58 Gli affetti veri muoiono, quelli falsi uccidono

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«Non mi sono truccata, è per quello.»

Mi baciò la punta del naso aggiungendo un altro pezzo prezioso alla mia collezione di gesti irrinunciabili da parte sua.

«Ti preferisco così, perché posso perdermi tra le tue lentiggini. Ma sei pallida lo stesso. Hai mangiato oggi?»

«Un paio di cose.»

«Tipo?»

Perché mentire? «Due Xanax.»

Non si scompose, io nemmeno. «Ti porto a mangiare.»

«Non mi piace mangiare davanti a un pubblico.»

«Io sono il tuo pubblico. Vieni con me.»

Tornò a prendermi per mano, e lo seguii tra sguardi ammirati, bisbigli curiosi, sorrisi deliziati e qualche smorfia bugiarda.

Trevor lasciò passare un giovane cameriere che teneva in equilibrio bicchieri e piatti su vassoi impilati meglio di un giocoliere esperto, poi mi fece attraversare le due porticine basculanti che separavano il prestigio dalla cucina.

Lì dentro la gente sgobbava: il rumore di piatti, scodelle e posate era davvero forte.

«Non dovremmo essere qui. Li intralciamo.»

«Io posso essere dove voglio. E anche tu. Vieni con me, bambina. Ti porto nel paese dei balocchi.»

Trevor sapeva essere gigante e agile, la sua presenza avrebbe dovuto occupare tanto spazio, invece conferiva valore allo spazio; talento che di norma appartiene ad artisti e balerini, non ai criminali. Ma tant'è.

Restando ai margini della cucina che ribolliva di lavoro, mi portò in dispensa. Pareva un supermercato.

E quindi eravamo lì, io con scarpe da 890 euro e un vestito da 120, lui con le Nike da 200 euro e un Valentino da 1400 (chè ci piaceva essere complementari), tra confezioni di carpaccio di salmone norvegese, passata di pomodoro italiano, acqua delle isole Fiji e altra roba che non avevo mai assaggiato.

«Di cosa hai voglia, bambina? Te lo preparo io, così non ti preoccupi per lo chef.»

E non lo so cosa mi prese, cosa mi salì dalla pancia per uscire dagli occhi sotto forma di lacrime: commozione? Gratitudine? Affetto? Riconoscenza? Amore? Tutte queste cose insieme?

«Non piangere Lea.»

«Non sto piangendo.»

«E io non sto progettando il modo di sputtanare i Volkov.»

E così mi fece anche sorridere, in quel modo che solo lui.

«Anche io ho dei progetti grandi e grossi come i tuoi, signor Baker.»

«Lo so. Sono sicuro che funzioneranno meglio dei miei. Ma per fare cose grandi e grosse, mia queen, bisogna avere qualcosa nella pancia.»

Ma prima di riempire la pancia io dovetti gonfiare il cuore, e mi scavai una tana nel suo petto, dove mi appoggiai per abbracciare la carogna di Wall Street. Mi abbracciò anche lui, e mi baciò sulla testa, e a me sarebbe stato bene se il mondo fosse finito in quel momento, con le scatolette di tonno a far da testimoni alla cosa bella che eravamo insieme.

«Lea...»

«Mmh?» non avevo per niente voglia di sciogliere il mio abbraccio.

«Non faremo sesso se non mangerai qualcosa.»

Mi venne da ridere, perché lo aveva detto con un tono tanto serio, e in effetti era la migliore forma di ricatto per me.

«Sono bravo con gli spaghetti...quelli con l'uovo e la pancetta...»

PRICELESSWhere stories live. Discover now