53 Eppure Lea è viva

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Ma a quel punto sarebbe stato più semplice farla sparire in una fossa con il suo problema ancora dentro la pancia. Mi si ribaltava lo stomaco solo al pensiero che mio padre potesse essere così marcio da avere a che fare con qualcosa di simile, ma non ero in grado di ritenerlo impossibile.

Ma anche così, non aveva senso.

«Mettiamo che Blue fosse giunta in Italia da Matteo Gessi per qualcosa che non ha nulla a che fare con El Diablo. Prostituzione magari. Cosa può portare un poliziotto senza morale a non fare di lei un puttana ma nemmeno un cadavere, pur sapendo che è incinta, o madre di una neonata che non era prevista?»

Andrey ci pensò un po' su. «Se Blue era incinta e le hanno consentito di portare a termine la gravidanza, forse la merce era la bambina e non la madre. Qualche miliardario si era scelto la mamma dai capelli rossi dal catalogo della disperazione e aveva comprato la neonata prima ancora della nascita.»

Non era un'ipotesi da scartare. «Mmmh, non è privo di senso. Fanno arrivare la madre incinta per sottoporla ai controlli di routine e accertarsi che il feto sia sano e che lei non assuma droga e alcol durante la gravidanza.»

«Sì, ma poi l'affare salta e mamma e bimba restano senza acquirenti.»

Dio, che schifo.

«Avrebbe potuto cercare di vendere la bambina a qualcun altro e rispedire Blue in Albania, o su un marciapiede.»

«Forse non ha trovato un compratore, e la mamma gli serviva per occuparsi della piccola in attesa di concludere l'affare.»

Mi sembrava di affondare le mani nella merda calda. «Avrebbe potuto farle sparire comunque. Blue sotto un lampione e Lea...»

Non riuscivo neanche a dirlo. Forse nemmeno uno stronzo come Matteo Gessi aveva avuto il fegato di uccidere una neonata. Ma avrebbe potuto abbandonarla accanto a un centro di accoglienza, o nei pressi di un ospedale.

Non riuscivo a venirne a capo.

«Non abbiamo abbastanza informazioni, Trevor. E forse tu cerchi un collegamento che non esiste.»

Era vero, non avevo alcun reale motivo di pensare che Lea avesse un qualche ruolo in tutto questo, che tra lei e Sebastian ci fosse qualcosa di più di una serie di fatti slegati tra loro ma con qualche fattore in comune.

Eppure...

«Mio padre sa di Lea, Andrey. Ha mosso il suo culo grinzoso fino in Italia quando ha saputo che me la facevo con lei.»

«Avrà indagato sul nucleo famigliare di Matteo Gessi dopo che si è ammazzato per capire se poteva estorcere informazioni su El Diablo a qualcuno. Ma con la moglie morta da anni e una figlia ventenne che era appena adolescente quando il coso digitale veniva creato, non ha trovato granchè. Poi però tu ti scopi la Rossa e Sebastian comincia a pensare che forse ha sottovalutato il potenziale della ragazza.»

Sì, aveva senso, Eppure...

«Eppure Lea è viva, Andrey. È viva contro ogni pronostico. Perchè Matteo Gessi le ha fatte entrare in Italia? E perché le ha tenute in vita così a lungo?»

Andrey si alzò, stiracchiandosi. «Non lo sapremo mai. Arrenditi Trevor.»

«No.»

Mi guardò con una smorfia. «Allora prosegui, ma da solo. Io non saprei nemmeno da dove iniziare a cercare le tue risposte.»

«Non ti ricordi proprio niente di strano, in quegli anni?»

«Se da qui fosse passata una come Blue Osmani me lo ricorderei, Trevor. Soprattutto se provvista di pancia.»

«Sono passati quasi trent'anni.»

«Ventisette, in teoria. Hai detto che la rossa ne compie ventisei, giusto?»

