Capitolo 12

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Il fragore della cascata mi risvegliò dal buio angolo della mia anima in cui mi ero rifugiato. L'avevo già sentita questa cascata e ora mi sembrava il posto migliore dove piangere in solitaria sperando di riuscire a capire cosa farne realmente della mia vita. Inoltre i tagli che mi ero procurato durante la notte iniziavano a tendermi la pelle in modo doloroso. Ero stanco fisicamente e distrutto mentalmente e nell'anima, avevo decisamente bisogno di una pausa. Per arrivare alla cascata dovevo attraversare un fiume che si estendeva fino all'orizzonte; sarebbe stato il modo perfetto per seminarli nel caso in cui mi fossero venuti a cercare. 

Dopo averlo attraversato con non poche difficoltà, quando arrivai all'altra sponda mutai in modo tale da poter nascondere più facilmente le mie tracce. Mi lasciai guidare dai suoni della natura per raggiungere la cascata e quando mi ci ritrovai davanti, provai sentimenti di accoglienza senza che ce ne fosse alcun motivo apparente. Già privo dei miei vestiti mi tuffai immediatamente in quell'acqua che all'apparenza sembrava incredibilmente fredda ma che mi riscaldò immediatamente e non solo nel corpo. Riemersi lentamente, prendendomi tutto il tempo del mondo per lasciarmi cullare dal costante e fragoroso suono che la cascata produceva di fronte a me. Non era immensa ma proprio per questo mi sentivo al sicuro. 

Nuotai pigramente fino ad arrivare sotto alla cascata, mi immersi e ci passai sotto, una volta sorpassata mi allontanai quanto bastava per permettere all'acqua di bagnarmi completamente ma non furiosamente e sempre ad occhi chiusi, urlai. Urlai rilasciando tutta la mia frustrazione per la piega confusa che la mia vita aveva preso. Urlai per il dolore che il passato mi aveva inferto e che non riuscivo a dimenticare. Quando non ebbi più motivi per urlare, lo feci e basta. 

Solo quando diedi le spalle alla cascata, finalmente più libero aprii gli occhi e mi resi conto di non essere mai stato solo. Ma ciò che mi sconvolse l'anima ancor più di tutto ciò che era successo fino a quel momento, fu chi avevo davanti.

Me stesso.

Un uomo che sembrava il mio riflesso allo specchio. Pensai di star avendo delle strane allucinazioni e per questo mi sfregai forte gli occhi ma una volta riaperti, lui era ancora lì, scioccato tanto quanto me. 

"Ma.. cosa?" lasciai cadere la domanda che silenziosa si disperse sotto il fragoroso rumore della cascata. 

Nuotai come in trance fino a raggiungere il bordo della roccia, mi issai su sempre continuando a guardare l'uomo difronte a me. Se non si fosse mosso nella mia direzione, avrei continuato a pensare che si trattasse di un'allucinazione o di uno strano sogno. 

Ci ritrovammo faccia a faccia e nel modo più assurdo iniziammo a studiarci. Alzò tramante una mano verso di me, allungandola fino a raggiungere il mio volto. Non sapevo assolutamente cosa pensare, quella situazione era completamente fuori il mio controllo e assurdamente mi sentivo così in pace. 

Poggiai il volto sulla sua mano e socchiudendo gli occhi lasciai che la sua mano disegnasse piccoli cerchi sulla mia pelle. Per quanto mille domande mi trotterellavano impazzite nella mente, non sentii il bisogno di rompere quel silenzio per porle ma volli esplorarlo anche io. Immersi la mia mano tra i suoi capelli platino, esattamente come i miei, doveva essere fuori dall'acqua da un pò perchè gli ricadevano sparsi sulla nuca. Passai alle spalle e un brivido, forse di freddo pensai, lo scosse. La sua mano si spostò sul mio petto, la dove il cuore batteva impazzito. Poche decine di centimetri ci separavano e io avevo un disperato bisogno di sentire il suo di odore, che l'acqua aveva lavato via, seppur tempo prima. 

