3C - Stupido Jet lag

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Papà lavora fino alle cinque oggi, non essendosi potuto liberare, ciò significa che ho il tempo di sistemarmi tranquillamente e ambientarmi.

Si è trasferito a Brisbane tre anni fa e, lo ammetto, gli avrò fatto visita forse una o due volte per una durata di due giorni. In poche parole, un tipico tocca e fuggi. Non è una giustificazione, certo, ma lui viaggia spesso e la maggior parte delle volte i nostri impegni non coincidono. Ad esempio, lui ha una partita, io sono libera. Lui è libero, io sono a un evento. Perlopiù ci vediamo durante le vacanze, quando torna a Chicago. Suo fratello vive lì insieme alla moglie e anche i suoi genitori. Adoro i miei nonni e saranno loro le due persone che più mi mancheranno. Nonostante ciò, sono felicissima di rivedere papà, soffro tanto la sua assenza e vorrei vederlo più spesso, ma comprendo pure la sua posizione e sono felice che ami il suo lavoro. Io amo il mio e rinunciarvi sarebbe un colpo al cuore, perciò non gliene faccio una colpa se trascorre più tempo all'interno di uno stadio o in trasferta anziché a casa.

Papà è il capo allenatore dei Brisbane Broncos, la squadra di rugby a tredici australiana. Sono dei campioni e amo che sia mio padre a gestirli. Alla veneranda età di cinquantasei anni, mio padre è un duro dal cuore tenero che lotta per la vittoria. Da giovane ha giocato anche lui per diverse squadre ma poi gli è stato proposto di allenare e così ha fatto. Tre anni fa gli hanno suggerito di Broncos e, dopo averne parlato con me, ha accettato. Era tentennante all'idea di lasciarmi sola e trasferirsi oltreoceano, però sono riuscita a convincerlo ad accogliere l'opportunità. Se lo merita. E poi, ci sono mesi in cui non faccio altro che bazzicare di hotel in hotel a causa dei diversi eventi, non avrei comunque il tempo di stargli sempre dietro.

Ringrazio Alan e lo saluto, augurandogli una buona giornata, poi recupero la chiave dal portiere dopo avergli detto chi sono. Papà ha lasciato istruzioni a tutti a quanto pare.

L'appartamento di David Spencer è delizioso, l'ho sempre pensato, non guasta nemmeno che sia uno di quei rari uomini ordinati. Quando entro, è tutto in perfetto ordine, ben illuminato e un leggero aroma di vaniglia aleggia nell'aria. L'alloggio è provvisto di due camere da letto, una cucina moderna, un soggiorno, tre bagni, una lavanderia e uno sgabuzzino. Fin troppo grande per lui ma gli sono sempre piaciuti gli spazi ampi quindi non mi sorprende la sua scelta.

Chiudo la porta alle mie spalle e mollo tutto sul pavimento, mi tuffo sul divano e sospiro di piacere. Oh, dolce, caro, meraviglioso divano, quanto ti amo.

Il cellulare prende a squillare proprio quando sbadiglio per l'ennesima volta perciò mi affretto a recuperarlo. Lo porto svogliatamente all'orecchio. «Pronto?»

«Sei a casa?»

«Buongiorno anche a te, papo. Grazie, il volo è andato benissimo e sono fresca come una rosa.»

«Stronzate, probabilmente sei uno zombie sarcastico in procinto di staccare la testa a morsi a chiunque e il volo deve essere stato tremendo, ma va bene così, ti amo lo stesso.» Sbuffa una risata.

Non posso far a meno di sorridere anch'io. Mi conosce così bene. «Tutto vero. Comunque sì, sono arrivata proprio adesso e sto morendo di fame e sonno. Adesso mi faccio una doccia, mangio e poi chiamo Nat.»

«Va bene, salutamela. Stasera ordiniamo la pizza? Ti mette sempre ko.»

Sospiro sognante all'idea di rimpinzarmi di gustosa pizza e poi filare dritta a nanna. «Ah, ti voglio proprio tanto bene, papo.»

«Anch'io. A più tardi, tesoro.»

«Ciao, pa'.» Attacco e mollo il cellulare da qualche parte sul divano, poi emetto un gemito frustrato e mi alzo. Se resto distesa un minuto di più finisco con l'addormentarmi. E devo resistere se voglio abituarmi. Cosa sarà mai un'altra nottata sveglia. O mattinata, visto che ormai sono a Brisbane.

Vabbè. Fa lo stesso.

Raggiungo la cucina e mi guardo intorno, poi apro il frigo, trovandolo ben rifornito, e tiro fuori degli avanzi di quello che sembra pollo arrosto. Benissimo, niente di meglio. Trasferisco due coscette di pollo e delle patate su una teglia e metto tutto in forno, poi passo ai bagagli.

La mia camera è fantastica, non c'è che dire. Un letto queen size si trova al centro della stanza, attaccato alla parete celeste pastello. Di fronte a esso un mobiletto con su il televisore a schermo piatto e alla sua destra un'ampia libreria ad angolo che si ferma poco prima della finestra. Ci troviamo all'ottavo piano, ciò vuol dire che la vista è splendida. Alle pareti vi sono appese diverse foto di famiglia e alcune mensole su cui si trovano altri libri e oggettini vari. Sulla sinistra, invece, vi è posizionato un armadio bianco che si abbina al resto della mobilia. Ho optato per qualcosa di semplice e classico, la parete è stata una sorpresa di papà. Io gli ho solo dato indicazioni su come posizionare le cose, fine. La prima volta che l'ho vista ho piagnucolato, lo ammetto, ma è sempre stata la mia camera dei sogni. Durante l'infanzia non ho mai avuto modo di scegliere, poi, man mano che crescevo, tra la scuola e il college, non ho avuto modo di focalizzarmi tanto sul tutto. Tuttavia, quando papà mi ha detto che potevo arredare la camera, ho strillato di gioia. Avevo compiuto da poco ventitré anni e stavo per allestire la mia camera perfetta, fatemi causa.

Non ho portato molta roba perché ho ricordato di avere già qualcosa qui e, mal che vada, farò shopping. Fremo già all'idea. Eccome.

È più probabile che chieda a Natalie di spedirmi la mia roba che esca volontariamente a fare giri per negozi. Non è che disprezzi fare shopping, ci mancherebbe, è solo che mi annoia da morire. Provare vestiti, trovare le giuste taglie... un incubo.

Forse è per questo che posseggo lo stesso paio di jeans da quattro anni. Mmh.

Sistemo le mie cose il più in fretta possibile e lascio fuori un pigiama e l'intimo, poi raggiungo il bagno annesso alla camera. È piccolino, ma a me basta e avanza. Munito di doccia, lavabo e water è tutto ciò che mi serve per sopravvivere. Rabbrividisco quanto incontro il mio riflesso allo specchio e mi appunto mentalmente di fare almeno due maschere viso questa settimana.

Sento il timer suonare così mi avvio in cucina. Lego i capelli in uno chignon e mi lavo le mani prima di tirare fuori il pranzo dal forno. L'odorino delizioso che mi inebria le narici mi fa quasi sbavare. Sul serio, sembro una tossica in astinenza, ma muoio di fame.

«Benvenuta a Brisbane, Cali. Spera di non essere morsa da animali radioattivi e goditi la permanenza» bofonchio prima di addentare una patata. Gemo e chiudo gli occhi. Riuscire a restare sveglia sarà un'impresa titanica, ne sono certa.

Stupido jet lag.

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Where stories live. Discover now