Non era comunque una motivazione valida. C'erano tanti altri modi per portare a casa dei soldi. Però, potevo ora capire perché fosse così bravo. A scuola era nella squadra di lotta e fuori scuola lo praticava realmente.

Quando si passò una mano tra i capelli, facendo scivolare indietro il cappuccio, notai che anche le nocche erano rovinate. Qualcosa nel mio petto si strinse e mi spinse ad avvicinarmi. Sospirai e avanzai, sfiorando lo zigomo destro con le mie dita. Lui sembrò irrigidirsi al mio tocco ma non mi allontanò e non stacco nemmeno gli occhi da me.

«Li hai disinfettati?» Chiesi, puntando ora sulle sue labbra piene. Il suo labbro inferiore era, purtroppo, rovinato da quel taglio un po' profondo.

«Sto bene.»

Quindi no.

Mi voltai. Contro la parete c'era appesa una valigetta del primo soccorso. Mi avvicinai e l'aprii, tirando fuori l'occorrente.

«Siediti.» Dissi senza guardarlo mentre appoggiavo le cose sulla panca.

Stranamente non si fece pregare e gli lanciai una rapida occhiata mentre si sedeva e spalancava le gambe.

«Giochiamo al paziente e alla dottoressa, Peach?» Mormorò.

Lo fulminai con lo sguardo e poi mi alzai col batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante. Mi prese alla sprovvista quando mi afferrò il polso e mi tirò a sé, costringendomi a posizionarmi in mezzo alle sue gambe. Le mie ginocchia si scontrarono al bordo della panca. Inclinò la testa indietro per permettermi di lavorare ma quella vicinanza mi destabilizzava. Deglutii e affondai le unghie nel palmo libero mentre con la mano destra tamponavo le ferite. Prima mi occupai di quella sotto l'occhio. Lavorai con delicatezza ma anche questo feci una leggera pressione sul taglio, lui non si lamentò. Non chiuse nemmeno gli occhi. Lasciò quei buchi neri fissi su di me mentre io cercavo proprio di evitarli.

«Chi erano quegli uomini?» Domandai, occupandomi con cura di quel taglio.

Il cotone si era sporcato di sangue e lo voltai, utilizzando la parte ancora pulita.

«Persone che si occupano di questi incontri.»

«Ti hanno pagato.»

«Ho vinto.» Replicò con ovvietà.

Sospirai e presi un nuovo batuffolo di cotone per ripulire la ferita sul labbro. Utilizzai più delicatezza in quella parte. Le schiuse e il mio cuore mancò un battito. Sembravano così morbide. Così saporite. Non sapevo cosa mi fosse preso ma sfiorai il suo labbro inferiore col pollice e sentii uno sfarfallio focoso nel mio stomaco.

Erano cosi rosse. Così piene.

Risucchiai un sospiro e strinsi con forza il pezzo di cotone quando le sue mani si posarono sul retro delle mie cosce, iniziando a strofinare il pollice sulla mia pelle nuda.
D'istinto, mi aggrappai con la mano libera sulla sua spalla mentre notavo che delle gocce di disinfettante caddero dal cotone stritolato tra le mie dita. Finirono direttamente sulla sua ferita aperta e sussultai io per lui.

«Scusa.» Soffiai.

Lui non sembrò far caso al dolore. Sentivo i suoi occhi bruciarmi il volto. E sentivo le sue dita bruciare i lembi di pelle che stava toccando. Sentivo gli anelli freddi premere nella mia carne.

Il mio cervello mi fece lo scherzo di farmi ricordare tutte le volte che lo avevo beccato insieme a qualche ragazza, e mi fece il brutto scherzo di far immaginare me come una di loro.

Chissà com'era essere modellata da quelle mani.

«Seth...»

«Continuo a pensare a quelle graziose ciliegie, Peach.»

Avenging AngelsWhere stories live. Discover now