Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 5

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«Sì, la penso anche io come te.», Tyson lo riportò alla realtà, allungando un volantino a una ragazza che gli rispose con grande sgarbo. Hunter trattenne il respiro, pronto a sentire il ragazzo rispondere, poi si accorse che il sorriso di Tyson era rimasto immobile e si rese conto di non avere più Noel davanti a sé, si rese conto di quelle cattiverie che aveva lasciato fuggire dalle sue labbra quasi fosse un atteggiamento normale e si rese conto di quanto Tyson fosse diverso da lui.

«Forse...Forse vorresti fare una pausa? Non so, prendere un caffè?», gli chiese vedendolo sospirare.

«Mi stai chiedendo un appuntamento?», Tyson gli sorrise furbo e Hunter arrossì.

«No, io...Insomma, ho pensato che...», provò a rispondere, ma il ragazzo rise appena.

«Tranquillo, stavo scherzando. - lo rassicurò, poi l'angolo delle sue labbra si curvò ancora di più - Anche se non mi dispiacerebbe nemmeno l'appuntamento.», aggiunse sollevando le sopracciglia.

«Insomma, ti va una pausa sì o no?», sospirò l'altro che di forti emozioni ne aveva già abbastanza.

«Sì, mi va una pausa.», gli rispose Tyson ridacchiando e facendogli segno di precederlo.

«Ci...Ci sarai questa sera?», domandò Hunter dopo qualche istante di silenzio. Cookie e Mitch avevano voluto organizzare una piccola festicciola per il suo compleanno e avevano invitato, sotto sua stretta sorveglianza, soltanto i suoi amici.

«Vuoi che io ci sia?», Tyson rigirò la domanda a suo favore, sentendo il sorriso formarsi ogni volta che un altro po' di rosso si aggiungeva al colorito già scarlatto delle sue guance.

Non si conoscevano da molto tempo, doveva essere ormai passato quasi un mese, e di Hunter non sapeva proprio nulla se non il suo indirizzo di studi, la sua flebile voce e il suo dolce sorriso. Gli era venuta voglia di conoscerlo la prima volta che cercò di evitarlo, si era sentito attratto da lui come un'ape da un bel fiore bianco e di certo nei giorni successivi non tentò di nasconderlo.

E Hunter, che nella sua vita non riuscì mai a condurre una sana relazione, non riusciva a capire se quello che il ragazzo stesse facendo fosse soltanto un suo gioco. Nessuno si era mai interessato a lui con tanta intensità, con tanta volontà da non mollare mai la presa, nessuno gli aveva rivolto quelle piccole attenzioni che Tyson orientava verso di lui di tanto in tanto.

Hunter fu sempre l'amante, la relazione nascosta e una notte che ne durò molte altre, ma che fu destinata comunque a finire. Hunter si fece urlare addosso, litigò e lasciò che lo comandassero come se fosse un pupazzo pronto per i loro giochi e mai, mai capì che l'amore malato che lui provò per loro, non era ciò che l'avrebbe reso felice, che gli avrebbe dato respiro nella vita.

Tyson, dal canto suo, sapeva quello che voleva, sapeva da qualche anno ormai di non essere del tutto indifferente ai ragazzi, così come non lo era per le ragazze, aveva avuto più relazioni e crebbe con loro, ricavando da ognuna di queste un nuovo pezzo per quel suo enorme puzzle che chiamava "amore".

Avevano vissuto due tipi d'amore che non coincidevano, due facce della stessa medaglia, una brillava alla luce del sole e l'altra marciva sotto le immense insicurezze, senza mai lasciare la sua zona d'ombra. Due facce che continuano a ripetersi sempre la stessa domanda: saremo mai in grado di incontrarci? Di scambiarci uno sguardo e dirci "Eccoti, finalmente"?

Adesso, Hunter e Tyson si stavano osservando, si stavano studiando, incatenando gli occhi scuri dell'uno con quelli grigi dell'altro e trattenendo il respiro in attesa di pronunciare quella frase.

«E tu vorresti che io ti dicessi di sì?», continuò Hunter stringendo il pacchetto di sigarette che teneva in tasca.

«Sei bravo in questo gioco. - rise Tyson, colpito da quell'improvvisa audacia - Sì, mi piacerebbe che tu lo dicessi.», rispose allora con una sincerità tale da lasciare Hunter ancora una volta con il fiato sospeso.

𝗦𝗼𝗺𝗲𝘁𝗵𝗶𝗻𝗴 𝗡𝗲𝘄Where stories live. Discover now