70 Incassare, elaborare, espellere (parte 1)

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Matteo Gessi, invece, aveva chiamato i suoi abusi in un sacco di modi che avevano a che fare con l'educazione e a quelle bugie, la mia bambina, aveva in un qualche modo creduto. Aveva sicuramente dubitato, ma il danno era fatto.

E il danno lo avevo visto, sentito, lo avevo indossato insieme a lei, che mai avrebbe voluto condividere quelle sensazioni, quei frammenti di immeritate umiliazioni.

Dovevo solo fare come Lea aveva fatto con Viktor: incassare, elaborare, espellere.

Se ce l'avessi fatta in poco tempo, Lea non avrebbe cercato risposte. Avremmo avuto di nuovo il nostro sesso audace e tenero, brutale e profondo.

E sarebbe andato tutto bene senza affrontare altri cazzo di traumi.

Lea mi concedette quella possibilità, in effetti. Non ebbe bisogno dello Xanax nemmeno dopo lo scalo. Nell'ora e mezza che trascorremmo a Dubai aggiornò di nuovo il profilo Instagram. In poche ore, avevamo racimolato quasi diecimila follower. Lei ne fu soddisfatta, ma io sapevo che non erano abbastanza.

La lasciai pasticciare con le foto e le stories e altre puttanate mentre io boicottavo i contenuti social di mezzo mondo per dare risalto ai nostri. Sì, stavo barando hackerando i social.

Dopo un paio di selfie e un video nel quale cercò di farmi ridere facendo le smorfie più stupide e adorabili mai nate su un volto umano, mi chiese se fosse normale che i nostri bagagli non facessero lo scalo insieme a noi.

«In realtà saliremo sullo stesso aereo di prima, quindi i bagagli restano a bordo. Tutti tranne i nostri.»

«Perché?»

«Perché i nostri non sono a bordo.»

«E dove sono?»

«Su un altro aereo, diretto in Italia. In Australia è quasi estate, quindi quasi niente di quello che avevi in valigia era adatto. Nella mia ho messo roba adatta alla stagione che troveremo in Italia e non avevo voglia di farne un'altra.»

Mi guardò tutta concentrata. «Andiamo in Australia senza nemmeno un paio di mutande di riserva?»

Era seduta accanto a me, e trovai insopportabile che non fosse seduta sopra di me. Quindi pretesi di averla addosso prima di dare spiegazioni. Mi soddisfò con piacere.

«Andiamo in Australia con la mia carta di credito e le mie app di pagamento virtuale.»

«Che è un modo per dire che dovremo comprare tutto.»

«Non fingere che ti dispiaccia, miss.»

Smise di fingere e mi sorrise prima di abbracciarmi in quel modo carico di cose belle che avrebbe fatto invidia anche al sacco magico di Babbo Natale.

In aereo si nutrì in modo decente, ordinando un' omelette. Quando arrivò, però, notai che c'era qualcosa che non la convinceva.

«Sputa il rospo, miss.»

Sembrò indecisa, ma alla fine cedette ai suoi vizi. «Mi piace con tanto formaggio, tanto da vederlo colare fuori e gocciolare nel piatto.»

Figuriamoci se non ero più che disposto ad accrescere i suoi bellissimi vizi fino a farli esplodere. Ordinai un' omelette con doppio formaggio e io mangiai la sua. Ricordo benissimo il sorrisone grande che fece nel vedere il formaggio colare da tutte le parti e la frase con cui commentò quel pasto semplice. «Sto mangiando un piatto francese su un aereo arabo partito dal Regno Unito diretto in Australia. Mi fai girare il mondo in tutti i modi.»

«E tu mi fai girare la testa in tutti i modi. Potrei portarti dal Polo nord al Polo sud scavando un tunnel lungo l'asse terrestre con le mani solo per vederti sorridere ancora così.»

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