16 - Fammi sentire come se fossi a casa

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Il brusio si calmò, ma le emozioni delle persone parlavano da sole. Chiunque assaporava quel pasto con completa serenità e si versava qualche altro bicchiere.

Cominciai ad essere chiamata ripetutamente da ogni angolo della tavolata, chi perchè voleva versarmi da bere, chi voleva sapere dettagli riguardo al mio percorso scolastico, chi altro invece aveva semplicemente alzato un po' troppo il gomito.

"A dire il vero, anche io ho esagerato un po'"

-Bene, buon appetito!- dissi al ragazzo alla mia sinistra

-Che hai detto?- domandò perplesso

-Si usa dire in Italia prima di iniziare un pasto: ci si augura che sia di gradimento di tutti i commensali-

-Come lo sai, non studiavi fisioterapia?-

-No, sono nata e cresciuta in Italia fino ai miei 18 anni. Poi mio padre è morto ed io e mia madre siamo tornate qui, cercando delle opportunità migliori.-

"Sto parlando troppo, ho decisamente esagerato"

-Caro il mio giovanotto- arrivò il signor Kim da dietro le spalle di Hyunjin -A cosa serve stare accanto alla nostra festeggiata, se non le servi nemmeno una volta da bere?-
Riempì nuovamente i bicchieri ad entrambi e sollevò il suo

-Come si dice in italiano?- domandò Hyunjin

-Cin cin- risposi

Sollevò il bicchiere e bevve ancora.
Interrotti dagli altri commensali, non riuscimmo a proferirci nemmeno una sola parola dopo quel momento.

Mentre la notte si faceva più profonda, i primi cominciavano ad andarsene, lasciando pian piano solo i pochi più stretti.

-Haru, io e papà andiamo. Se vuoi puoi rimanere a casa domani mattina, ci penso io al locale.-

-Non ci pensare nemmeno, Unnie! Già ho saltato il turno di oggi pomeriggio, domani ci sarò!-

-Ti aspetto alla solita ora, buonanotte.- mi scombinò i capelli delicatamente.
Uscirono anche loro.
Rimanemmo solo io e Hyunjin, il signor Song stava iniziando i preparativi per la chiusura.

-Che dici, andiamo?- proposi

Annuì con il capo, prima di alzarsi.
Al primo passo fuori dal locale, notai che il livello di alcol nel suo corpo era decisamente più del dovuto, barcollava lentamente a destra e a sinistra.

-Non dirmi che reggi così poco!- risi

-Sono lucido, solo un po' traballante...-

-Se per te questo è solo traballare, non oso immaginare cosa succede quando vai oltre-

Provò a fare due passi, ma si sbilanciò a tal punto da finire a terra.
Lo aiutai a sollevarsi, mi misi sotto al suo braccio e gli diedi sostegno.

-Ti porto io a casa, sei abbastanza cosciente da darmi l'indirizzo?-

-Molto simpatica- sputò acido -Mi gira un po' la testa, posso farcela.-

-Siamo già davanti alla macchina- gli feci osservare -Ti sembra questo il momento di tirarti indietro?-

-Va bene...-

Lo aiutai a prendere posto e chiusi, mi misi al volante chiedendogli di inserire l'indirizzo di casa sua.

Partimmo in silenzio, penso che l'imbarazzo di essersi fatto vedere in queste condizioni gli abbia mangiato la lingua.

Lungo le strade ormai vuote di Seoul, canticchiavo le canzoni che avevano seguito la mia infanzia, quelle che venivano riprodotte di continuo nella vecchia radio di casa, incise su un CD che era stato tramutato in USB. Lo stesso che stavo utilizzando adesso.

"Siamo noi, siamo in tanti
Ci nascondiamo di notte
Per paura degli automobilisti, dei linotipisti
Siamo i gatti neri, siamo pessimisti
Siamo i cattivi pensieri
E non abbiamo da mangiare
Com'è profondo il mare"

"Com'è profondo il mare"

Lucio Dalla esponeva i problemi del mondo in musica in quel piccolo teatro mobile.

-Siamo arrivati. Stai fermo-

Lo raggiunsi in un paio di balzi, estraendolo dall'auto e sorreggendolo come prima.

-Haru- mi chiamò, staccandosi bruscamente.
Quel movimento l'aveva quasi destabilizzato di nuovo.
-Non so se te lo ricordi, ma noi c'eravamo già conosciuti in passato-

Sollevò lo sguardo. Quei maledetti lumi mi scavavano nell'animo come in pochi sapevano fare. Solo lui riusciva a darmi quei brividi, a farmi formicolare la pelle.
Solo lui riusciva a farmi sentire di nuovo a casa.

-Scendendo da un bus mi feci male, mentre tutti continuavano dritti per la loro strada, tu sei rimasta e hai insistito per soccorrermi. Mi hai portato nell'ospedale universitario, mi hai visitato.-

Scavò nelle tasche della giacca

-E mi diedi questa-

Mi porse il tutore che gli avevo consigliato in quel lontano giorno, in una stanza che odorava di medico e creme antinfiammatorie.

-Me lo ricordo, Hyunjin. Lo ammetto, non ti ho riconosciuto subito. Però di te qualcosa mi era sempre stato familiare.-

Anche lui si ricordava di me, si ricordava di quel giorno per filo e per segno.
Lui custodiva quel ricordo in un'anticamera del cuore.

-Quindi- riprese -Volevo solo dirti un paio di cose, prima di andarmene.-

Gli feci cenno con il capo di continuare

-Tra nostro primo incontro per strada e quello al locale, non ci sono differenze. Mi hai sempre dato una mano con naturalezza, fingendo che non ci siano problemi. Non ho ancora trovato il modo di esprimere la mia gratitudine, ma penso che un modo non ci sia. Vorrei solo dirti che, qualsiasi sia il tuo bisogno, io ci sarò.- prese un profondo sospiro

-È il minimo.- terminò lui

-A dir la verità ci sarebbe un modo per sdebitarti- iniziai quasi sotto voce

In quel momento me ne accorsi, avevo capito che tutto ciò che avevo perso lasciando l'Italia, stava pian piano ritrovando il suo posto nello sguardo, nella voce, nel profumo di lui.
In quel momento, per me, il significato di "casa" cominciava a cambiare.

Mi avvicinai e lo strinsi a me, in un'abbraccio caldo che sfidava ogni tempesta.

-Fammi sentire come se fossi a casa.-

-x-x-x-x-x-x-
Author's corner

Ieri sera ho giocato una partita, l'esito è stato talmente tanto positivo che mi è venuta voglia di revisionare un paio di capitoli.
Allora ho deciso di essere magnanima e pubblicare 2 capitoli al posto di uno solo XD.

Il prossimo capitolo dura più di 1500 parole, che faccio lo divido in due capitoli corti? (penso di no, in ogni caso)

Dalla qui presente è tutto, alla prossima!

Healing us ~ Hwang HyunjinWhere stories live. Discover now