Prologo

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PrologoIl risveglio

IO

Tagliavo la notte tedesca con l'auto sportiva, da solo, e sentivo il motore ruggire. I dati erano buoni. Marce: quarta, quinta, sesta. Detto fatto.

Sbandai, o forse no, non avrei saputo dirlo. Le droghe avevano afferrato l'ultimo barlume di ragione rimastomi in corpo, distruggendolo. Avevo perso il controllo.

Urtai violentemente il muro della curva in salita e scese su di me il buio dell'oblio.

CAIRONA

Il mal di testa l'affliggeva da quando ne aveva memoria. Sperava vivamente che il farmaco del dottor Norm facesse effetto.

Così rifletteva Cairona mentre veniva trasportata in sedia a rotelle da un'infermiera verso la camera dell'ospedale. L'odore di disinfettante era ovunque, e il bianco delle pareti chiuse tutte intorno a lei risultava opprimente e asettico. Il corridoio era chiaro e non c'erano quadri ad abbellirne le pareti. Una tenue luce entrava dalle ampie finestre, filtrando attraverso fronde di alberi e portici grigi. Città e spazioporti non erano visibili dalle vetrate della clinica, e Cairona non riusciva a ricordare in che nazione si trovasse, perché fosse lì, e chi ce l'avesse portata.

Anche la data odierna era incerta.

Germania, Svittalia o Britannia? No, non Germania, l'accento di queste parti è della Svittalia del Nord. Esiste una sola lingua chiamata Standard, ma l'accento varia da nazione a nazione. Questo ancora lo ricordo...

Ogni persona che le stava accanto pareva uscita da uno spot televisivo, dalle stesse trasmissioni senza senso che fissava giorno dopo giorno distesa sul letto fin troppo familiare. Non aveva altro da fare. Una leggera musica swing riempiva gli ambienti comuni dell'ospedale cercando di rallegrarne l'atmosfera.

«Non si preoccupi. signorina Cairona. Presto il mal di testa passerà e lei starà meglio» ripeté ancora il dottor Norm, il primario dai capelli impomatati, dai baffi curati e dalle basette perfette. Camminava al fianco dell'infermiera con la sua solita espressione seria.

Irene, invece, aveva uno sguardo da bambola.

«Il suo benefattore anonimo non sta badando a spese per lei, dovrebbe esserne felice.» Tutti e due gli accompagnatori erano così positivi e ottimisti!

Io invece sto qui, piegata in due su una sedia a rotelle con questa gigantesca emicrania. Anche il mio stesso nome mi suona estraneo.

«Lui dov'è?» domandò Cairona con una voce appena percettibile, tenendosi i capelli ricci tra le mani. Voltandosi a destra incontrò il proprio riflesso nella vetrata, un'ombra di quello che una volta doveva essere stata.

«Lui chi, signorina?» domandò il medico, palesemente distratto.

Irene accorse in aiuto. «Intende il suo benefattore anonimo? Non saprei dirle, mi dispiace.»

«Eccoci qui.» Dal tono di voce il dottor Norm pareva avere fretta. «Forza, siamo arrivati.»

Cairona entrò nella camera personale di degenza e la musica swing finalmente si allontanò. Una coppia di inservienti, rimasti in attesa del suo arrivo, la aiutarono a sollevarsi dalla sedia a rotelle per distendersi sul letto. Avvertiva dolori e fitte lancinanti in ogni fibra muscolare. Chiuse gli occhi.

Si distese sul morbido materasso con un sospiro di sollievo, e avvertì il cigolio della sedia che veniva riposta all'angolo della stanza. Udì qualcuno bisbigliare, ma non avrebbe saputo dire chi dei presenti fosse. Riaprì gli occhi.

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