𓃒 Capitolo 4 𓃗

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È passato qualche giorno dalla sera incriminata e nessuno sembra volerci più pensare. La prossima gara sarà a distanza di due settimane, così i piloti si possono rilassare un po'.

Carlos e Lando continuavano a non parlarsi, principalmente per l'imbarazzo che provavano, anche se avrebbero tanto voluto riavvicinarsi in qualche modo. Sembrava quasi che lo spagnolo avesse perso la fiducia in se stesso.

Era un mercoledì mattina qualunque quando Charles prese coraggio e si decise a dover risolvere con Verstappen, più che altro aveva paura di quello che aveva fatto da ubriaco, e non ricordando pressoché niente voleva fare chiarezza. Chissà cosa aveva combinato e soprattutto se si sforzava tanto Leclerc ricordava solo un particolare: l'olandese che apriva la porta della stanza quasi interamente nudo e particolarmente sexy. Aveva paura di aver fatto commenti inappropriati o qualcosa di ancora peggio.

L'unico modo per fare chiarezza sulla situazione era parlare con il diretto interessato. Sapeva bene dove trovarlo, visto che quasi tutti i giorni si dirigeva alla palestra privata che aveva affittato. "Bene, è l'ora di farsi coraggio" Si spronava Charles. Era già qualche minuto che era pronto ma non riusciva mai a partire.

Dopo un po' si decise e andò in palestra, ovviamente si era portato tutto l'occorrente per far finta di allenarsi anche lui; così nel caso non riuscisse a proferire parola aveva quella scusa.

Sapeva che sarebbero stati soli perché aveva sentito dire da molti piloti che quel giorno avrebbero visitato la città, quindi era tranquillo. Entrato dalla porta principale si precipitò negli spogliatoi a lasciare il borsone e successivamente entrò in sala attrezzi.

Si scambiano uno sguardo veloce ma nessuno dei due proferisce parola. "Eccoci, che ci fa qui?" Si domanda immediatamente Max. "Meglio non destare sospetti, inizierò a fare qualche esercizio." Pensava intanto Leclerc, mettendosi a riscaldare i muscoli.

La situazione era tesa, entrambi se ne resero conto ma nessuno sembra voler dire qualcosa. Charles prese un bel respiro, quasi come se volesse iniziare a parlare ma si zittì ancora prima di cominciare. Sentiva il cuore battere in gola e non riusciva a pensare ad una frase di senso compiuto da poter dire.

Aveva già affrontato situazioni di stress più pesanti eppure adesso non sapeva minimamente cosa fare. Passarono così molteplici minuti, nella quale si sentivano solo i rumori delle attrezzature e dei respiri dei due. Nessuna parola.

Sembrava tutto tranquillo alla fine, si… Sembrava.

Ad un certo punto Verstappen iniziò a correre verso gli spogliatoi più forte che poteva. Leclerc rimase qualche secondo stranito da quel gesto, ma decise di seguirlo.

Il monegasco arrivò dove solitamente ci si cambia ma nessuna traccia dell'altro, così si avviò verso i bagni.

Sentì un rumore inconfondibile: qualcuno stava vomitando e quel qualcuno non poteva che essere l'olandese.

«Max tutto bene?» Si decise a chiedere. Dopo qualche secondo la porta del bagno si aprì. «Si.» Fu l'unica risposta che ricevette.

«Sei pallido, perché non fai una pausa?» Gli sorrise Charles. «Devo continuare ad allenarmi.» Affermò sicuro Verstappen, cercando di camminare nuovamente verso la sala attrezzi.

Purtroppo le sue gambe non riuscivano più a reggere tutto quello sforzo così gli cedettero, fortunatamente Leclerc gli mise un braccio in vita e lo tenne su. «Non puoi allenarti in questo stato.» Commentò successivamente e lo fece sedere.

«Non capisci, io devo continuare.» Era sempre il solito testardo, si trovò a pensare Charles. «Da quant'è che ti stai allenando?» Chiese. «Dalle 7:00.» Max appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi. «Cosa?! Sono quattro ore che ti alleni! E conoscendoti non hai neanche fatto un minuto di pausa. Sei completamente pazzo? Vuoi ammazzarti per caso?» Gli faceva la ramanzina il monegasco. «Stai zitto, so badare a me stesso.» Rispose con un filo di voce.

«No, non lo sai fare. E non zittirmi!» Era quasi… Offeso? Doveva farlo ragionare, sarebbe stato davvero dannoso per la sua salute continuare a fare in quel modo. «Dai vai in hotel e mangia qualcosa, poi riposati un po'.» Cercava di spronarlo Charles. «No.» Rispose secco e provò ad alzarsi.

Il monegasco però non era della stessa idea, così lo rispinse a sedere. «Ti farò la guardia allora. Starai qui per un po', almeno ti riprenderai un minimo.» Era così sicuro di sé che a stento non si riconosceva, ma doveva farlo per l'altro.

Verstappen roteò gli occhi. «Tu non sai cosa sto passando. Ci saranno delle conseguenze se continuo a perdere.» Sospirò l'olandese. «Max letteralmente ieri hai perso per la prima volta dopo 6 gare, stai per vincere il Gran Premio e ti lamenti pure?» Leclerc veramente non riusciva a capirlo, aveva tutto quello che aveva sempre desiderato e ancora non era felice?

«Ma vaffanculo non è quello. Non puoi capire com'è avere un padre assillante come il mio, devi lasciarmi in pace cazzo, non sai niente.» Era come se le parole di Verstappen avessero preso la forma di coltelli e uno ad uno si stessero impiantando nel cuore di Charles.

«Almeno un padre ce l'hai.» Disse quest'ultimo sottovoce, per poi andarsene.

Non era arrabbiato, era più deluso. L'olandese sapeva perfettamente la situazione familiare di Leclerc, anche perché si conoscevano fin da piccoli, ma lì per lì aveva perso il controllo, come ormai succede spesso, e aveva ferito l'ex-amico in modo profondo. Si sentiva cattivo.

"Merda sono un coglione" Si ripeteva continuamente, rimanendo lì seduto a rimuginare sull'accaduto.

Dall'altra parte Charles stava correndo a tutta velocità verso l'ignoto, voleva scappare da lì, da quella situazione, che aveva portato alla luce vecchi ricordi che si era ripromesso di dimenticare. Arrivò al parco principale della città e si mise sotto un albero con la schiena appoggiata ad esso.

Non poteva credere che proprio Max fra tutti gli avrebbe portato tanto dolore. I suoi occhi divennero lucidi e ben presto le lacrime iniziarono a scendere. Non era un pianto disperato, quello l'aveva già fatto più e più volte molti anni prima, era un pianto tranquillo, giusto per liberarsi.

"Cazzo ho lasciato tutto in palestra" Si maledisse Leclerc. Così ora non aveva un cellulare e non poteva neanche rientrare in camera perché ovviamente la tessera magnetica era in una tasca del borsone.

Ma, invece di cercare aiuto, rimase lì a pensare al rapporto con Verstappen. Aveva notato come l'olandese, al contrario suo, non lo chiamasse mai per nome ultimamente, quando invece erano abituati a farlo da più piccoli…

Forse doveva solo rassegnarsi, forse il loro rapporto non era recuperabile.

Enemy [Lestappen]Where stories live. Discover now