Un piccolo scatto e mi ritrovai ad annusargli l'incavo del collo, come un lupo che è stato in astinenza per anni. Lo sentii sussultare, probabilmente per la sorpresa di questo mio gesto improvviso ma subito dopo le sue braccia si strinsero intorno a me e anche lui posò il capo nell'incavo del mio collo. Casa. Sapeva di casa il suo odore. Eppure io una casa l'avevo avuta, in un passato che tutt'oggi mi tormentava con i suoi dolci e dolorosi ricordi e lui non era tra questi. 

Com'era possibile che la mia perfetta copia fosse di fronte a me, sapesse della cosa che più mi ricorda mia madre, cannella, ma che non sia mai stato casa? Chi era davvero? Chi eravamo davvero l'uno per l'altro? 

Mi scostò delicatamente da lui e finalmente mi parlò.

"Io non capisco... ma sono qui. Sono qui" e come se mi avesse letto dentro, come se avesse capito ciò di cui avevo bisogno in quel momento e improvvisamente non ce la feci più, lacrime di sconforto, confusione, dolore e amore, uscirono copiose scuotendomi corpo e anima e lui era lì; le sue braccia strette intorno al mio corpo, una mano a lasciarmi calde carezze sulla schiena e una tra i miei capelli. 

Solo quando mi sentii veramente tranquillo, lo guardai negli occhi, specchi dei miei; un celeste così chiaro da sembrare le nuvole che coprono il sole nel cielo e iniziai a parlare senza un filo logico ma iniziai a dirgli tutto ciò che scuoteva la mia anima. Non gli parlai della mia infanzia, decisi che non fosse il tempo per quello ma lui mi ascoltò per tutto il tempo. 

Parlai per tantissimo tempo e quando finii lui era ancora lì a tenermi su e per tutta la serata si prese cura di me.

"Quando vengo qui è perchè voglio stare solo e porto con me sempre dei rifornimenti nel caso mi addormentassi e pigramente non mi andasse di cacciare" mi spiegò ridacchiando quando lo vidi tirare fuori del cibo da una sacca che aveva nascosto dietro una roccia che si trovava nella caverna che circondava la cascata. 

Mangiammo tranquilli mentre continuavamo a studiarci silenziosamente. Dopo la nostra cena di fortuna lo guardai come in attesa e con la speranza che non mi consigliasse di tornare a casa perchè proprio non me la sentivo di affrontarli e sentirmi dire che non ero mai stato realmente parte di quell'unione. Non avrei retto un altro dolore così forte. 

Dandomi le spalle andò a sistemare una coperta in un angolo riparato della grotta e stesosi mi guardò.

"Vieni o ti devo invitare?" il suo sorrisetto impertinente mi coinvolse e lo raggiunsi sulla coperta sdraiandomi supino, i tagli erano quasi del tutto guariti, avevo avuto modo di controllarli prima sciogliendo le bende ma era comunque meglio non forzare la guarigione, così avrei dovuto rinunciare al calore della mia pelliccia almeno per quella notte. 

Lui era girato verso di me e teneramente stava disegnando forme immaginarie sul mio petto, ero molto rilassato e sentivo che quella notte sarei riuscito a dormire. 

"Forse è meglio se muto, così potrai stare al caldo" lo guardai sorpreso, erano forse anni che qualcuno non era così premuroso nei miei confronti; quando giri sempre tra una locanda e una foresta desolata non hai qualcuno su cui puoi contare. Acconsentii felice e in pochi secondi un lupo dal pelo bianco mi si palesò davanti. 

"Wow, sei identico a me... Bellissimo" mi leccò la faccia e felicemente scodinzolò, io risi a questa sua reazione bambinesca e mi accovacciai vicino a lui accarezzando il suo pelo sull'addome e tra un respiro e uno sbuffo mi addormentai.


Nota dell'autrice:

Heylaaa, eccovi un super capitolone! Avrei potuto dividerlo in due per lasciarvi più suspance ma non volevo essere così cattiva e quindi eccovi qui un mega capitolo che sono sicura vi lascerà molto confusi! Alloraaa, chi sarà secondo voi quest'uomo misterioso identico ad Axe? Dov'è stato fino ad ora? Cosa farà Axe con Nigan e Leon dopo aver scoperto il "tradimento" dei suoi compagni? Vi aspetto belli carichi nei commenti! 

Baci e alla prossima :*

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⏰ Last updated: Feb 05 ⏰

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Lavanda e VanigliaWhere stories live. Discover now