La bottega

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"Hans! Hans! Corri a prendere del vino! È finitoo!"
Ed ecco come ci si sveglia la domenica a casa mia. Con quell'odiosa voce del padre di Hans che ti sprofonda i timpani.
Pensare che, quando gli altri dormono, per non svegliarli cammino in punta di piedi, soffoco gli starnuti e evito di aprire le porte per non farle cigolare. Quando dormo io, invece, la gente urla, sbatte i piedi e accende la radio.
Ormai il rispetto reciproco non credo esista più. O almeno in questa casa.
Mi alzo dal letto e faccio una doccia fredda per svegliarmi.
Mia madre ha riservato una parte del mio armadio per 'i vestiti della domenica', che vanno messi esclusivamente questo giorno. Per cui scelgo una camicetta con una scollatura a V e una gonna a fiori.
Scendo le scale, vado in sala a pranzo e prendo un pezzo di panino con sopra spalmato del burro. Non ho molta fame, quindi credo che questo basterà.
Addento voracemente la mia colazione, quando Hans mi chiede:
"Ehi El, ti va di venire con me a prendere del vino?"
"Da dove salta fuori El?" Esclamo ridendo e avvicinando la mano alla bocca per non far fuoriuscire il pezzo di pane.
"Mi ero stufato di chiamarti Elsa, troppo formale..." mi fa l'occhiolino "Allora vieni?"
"Certo!"
Mi carica in macchina, e dopo poco siamo arrivati in una bottega.
"Tuo padre mi ha detto che qui vendono il vino migliore della città" Dice Hans guardando l'insegna del negozio e poi me
"Ci sei mai venuta?"
"Non molte volte, di solito mio padre il vino se lo faceva portare invece di andarlo a prendere..."
Detto questo, entriamo.
Puzza di alcool giunge al mio naso. È insopportabile, ed è davvero troppa per un locale di queste dimensioni.
La bottega pulula di soldati, ubriachi o meno.
Comincio a guardarmi velocemente intorno, magari vedo Kotler, non si sa mai.
"Stai attenta" mi avverte Hans "è da molto tempo che questa gente non vede delle donne, quindi sono tutti un po' allupati . Stammi vicino".
A quel discorso rabbrividisco... Non riesco nemmeno a pensare a qualcuno che mi metta le mani addosso...
Hans mette il suo braccio intorno alla mia vita, avvicinandomi a lui il più possibile e lanciando occhiate quasi maledette e coloro che puntano gli occhi su di me.
Ci avviciniamo al bancone in ciliegio dove un uomo abbastanza anziano sta asciugando dei bicchieri.
La sua faccia è solcata dalle rughe molto profonde e un paio di lunghi baffi bianchi mettono in risalto i suoi grandi occhi celesti.
"Ciao Hans!" dice l'uomo, allungando una mano.
"Vecchio furfante che non sei altro, come stai!" dice Hans stringendogli la mano e ridendo.
Dopo qualche secondo l'uomo si volta verso di me.
"Ciao Elsa! Come sei cresciuta! L'ultima volta che ti ho vista eri un fagottino in braccio a tua madre!"
Mi limito a sorridere.
"Il Capo vuole del vino"
"Allora andiamo a prenderlo!"
Il vecchio ci fa strada verso una piccola porticina di legno che poi apre con una chiave: all'interno, scaffali e scaffali piedi di bottiglie di vino.
È molto più grande di una biblioteca, è un labirinto; ci si potrebbe perdere senza problemi.
L'uomo e Hans sono davanti a me di qualche metro. Io rimango indietro, osservando le etichette delle bottiglie polverose.
Siamo in un incrocio. I due vanno dritti, io svolto a sinistra quando una luce attira la mia attenzione. È come se qualcuno fa riflettere le luci delle lampadine su un vetro.
Mi avvicino con passo felpato a uno scaffale, quando, d'un tratto, la luce svanisce. Giro intorno allo scaffale per riuscire a capirci qualcosa, quando una mano mi afferra per il polso e mi volta verso un individuo, che con l'altra mi tappa la bocca.
Cerco di urlare, ma senza risultato. La mano fa una pressione troppo forte sulla mia bocca, facendo uscire solo un lamento soffocato. Così mi limito a stare ferma.
La figura è protetta dall'ombra, e in questo modo non riesco a vedere chi è.
Poi, avanza, andando sotto una lampadina.
"Kotler..." mi faccio scappare.
Ebbene, questo è il momento più bello della mia vita.
Mi scaravento direttamente su di lui e lo abbraccio. Nessuno dei due parla, ci limitiamo a stringerci.
Nonostante tutto, nonostante tutti, il suo abbraccio è sempre caldo e rassicurante, e lo è talmente tanto che entrambi ci lasciamo scappare delle lacrime.
Quando finalmente ci stacchiamo, io ho le guance letteralmente bagnate.
Kotler avvicina una mano al mio viso per asciugare una lacrima che sta scendendo.
"Ascoltami" dice, guardandomi dritto negli occhi. "Non posso stare qui. Ora non ho abbastanza tempo per raccontarti tutto, ma possiamo vederci domani sotto il Grande Ponte alle 15:00".
Annuisco, ancora con le lacrime agli occhi. Lui porta entrambe le mani sul mio viso e poggia le sue labbra sulle mie. Sono così calde...
Poi però sentiamo la voce di Hans, che ci costringe a fermarci.
"Elsa, salta fuori, che dobbiamo andare!"
Kotler mi guarda con aria interrogativa, come per chiedermi chi fosse colui che mi sta chiamando.
Gli do un ultimo bacio sulla guancia, lo guardo e corro da Hans.
"Dove sei stata?" mi chiede "È da un po' che ti chiamo"
Quasi i preda al panico, mento, dicendo:
"C'erano dei cocci per terra, così ho deciso di raccoglierli in modo che nessuno si facesse male"
Fingo un sorriso.
"Che amore che sei..."
Mi abbraccia e mi da un bacio sulla fronte.
"Andiamo" dice sorridendo"tuo padre aspetta il vino..."
Detto questo, usciamo dalla bottega.
Mi volto due secondi a guardarla, ripetendo nella mia mente quelle scene che, giuro, non dimenticherò mai...

Una Ragazza RibelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora