Ritrovamento (o quasi)

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Con la scusa di voler vedere dei cavalli, chiedo a mia madre il permesso di allontanarmi, e me lo concede.
Scruto attentamente i volti dei vari soldati che chiacchierano tra di loro nella speranza di trovare quello di Kotler o dell'ufficiale Voss. Mi avvicino a tre soldati impegnati a parlare con uno stalliere dei pregi e dei difetti di un cavallo. Uno di loro gli gira intorno osservandolo intensamente, con la mano destra fissa sulla sua groppa.
"Perdonatemi" dico agli altri due, che si voltano verso di me "Avrei bisogno di un'informazione".
"Dica pure, signorina" dice l'uomo alla mia sinistra, il quale porta entrambe le mani dietro la schina e si china leggermente i avanti.
"Sto cercando l'ufficiale Voss, per caso sapete dirmi dove si trova?"
L'uomo che prima stava osservando il cavallo mi si avvicina pulendosi le mani nei pantaloni e lasciandoci appiccicati dei peli.
"L'ho visto prima. Era laggiù in fondo, all'asta dei da tiro inglesi"
"Vi ringrazio molto, scusate il disturbo"
Mi allontano e loro riprendono a parlare con lo stalliere.
Anche se il recinto dove si trovano i cavalli da tiro inglesi è vicino, sembra lontanissimo, a causa delle migliaia di persone che mi separano da esso. Non c'è molto spazio per muoversi, siamo tutti appiccicati.
Cerco di farmi spazio tra la folla domandando 'scusa' alla gente, ma poi decido di procedere a gomitate.
Mi fermo un attimo.
Il calore dei corpi che emanano queste persone, il nitrire quasi assordante dei cavalli, la fatica nel passare tra soldati più forti e più grossi di me mi fanno girare la testa.
Scuoto la testa, e d'un tratto intravedo, in lontananza, una figura di spalle,le quali sono larghe, con i capelli biondi e corti, che sta parlando con alcuni soldati.
Che strana la vita... Lui mi ricorda l'unica persona della quale sono davvero stata innamorata.
Un brivido mi attraversa il corpo.
D'un tratto ricordo i bellissimi capelli color grano di Kotler e quelle spalle larghe che, quando mi abbracciava, mi facevano sentire come un canarino in gabbia, una gabbia che aveva il compito di proteggere, invece di imprigionare.
Prendo a spallate tutto quelli che incontro sul mio cammino mentre cerco di correre verso colui che spero sia Kotler.
Sono vicinissima, ma poi lo vedo allontanarsi con il suo gruppo.
In preda alla disperazione comincio a gridare il suo nome.
"Kotler! Kotler!"
Quella figura si gira, togliendomi ogni dubbio.
È lui.
È dimagrito, ma non importa. Il suo viso è ricoperto da piccole cicatrici, i suoi occhi sono vuoti, ormai privi di alcuna speranza.
Mi fermo rimanendo a bocca aperta, mentre un sacco e mezzo di soldati più alti di me il doppio mi passano davanti. Cerco di farmi strada tra loro, di uscire allo scoperto, ma invano.
Attraverso una fessura riesco solamente a intravedere lo sguardo di Kotler che mi cerca e, non avemdomi trovato, si allontana con il gruppo.
Per un momento, ma soltanto per un momento, sono pronta a scommettere che mi ha guardato.
Me lo sento, lui mi ha visto.
Che abbia fatto finta di non vedermi di proposito?
No, non è così il Kotler che conosco.
O forse sì.
Forse, dopo essere stato in guerra per un anno, si cambia.
Cambia il carattere, cambiano le aspettative, cambia tutto.
Si comincia ad odiare tutto, tutti.
Nonostante ciò, io non mi arrendo.
Io lo troverò.

Ritorno dai miei genitori, che sono riusciti a vendere Dexter con successo.
Ritorniamo a casa che ormai è già sera. Non mi sono resa conto di quanto è passato in fretta il tempo.
Dopo cena, vado fuori a godermi le stelle prima che cominci un altro bombardamento.
Hans mi raggiunge; lo vedo avvicinarmisi senza dire nulla, mette le mano attorno ai miei fianchi e spinge il mio corpo contro il suo, finchè ci baciamo.
Non so se sia una buona idea, forse dovrei raccontargli tutto, ma le sue labbra sono talmente rassicuranti...

Una Ragazza RibelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora