◇ 𝕮𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔 4 ◇

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Delle voci di sottofondo si fecero sempre più vicine ed acute.

« Si e poi mangeremo un pò di Stroganoff, hahahahha » disse Anton a Gavril, appena oltrepassato l'entrata di casa.

Beh ormai si era fatto buio, grazie alle giornate corte dell'inverno, ed i lavori del campo terminarono.

Vidi entrare i miei fratelli da una visuale bassa, siccome ero accovacciato a terra per strofinare le lastre di legno, diversa ma più completa di come è di solito. Riuscii a percepire infatti le loro emozioni, stanchi ma contenti per il viaggio che cambierà presto le nostre vite.

Gavril, calò lo sguardo e quella espressione tanto spensierata si tramutò in inquietezza, nonappena notò il mio cambiamento.

«Nikolai? Che caspita t'è capitato??»

Entrò anche il resto della famiglia, compreso mio padre, che mi guardò allo stesso modo di Gavril.

La porta d'ingresso si affacciava direttamente nel salotto, pur non essendo grande era vivibile con all'incirca 5 persone al suo interno. Nonostante la modesta ampiezza, mi trovavo lì tra il salotto e l'entrata, tutti loro si appostarono casualmente come per formare un cerchio intorno a me, con mille sguardi e pensieri che incombevano sulla mia testa.

Anche mia madre, prese in braccio Mikhail e si unì a quello scenario che potevo classificare ben più che una semplice sottomissione.
E per di più stavano poggiando le scarpe sporche di terra e fango sul pavimento ancora bagnato che stavo pulendo, ma questo non è un problema.

Mi urtò fortemente quell'occhiata di sfida che mi stava gettando l'artefice di quella situazione. Mi guardava con occhi azzurri e aquilini fissandomi intensamente, emanando un'aura di determinazione e sfida. Le pupille, nitide come artigli, rifletterono una luce penetrante.

« Ahhh che doloree, non sò neanche se riuscirò più a rivedere le vostre facce piene di disprezzo... mi mancheranno, che malinconia!! ahh.. comunque, quel falcetto ha colpito profondamente!! » manifestai con una eccessiva teatralità che mi caratterizzava ogni volta che dovevo affrontare qualche discussione o argomentazione.

« Suvvia! Che drammatica esagerazione!! Non sai inventarti di meglio? »

« Sei proprio tu a parlare eh, Anatoli? » Ridendo fragorosamente ed espandendo il mio caratteristico sorriso a tartaruga fino a poco sotto i miei occhi, il mio sguardo, che un tempo era fin troppo pacifico, si trasformò in un vero e proprio palco in cui le mie focose emozioni potevano esibirsi liberamente

« Basta! Ora basta! Non abbiamo tempo da sprecare in sciocchezze di chi è stato e chi non è stato!! Correte a prepararvi per la messa di sta sera!! subito! » ordinò mio padre, con voce schietta e tonante.

Dopo aver mangiato un pezzo di pane, ci avvicinavamo alla chiesa ortodossa del nostro villaggio; i nostri passi, accompagnati dal crepitare della neve sotto i piedi, risuonavano nell'aria gelida della sera.

Qui, quando la stagione più fredda è nel pieno della sua feroce presa, la luce, come le abitudini quotidiane cambiano: il tramonto è lo stop che ordina ai lavoratori di rincasare, oltre quell'orario il gelo lo trasforma in una missione impossibile da compiere. Inutile dire che l'ora di cui sto parlando è alle 4 di pomeriggio, pertanto la cena arriva dopo poco tempo. Tutto slitta di qualche ora in avanti così da sfruttare a pieno la chiara mattina che arriva all'istante.

Entravamo arrivati nella chiesa illuminata dalle candele e dall'iconostasi dorata, dove l'odore di incenso si mescolava con il calore dei corpi umani. Ci inginocchiavamo davanti alle icone, mio padre incrociò le mani sul petto e iniziò a pregare con voce profonda, chiedendo la protezione divina per il nostro imminente viaggio in treno. Mia madre, con gli occhi chiusi, teneva stretto il crocifisso tra le mani e pregava per la sicurezza della nostra famiglia.

Ci appostammo in una delle poche panche che, la piccola chiesa, riusciva a contenere. Lì, pochi minuti dopo, si unirono con noi la famiglia di mia madre per pregare e salutarci prima dello spostamento semi-definitivo. C'era anche un'altra occasione che ci faceva incontrare proprio in quel momento: da lì in avanti avrebbero dovuto badare loro a Mikhail.

Quella chiesa era la nostra battesimale. Conoscevo di vista tutti quanti lì dentro... no, non è un bene. Ogni volta che metto piede in quella comunità, percepisco il flagello dei giudizi e delle ombre persistenti della gente che ne fa parte.

Il suono lento delle campane risuonava nell'aria mentre il Patriarca iniziava a recitare le preghiere.

Mentre noi, la famiglia Gogol, pregavamo con devozione, il Sacerdote, sentiva la necessità di affrontare la questione che si trovava davanti agli occhi. Con voce solenne, si rivolgeva alla congregazione, sottolineando l'importanza di guardare oltre le apparenze e abbracciare la diversità come parte del piano divino.

Tuttavia, a sorpresa nostra, il Patriarca introdusse inaspettatamente un discorso che, invece di promuovere l'accettazione, sembrava alimentare il disprezzo. Egli, in parte condizionato dalle rigide tradizioni della comunità, esprimeva certezze arroganti sulla mia presunta maledizione. Le sue parole, cariche di pregiudizi, risuonavano nella chiesa come un'eco di disapprovazione.

Questo improvviso discorso ha generato uno sconcertante silenzio all'interno della chiesa, interrotto solo dal pianto soffocato di uno dei neonati presenti. Il Sacerdote, pur con l'intenzione di essere guida spirituale, aveva gettato ombre sulla mia diversità.

La chiesa, un luogo che avrebbe dovuto essere rifugio e conforto, si trasformava in una prova amara della durezza delle mentalità radicate.

Dopo la messa, con il cuore colmo di speranza e fede la mia famiglia si fermò a parlare con lo spirito guida di quella chiesetta.

« Complimenti, è stato davvero profondo il discorso che avete fatto! Vorrei esprimere la mia più sincera gratitudine nei vostri confronti, Padre. » esclamò mia madre.

« Vi ringrazio. Siete una famiglia mirabile e vi auguro che la profonda fede che portiate in voi, vi possa aiutare in questo tanto atteso viaggio. Pace e bene! »

La mia famiglia è molto credente quindi una frase del genere, come si possa immaginare, diede una carica nell'animo dei miei fratelli e genitori.

La serata continuò normalmente, ma una cosa la distingueva da tutte le altre ... quella fu l'ultima notte a Kharkiv.

Прекрасный ~ 𝙛𝙮𝙤𝙡𝙖𝙞 𝙗𝙖𝙘𝙠𝙨𝙩𝙤𝙧𝙮Where stories live. Discover now