𓃒 Capitolo 7 𓃗

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Lando voleva andare a trovare Carlos in ospedale subito dopo la gara, ma non sapeva con che coraggio presentarsi da lui. "È colpa mia. Inoltre non ci parliamo da settimane, sicuramente ce l'ha con me" Si disperava Norris.

Era riuscito ad arrivare davanti all'ospedale, ma proprio non riusciva a varcare quella benedetta porta.

«Oi Lando. Anche tu sei qui per vedere Carlos?» Si sentì chiedere il più giovane, si girò nella direzione della voce e vide che era Leclerc. «Ehm ecco io…» Farfugliava Norris. «Vorrei ma non so se vuole vedermi.» Sussurrò sconsolato. «Certo che vuole.» Lo rassicurò il maggiore. «Ti accompagno io, seguimi.» Continuò poi.

Una volta entrati chiesero dove si trovasse Sainz e finalmente lo raggiunsero.

Entrò prima Leclerc. «Ehi amico, come stai?» Domando a Carlos. «Ma insomma, sto abbastanza bene.» Rispose, ma il più piccolo riconobbe subito l'espressione di delusione nella sua faccia.

Lo spagnolo era deluso, sì, voleva che da quella porta comparisse Lando. Voleva parlare con lui, dopo aver rischiato la vita si era reso conto di quanto lo amasse.

«So chi vuoi vedere.» Disse ad un tratto Leclerc, quasi come se leggesse nella mente. «È qui.» Continuò, facendo sistemare Lando in stanza. «Vi lascio soli.» Concluse.

«Hola Carlos.» Norris provò ad imitare lo spagnolo, ma aveva un accento terribilmente britannico, questo fece ridere Sainz. «Mi sei mancato piccoletto.» Disse poi.

Lando scoppiò a piangere. «Vieni qui.» Lo invitò lo spagnolo, aprendo le braccia tutte fasciate. Il più piccolo lo ascoltò e lo abbracciò delicatamente, cercando di non fargli male. «Scusami.» Riuscì soltanto a dire Norris. Era dispiaciuto, secondo lui era colpa sua e non se lo sarebbe perdonato facilmente.

Carlos fece l'ultima cosa che poteva immaginare. Lo baciò. Un bacio dolce e casto, che valeva molto più di mille parole.

Leclerc tornò in hotel, aveva controllato come stava il compagno di squadra e soprattutto sapeva che fosse in ottima compagnia, così era tranquillo.

Il monegasco si distese sul letto, ma neanche il tempo di chiudere gli occhi che qualcuno bussò alla sua porta. "Chi può essere?" Si domandò, per poi andare ad aprire.

«Possiamo parlare?» Tutti si sarebbe aspettato, ma non lui: Daniel Ricciardo. «Certo, nessun problema. Entra pure.» Lo fece accomodare Charles. «Scusa se sono piombato qui all'improvviso.» Disse il più grande. «Non preoccuparti.» Sorrise l'altro. «Piuttosto, avevi bisogno di qualcosa?» Domandò in seguito.

L'australiano annuì. «Vorrei parlare di Max.» Confessò.

«Gli è successo qualcosa?» Si allarma immediatamente il più piccolo. «No no no no.» Lo rassicura Daniel. «Mi ha detto che anche tu sai di suo padre adesso.» Disse successivamente. «Vorrei poterlo aiutare in qualche modo, te ci stai?» Domandò infine.

Charles lo guardò negli occhi. «Certo, ha bisogno di qualcuno che gli stia accanto.» Affermò sicuro in seguito. «Deve acquisire più sicurezza, così potrà tenere testa al padre.» Disse Ricciardo.

«Ho paura però… Se Jos arrivasse a picchiarlo? Oggi c'è andato vicino. Non voglio vederlo soffrire ancora di più.» Si sfogò il monegasco. «Purtroppo l'ha sempre fatto quando Max cercava di ribellarsi un minimo, ma ora è abbastanza grande da potersi difendere. Dobbiamo credere in lui.» Rispose Daniel «D'accordo, mi hai convinto. Però se quello stronzo dovesse andarci pesante interverrò.» Adesso Charles aveva un'espressione che metteva quasi paura, così l'australiano non se la sentì di contraddirlo.

I due non avevano un piano vero e proprio, volevano solo parlare con Max e cercare di convincerlo che affrontare il padre sia la scelta migliore per lui. «Non ci ascolterà mai se andiamo entrambi, si sentirà in trappola.» Commenta Leclerc. «Per questo dovresti farlo tu.» Rispose Ricciardo. «Ma gli sei molto più amico te e soprattutto sai da più tempo questa cosa di suo padr-» Prese a parlare a vanvera Charles, ma venne interrotto. «Io lo so da tanto e non ho mai fatto niente, sarebbe troppo sospetto, poi sai… Ascolterebbe più te, avete un legame speciale.» Spiegò Daniel.

Il monegasco sbuffò. «Certo, bel legame che abbiamo.» Disse poi sarcasticamente. «Sembra che ci odiamo.» Aggiunse poi. «Ma non è così, l'importante è questo. Io riesco a vedere che tenete veramente tanto l'uno all'altro.» Lo rassicurò l'australiano.

A Charles non rimase che accettare. Avrebbe parlato con Max e, ad ogni costo, lo avrebbe fatto ragionare.

«Carlos. Noi, tutto questo. Forse è un errore.» Si trovò a dire Lando, dopo il dolce bacio. «Non ti piaccio? Forse ho frainteso delle tue azioni?» Domandò lo spagnolo preoccupato. «Oh no no a me tu piaci. Anche tanto. Ma…» Non riuscì a finire la frase il più piccolo.

Sainz lo abbracciò. «So che siamo in un mondo principalmente maschilista e misogino ma voglio stare con te. Possiamo tenere la relazione nascosta se preferisci.» Provò a trovare una soluzione il maggiore. «Sono spaventato Carlos. Ho terribilmente paura di perdere tutto.» Si sfogò Norris. «Ma sì, voglio stare con te.» Sorrise dolcemente e lo baciò nuovamente.

«Gracias a Dios. Per un attimo ho pensato di aver fatto una gran figura de mierda.» Commentò lo spagnolo e Lando rise di gusto, sia per quello che aveva appena detto l'altro che per il modo buffo nel quale l'aveva pronunciato. Amava sentire Carlos parlare nella sua lingua d'origine, lo trovava sia tenero che terribilmente sexy. Era semplicemente la perfezione.

Il britannico si perse a guardarlo. «Che c'è Landito?» Chiese confuso Sainz. «Oh niente niente ahhaha…» Rise nervosamente il più piccolo, non voleva sembrare strano o troppo smielato. «Come stanno le tue braccia?» Domandò subito dopo, per sviare il discorso. «Fanno un po' male devo ammetterlo e nella prossima gara non potrò guidare ma tutto sommato non mi è andata male.» Rispose sorridendo.

«Mi dispiace.» Disse sicuro Lando. «Mi dispiace di non essere stato abbastanza concentrato sulla gara. Avevo mille cose in testa e ho commesso un errore stupido e da principiante.» Norris iniziava a sentire gli occhi pungere. Si era ripromesso di non piangere, per non rischiare di sembrare un bambino, ma era più forte di lui. Ripensare all'incidente lo uccideva. «Scusami davvero, è tutta colpa mia. Sei qui per colpa mia.» Concluse poi.

Carlos gli prese il viso tra le mani. «Levati questi pensieri dalla testa. Ho deciso io di sterzare in quel modo. Ho fatto tutto da solo.» Lo rassicurò lo spagnolo.

Enemy [Lestappen]Where stories live. Discover now