«Giusto. Ma non sono certo che il certificato di nascita sia veritiero. E Lea sembra più giovane. Troppo giovane, Andrey.»

«Ventisette anni fa ne avevo venti, e i Volkov mi avevano appena ceduto a tuo padre, tenendosi un più giovane Viktor. Non ricordo nulla che abbia a che fare con l'Albania. Non in quei primissimi tempi, almeno.»

Non in quei primissimi tempi.

«E dopo? Dopo ricordi qualcosa di strano?»

«Di strano no, già all'epoca tuo padre aveva qualche sede distaccata di aziende anche fuori dall' Unione Europea, ma cose davvero marginali. Credo lo facesse più che altro per un ritorno d'immagine.»

Qualche rotella iniziò a girare. «Un ritorno d'immagine...»

«Sì, sai, fa comodo far credere di essere impegnato ad arginare la povertà, stimolare l'economia di paesi impoveriti dal susseguirsi di regimi del cazzo e altre stronzate del genere.»

«Aveva qualche interesse in Albania?»

Soffocò una risata. «E chi si ricorda? Neanche so dove si trova, l'Albania.»

Senza tornare a sedersi versò l'ultimo sorso di Macallan nel bicchiere e se lo scolò. «Senti, facciamo che mi chiami quando ti sei tolto dalla testa tutta questa storia e hai un lavoro vero da assegnarmi. Qualcosa che preveda l'uso di qualche arma, preferibilmente.»

Non ricordo se mi presi la briga di salutarlo, magari anche solo distrattamente. Ma ricordo che accesi il PC della Baker Agency e iniziai a cercare, andando a ritroso.

Partii dai primi anni novanta. Erano le dieci di mattina.

Trovai il primo frammento di verità quando fuori era già buio. Non avevo mangiato, non avevo bevuto e non avevo nemmeno pisciato. Mi ero fermato solo per telefonare a Lea e sfamarmi con il suono della sua vocina stanca.

Ma quando i primi spiragli iniziarono a farsi largo nella marea di affari leciti e illeciti, transazioni più o meno irregolari e passaggi di proprietà spesso poco più che fittizi, il mio corpo iniziò a nutrirsi della propiia foga.

La Baker Foundation, creata da mio nonno George, era una fondazione a scopo benefico. Aveva smesso di muovere capitali dopo la sua morte. Fino al 1994, quando erogò una sostanziosa borsa di studio a favore di una giovane studentessa dell'Università di Tirana.

La studentessa si chiamava Adelina, e Sebastian Baker era volato in Albania per consegnare l'attestato di persona.

La foto era in bianco e nero, di dimensioni trascurabili, e il trafiletto era in albanese perché lo avevo scaricato illegalmente dal database della biblioteca dell'Università.

La studentessa portava il nome di Adelina Beqiri. Ma aveva la faccia di una giovane e spensierata Blue Osmani. Stringeva la mano a mio padre, mentre Aleksandr Volkov consegnava quello che presumibilmente era un assegno al rettore dell'Università.

Blue. Sebastian. I Volkov. Il collegamento c'era.

Porca.Puttana.

SPAZIO AUTRICE

Ho cercato di comprimere il comprimibile, di metterla giù facile, ma la cosa è ingarbugliata, mie care ragazze e lettrici. Non è che posso far svegliare Trevor una mattina colto dalla folgorazione ahahaha! Deve indagare. Ma dato che non sono una scrittrice di noir nè di gialli nè di thriller nè di mistery, state tranquille, cercherò di non dilungarmi più del dovuto. Ovviamente non ci sono ancora risposte esaurienti in queste 1600 parole: il collegamento esiste, abbiamo trovato il filo ma non il gomitolo.

Vi va di scoprire che succede? Siete almeno un pochino curiose?

Solite robe...commenti stelline pubblicità bla bla bla tutto molto gradito tanta gratitudine vi amo tutte rosso di sera pioggia a catinelle.

PRICELESSOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz