4 • Ti Do Un Passaggio

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Oggi devo fare il babysitter

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Oggi devo fare il babysitter. Tobias e Atlas devono dare una lezione a due uomini che hanno messo i bastoni tra le ruote a un avvocato che ci ha ingaggiati, e mi hanno chiesto di restare nei paraggi, per precauzione, nel caso in cui insorgano dei problemi e debba intervenire.

Mi sta bene che oggi tocchi a loro sporcarsi le mani, che la mia faccia possa finalmente guarire in santa pace e che io possa godermi un giro in moto intanto che perlustro la zona dove quei due si stanno occupando del problema da risolvere, per accertarmi che nessuna pattuglia della polizia abbia deciso di passare proprio da queste parti.

Mentre mi fermo ad un semaforo rosso, pensando di approfittare del tempo libero per fare scorta di sigarette, una figura che ha qualcosa di familiare attraversa sulle strisce, diretta verso il luogo del delitto.

Tuta informe grigia. Zaino in spalla. Capelli castani che sfumano in alcune ciocche azzurre.

Ci impiego meno di due secondi a riconoscerla, nonostante siano passate un paio di settimane dall'ultima -e unica- volta che l'ho vista.

«Ma porca puttana» impreco, immaginandola imbattersi di nuovo in un'altra aggressione.

Dubito che Atlas e Tobias sarebbero cordiali come me.

Non appena il semaforo diventa verde riprendo a guidare, la supero e infine mi accosto al marciapiede, poco più avanti di lei. Tolgo il casco e mi volto.

Ci dividono un paio di metri quando posa gli occhi su di me, mi riconosce e spalanca le palpebre.

Si blocca sul posto, indecisa sul da farsi.

«Ciao».

«Tu».

Mmh, suona tanto come un'accusa la sua. Anche se non capisco di cosa mai potrebbe accusarmi.

«Sbaglio o ti avevo sconsigliato di camminare da sola per strada a quest'ora? Vedo che non hai ancora perso questa cattiva abitudine».

Incrocia le braccia al petto e mi fissa, nervosa. Di sicuro si sta domandando cosa diavolo io voglia da lei. E altrettanto sicuramente non ha ancora stabilito se sono un tipo davvero pericoloso da cui stare alla larga, o soltanto un ragazzo che ogni tanto si mette nei guai.

«Mai sentito parlare degli autobus? Sai, quei mezzi gialli che di solito prende la gente se non ha un'auto per tornare a casa?» incalzo, cercando un modo per tenerla lontana da Atlas e Tobias.

Solo che non posso tenerla qui per qualcosa come un quarto d'ora, almeno.

«Vuoi dire quelli dove la gente ti si schiaccia addosso, allunga le mani, ti tossisce in faccia, e se è un giorno particolarmente movimentato potresti anche ritrovarti una pistola puntata al fianco da un qualche adolescente salito apposta per estorcerti dei soldi?» replica prontamente.

Beh, non posso darle torto.

«Già. Nulla da ribattere» borbotto, pensando a una scusa per intrattenerla.

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