Capitolo 6

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Con nuovi abiti addosso arrivai al parcheggio e salii sul pick up di Marius dove trovai Dean ad aspettarmi. Mi chiusi dietro la portella e infilai la cintura. Il ragazzo mi guardò per tutto il tempo e quando capì che ero pronta per partire, mise in moto.

Sfrecciammo per le strade di Granite Falls con entrambi i finestrini abbassati e il rumore dei fusti di birra, portati da Marius, che sballottavano nel baulotto dietro. Appoggiai il gomito fuori dal finestrino, come ero solita fare, e indisturbata sfilai le infradito per poi raggomitolarmi sul sedile. L'aria fresca mi accarezzò il viso facendo svolazzare i capelli in tutte le direzioni. Mi godetti quel momento di pace e osservai il paesaggio scorrermi davanti. Per le strade non c'era quasi nessuna auto per cui Dean colse l'occasione e aumentò la velocità.

Mi sporsi per accendere la radio e nello stesso momento lo fece anche lui. Ci trovammo a sfiorarci le dita sopra il pulsante di accensione.

Che cavolo di film stavo vivendo?

Ritrassi il braccio con gesto repentino mentre Dean fece partire una di quelle canzoni anni '90 su una stazione radio mai sentita.

"Sarebbe questa la musica che ascolti?" chiesi scettica.

Non ci eravamo rivolti parola per tutto il viaggio così mi girai con le gambe incrociate verso di lui, non preoccupandomi del fatto che l'auto non fosse mia e di non rispettare la sicurezza stradale. Aspettando la risposta mi concentrai su l'odore circostante. Sapeva di campi e letame messi insieme, ma non mi diede fastidio come pensavo. Mi sembrò di stare in una di quelle serie tv country che guardava mio nonno dove i due coniugi partivano per un viaggio, organizzato per staccare dal lavoro di tutti i giorni.

"Scusami tanto fanatica di Taylor Swift." mi prese in giro.

"Io non ascolto Taylor Swift!" incrociai le braccia al petto.

"Ah no? E cosa? Justin Bieber? Harry Styles? Ariana Grande?" iniziò ad elencare alcuni cantanti.

Da come parlava sembrava stesse elencando i politici più corrotti d'America. Come se quei cantanti rappresentassero la feccia dell'umanità. Ma sul serio tra quei tre si trovava la mia cantante preferita. E non lo era per una scelta a caso. Certo, mi piacevano molto le sue canzoni, ma da quando mio padre mi portò al mio primo concerto, quello di Ariana Grande, avevo deciso che sarebbe diventata la cantante più brava del mondo e così divenne la mia preferita.

Non c'era nulla di cui vergognarsi. Lei era bravissima e oltre ad un sacco di ragazze aveva anche molti fan maschi. Quindi non so perchè in quel momento decisi di mentire.

"Ci ho preso vero?" chiese ancora, scrutandomi.

Avevo la testa abbassata e giocavo con un filo dei miei shorts bianchi somiglianti ad una coulotte. Me li aveva comprati Kiara a San Valentino, quando ancora come tradizione ci facevamo i regali a vicenda. Aveva incluso un bigliettino che diceva: "per quando vuoi sentirti sexy".

"No." risposi soltanto.

Lo osservai scuotere la testa e spettinarsi i capelli con una mano. Mantenne per un po' il volante con un braccio soltanto, mentre l'altro lo appoggiò al finestrino aperto. Le vene sulle braccia abbronzate risaltarono quando il cubicolo in cui ci trovavamo venne illuminato da un fascio di luce. Osservai i peli degli avambracci che al sole diventarono biondi, ma poi mi girai e tornai nella stessa posizione di prima.

Passarono in radio tre diverse canzoni, una più brutta dell'altra, prima che mi mettessi a frugare nello sportello sotto il cruscotto. Uno spazio così piccolo per troppa cianfrusaglia. Trovai CD di band degli anni '80 e '90 di cui nemmeno conoscevo il nome, pezzettini di paglia sparsi ovunque, racimolai pure sette dollari e, nascosto dietro, scovai un cappello da cowboy che immaginai appartenesse a Marius.

The CampeggiusWhere stories live. Discover now