prologo

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Mi chiamo Elizabeth Sandrey, ma nessuno mi ha mai chiamata così se non il prete al mio battesimo. I miei genitori mi hanno sempre presentata come Elsa e così ho sempre fatto io. 

Avevo compiuto da poco i diciotto anni quando, in quel primo giorno d'ottobre, mi ritrovai a dover correre verso l'ufficio del preside, in ritardo per l'appuntamento. Sarei stata in perfetto orario se non mi fossi persa per i corridoi della mia nuova scuola, che sembrava essere stata costruita per confondere le persone. Rallentai poco prima di svoltare l'angolo per la segreteria, strinsi tra le labbra il sottile fascicolo che mi era stato detto di portare, mentre raccoglievo i lunghi capelli bruni in una coda il più ordinata possibile. Sperai che mio volto pallido non fosse arrossito troppo con la corsa, perché mi era facile somigliare ad un pomodoro, data la forma arrotondata dei miei lineamenti. 

Sebbene nervosa, ero entusiasta di poter finalmente tenere fede alla promessa fatta a mia madre che, esattamente due anni, tre mesi e cinque giorni prima, era morta in un incidente stradale insieme a mio padre. La mia sorellina Emily ed io eravamo sole. Gli unici parenti che ci erano rimasti erano una prozia paterna, che viveva in Australia, e un lontano cugino di nostra madre, in India.

Si rifiutarono di prenderci in custodia e la cosa non mi sorprese. Neanche ricordavo la loro esistenza. Quello che ricordo, come fosse ieri, è la notte dell'incidente; è atrocemente straordinario quanto bene ricordi ogni minimo dettaglio di quella notte.

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So bene che il prologo non è un granché ma non giudicate dalla prima apparenza. Spero che andando avanti vi piaccia di più.

Profumo di stelle #wattys2020Where stories live. Discover now