Essere genitori

330 16 5
                                    

Aveva litigato con Octavia, di nuovo, contastò, in quella che era la quinta discussione in quella settimana.

Annaffiò controvoglia una delle sue piante, borbottando sotto voce quando con un movimento involontario del corpo, il peso del grande annaffiatoio traballò schizzandolo di acqua piovana; perfetto, sua figlia non gli parlava da ore e come punizione per il suo- a detta della ragazza- modo di fare egoista aveva anche i vestiti bagnati.

Un verso lamentoso uscì dal suo becco, insieme ad un certo stizzo, com'era possibile che qualunque cosa facesse non andasse mai bene? Per cosa avevano litigato poi? Per una dimenticanza!

Lui che aveva i pensieri pieni delle faccende che un ruolo come il suo comprendeva, lui che leggeva scartoffie e firmava fogli per ore chiuso nel suo studio, lui che si sorbiva la collera di quell'arpia della sua ex moglie tutti i giorni h24, punito e sgridato per aver dimenticato che fosse il giorno padre/figlia!

Come se non lo fosse ogni giorno!

Alzò gli occhi verso le mure alte del palazzo, dove la finestra di Octavia sporgeva bellamente, dalla quale fuoriusciva musica di dubbio gusto ad un volume esagerato per infastidirlo, lui detestava i rumori eccessivi e il cattivo senso del gusto.

«Abbassa il volume, altrimenti faccio esplodere quell'affare!» gracchiò con una vena gonfia e gli occhi rossi iniettati di sangue, sua figlia, ovviamente, alzò ancora di più quel suono, rischiando seriamente di fargli venire una crisi nervosa; lanciò via l'annaffiatoio dopo averlo sciolto con i poteri- in una speranza vana che sfogandosi su quello lui si sarebbe calmato- e si diresse a grandi falcate verso la sua stanza, deciso a ibernarsi lì dentro fino al prossimo solstizio.

Lui adorava sua figlia, l'amava con tutto il cuore e quando quel cowboy del cazzo lo aveva rapito, aveva minacciato di distruggerlo se solo l'avesse sfiorata, ma a volte quella ragazzina impertinente e irrispettosa, per quanto simile a lui nel modo di pensare, non poteva che aver preso anche i tratti irascibili e dispotici della madre.

Non che ci fosse molto altro da ereditare.

Chiuse la porta alle sue spalle con uno schiocco di dita, sedendosi alla scrivania della sua camera tempestata di libri e pozioni, chiedendosi se forse l'universo stesse cercando di fargli capire che magari fosse lui il problema di tutti e tutto.

«Al diavolo...» sbottò da solo passandosi una mano sul viso per coprirsi gli occhi e sperare che l'inizio di quel mal di testa fosse solo momentaneo. Quando udì il rumore di un portale aprirsi, quasi sperò in un assalto nemico- così si sarebbe distratto facendo esplodere qualche stronzo- ma risultò deluso alla vista di un paio di corna e di una faccia seccata davanti a lui: «Ah, sei tu.»

Blitzø parve offeso: «Sono venuto a riportarti il tuo grimorio, ma la prossima volta te lo lancio dalla finestra se questo è il ringraziamento.» le gambe corte ma agili camminarono verso la scrivania, poggiando il libro sopra e con un salto sedendocisi anche lui: «Che è successo? Problemi da ricchi?»

Stolas lo ignorò e fece comparire una sigaretta tra le dita, accendendosela con una fiammella magica in un movimento fluido, gli occhi dell'altro si spalancarono sorpresi e una risata divertita e derisoria uscì dalle sue labbra: «Da quando sua altezza osa sporcare i suoi polmoni con del fumo?» il pennuto per farlo tacere gli fece comparire una medesima in bocca, accendendola con lo stesso metodo precedente.

«Risparmiami Blitzø, è già una giornata di merda» si alzò inspirando pesantemente, sporgendosi sul balcone che dava sul giardino curato da lui stesso con amore e pazienza, pazienza che in quel momento mancava, anzi, pazienza che da quando era nata sua figlia mancava.

«Cavoli, niente soprannomi da checche oggi? Sembra una faccenda grave, a chi devo far esplodere le budella?» disse scrocchiandosi le dita, malgrado tutto quel commento fece sorridere appena il più alto.

Raccolta di One Shot, anche su richiesta! (Helluva Boss)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora