Assolutamente no- disse lui arrossendo, la mano che non teneva la cornetta gesticolava a più non posso.
-Non mentirmi... lo capisco quando menti, non sei capace- gli rispose lei.
-Non mi piace Mary, è solo molto carino...-
Mary decise di lasciar perdere, non le serviva una conferma per comprendere il suo amico.
I due chiacchierarono ancora per qualche minuto, poi Jacob si alzò dal letto per riattaccare, inciampando in qualcosa.
-Stupidissima racchetta...- fece mentre si massaggiava il gomito dolente.
Ripose la racchetta sotto la grande finestra, che dava sul giardino sul retro.

Zia Sammy, completamente invisibile sotto la grande tesa di un cappello di paglia alzò lo sguardo verso di lui: -Jacob tesoro, mi aiuteresti con questi vasi, sono molto pesanti...-
-Arrivo zia, tu non fare sforzi- disse lui prima di correre di sotto a darle una mano.
-Quanta fretta- fece zia Sammy asciugandosi il sudore con il polso, le mani sporche di terriccio: -Non sono ancora così vecchia-
-Devi essere in forma per la fiera del prossimo mese- fece Jacob sollevando il grande vaso grigiastro.
La fiera di Daygreen era il più grande evento a cui si potesse ambire in tutta la borgata, era una specie di grande mercato dove gente proveniente da tutti i paesini vendeva la sua merce, era così ambito per la grande quantità di turisti che lo visitava, ritenendolo "pittoresco".Zia Sammy vendeva i suoi fiori migliori, grandi bouquet di rose profumate e campanule, petunie e genziane.

Jacob amava quella fiera, lì poteva osservare gli abiti di chi era "di città", che cosa era di tendenza nella grande Chicago.

Finito di spostare i vasi la zia squadrò Jacob assottigliando gli occhi.
-Che guardi?- chiese Jacob aggrottando le sopracciglia.
-Sei pensieroso per qualcosa, ma so già che non mi dirai di cosa si tratta perciò sceglierò la cura universale contro tutti i tipi di turbamento: Pancake!-
Detto questo scompigliò il ciuffo di suo nipote prima di dirigersi canticchiando verso la cucina.
Jacob sorrise, e tornò al piano di sopra, lì prese il suo quaderno ed un paio di matite, uscì dal giardino e cammino per mezzo miglio fino a raggiungere una piccola collinetta.

La salì tutta, fino ad arrivare al suo posto preferito al mondo, dove il sole risplendeva illuminando tutti i fiori di campo facendone esplodere i colori e dove un piccolo albero ricurvo ospitava sotto le sue fronde una coperta messa lì molto prima.
Era il suo luogo di ispirazione, un posto che apparteneva solo a lui e a Mary, dove Jacob spesso si recava per trovare calma e disegnare i suoi bozzetti.
-Se proprio devo andare a questo schifo di tennis, ci vado con stile- bofonchiò prima di aprire il quaderno e cominciare a disegnare, la lingua fuori per una concentrazione assoluta.

Non aveva intenzione di dare nell'occhio ma perlomeno di non sembrare uno che era rotolato giù da una collina incastrandosi in sterpaglie e fango, cosa che i pantaloncini dell'altra volta lasciavano sembrare.

Finito il bozzetto Jacob abbandonò la collina e scese in paese, dove andò nel suo secondo posto preferito al mondo, la merceria di Madame Rochet, una donna anziana molto allampanata, sempre con addosso Tailleur dai mille colori, e foulard legati al collo, per ricordare a tutti le sue origini francesi, anche se alla terza generazione di gente proveniente dall'Illinois, di francese non aveva più un bel niente.

-Jacob, mon Cher, come va, che ti serve oggi- chiese lei correndo in contro al ragazzo producendo un molto ritmato tacchettio causato dalle scarpine che indossava.

La merceria di Madame Rochet era un labirinto di scaffali pieni fino all'orlo di rotoli di tessuto, bottoni e merletti, era davvero poco illuminata e profumava sempre di Chanel n5 e tabacco.
-Buongiorno madame, mi servirebbe del piquet avorio e qualcosa di molto traspirante per dei pantaloncini, sarebbero perfetti sul blu.
-Cheri di sicuro ho tutto, vieni con me, ti va del the?- rispose Madame unendo le mani in segno di affetto.
-Sarebbe parfait madame- rispose lui mandandola in visibilio.
I due si ritirarono in un delizioso angolino dove li attendevano due poltroncine in velluto e tanti piccoli quadretti raffigurati diverse parti di Parigi.
Madame Rochet passò a Jacob una tazzina dipinta con un motivo a roselline, che riempì di un caldo liquido marrone versandoci una grande quantità di latte.
I due si sedettero e cominciarono a chiacchierare.

-Caro sono curiosa, a cosa ti servono questi tessuti- chiese Madame Rochet tra un sorso e l'altro, le gambe accavallate e lo sguardo curioso.
-Mi servono per una divisa sportiva, mi sono iscritto ad un corso di tennis per sbaglio...-
-Oh caro! Con questi allora sarai divin!- disse prima di correre e sparire dietro degli scaffali tornando ricolma di rotoloni pieni di stoffa.
Si posizionò sul bancone e prese un lungo paio di forbici argentate.
-Questo piquet è perfetto per la polo, lasciami cercare qualche bottone in tono...- e sparì di nuovo tornando con una scatolina piena di piccoli oggetti rotondi.
Posizionò sul naso affilato un paio di occhiali con montatura cat eye e con le dita lunghe ed ossute cominciò a frugare tra i bottoni.
-Voilà, questi si abbineranno ai pantaloncini.

Madame tagliò tutto e porse un grande sacchetto al ragazzo che uscì dal negozio.
Giunto a casa Jacob non perse tempo, d'altronde il prossimo allenamento sarebbe stato due giorni dopo.
Si fiondò verso la macchina da cucire che stava in camera di sua zia, e cominciò a lavorare.

Così dopo un pomeriggio, una notte praticamente insonne e troppi pancake, la divisa di Jacob era finalmente pronta: la polo color avorio gli calzava come un guanto, disegnando come su una tela il petto definito del ragazzo, i bottoni blu francese riprendevano perfettamente il paio di pantaloncini che Jacob aveva fatto un po' più lunghi rispetto alle usuali divise ed un paio di Nike blu e bianche bilanciava tutto egregiamente.

-Ok- disse Jacob allo specchio: -Andiamo a mostrare a quegli snob quanto non sono in grado di giocare-
Ripose tutto sopra la cassettiera e si preparò per andare a scuola.
Arrivò leggermente in ritardo come al solito, sulla scalinata Mary lo aspettava per entrare.
Quel giorno Jacob fece più attenzione a chi camminava per i corridoi, cercando qualcuno, solo che non era sicuro di chi stesse cercando.
Arrivarono davanti alla porta dell'aula dove si svolgevano le lezioni di letteratura.
Jacob stava per entrare quando riconobbe un mucchio di capelli biondi sbucare dal flusso di studenti.Il ragazzo arrossì ed entrò velocemente in classe.

Ecco qui il terzo capitolo di Boy in Cashmere, l'aspettativa sarà di 15 episodi quindi restate connessi!
Al prossimo weekend!

Boy in Cashmere Where stories live. Discover now