Capitolo 1: New Island

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Yevgeny era seduto all'interno della cucina, circondato da cuochi rinomati che si affaccendavano e correvano da una parte all'altra. Aveva le mani poggiate sulla sua testa pelata, piegato in avanti, mentre cercava di trattenere le lacrime di tensione. Era appena caduto un piatto, e nella piccola ma moderna stanza del ristorante erano già iniziati a volare insulti di ogni tipo. Un inserviente venne a ripulire il macello causato dalla caduta di quel pregiato pezzo di porcellana. Normalmente, Yevgeny si sarebbe unito alla discussione, ma quel pranzo lo stava facendo uscire fuori di sé. Dopotutto, non capitava tutti i giorni di ospitare i Presidenti di Francia e Federazione Russa nel proprio ristorante, sotto gli occhi dei media mondiali.

La porta della cucina si aprì di scatto. Kirill si fece strada camminando con fare scattante ed ansioso, preso dalla fretta. Continuava a spronare i cuochi affinché si sbrigassero con la preparazione dei pasti. Messo a disagio da tutto questo gridare, Yevgeny si alzò dalla sedia dove sedeva e si diresse verso Kirill.

"Ma che cazzo gridi, testa di minchia? Su quella sponda ci sono i media di tutto il mondo, e tu gridi come un forsennato! Vuoi forse metterci alla gogna davanti alla Terra intera?"

"Yevgeny, tra meno di un'ora avremo il Presidente della Federazione Russa ed il Presidente della Repubblica Francese seduti a quel tavolo lì, e siamo indietro con il lavoro. Dopotutto, come fanno a sentirci? Le finestre sono chiuse"

"Le finestre sono aperte, razza di idiota? Ma non lo senti il caldo che fa qui dentro?"

Arrivato già al limite della sopportazione, Yevgeny uscì dalla cucina, per cambiarsi, in quanto, dopo aver passato quasi due ore lì dentro, puzzava molto di cucinato.

Arrivato all'interno dello spogliatoio dei dipendenti, si sfilò il camice bianco e la maglietta sudicia che teneva sotto. Si sciacquò le ascelle, applicò del deodorante, e si vestì di tutto punto. Una giacca nera, su dei pantaloni lunghi e sempre neri, con una camicia celeste chiaro ed una cravatta grigia. Controllò che i pochi capelli che aveva ai lati della testa fossero ben tagliati. Erano perfetti. Si spruzzò addosso dell'acqua di Colonia, e finalmente uscì, mentre si sentivano già in lontananza le sirene del convoglio presidenziale che si avvicinavano. Gli schiamazzi in cucina erano finiti, e nell'intero ristorante si sentiva solo il rumore dello sfrigolio delle padelle. Si affacciò da dietro alla finestra del piccolo ristorante su nave mentre le limousine presidenziali facevano uscire, scortati da diverse guardie del corpo, il Presidente russo, Vladimir Putin, ed il Presidente francese, Jacques Chirac. Il tavolo apparecchiato, con una bellissima tovaglia di lino bianco, italiana, ricamata con dei pizzi artigianali. Le posate d'argento, i calici di cristallo. Candele profumate. Tutto doveva essere perfetto. Questa volta sarebbe stata la volta in cui Yevgeny Prigozhin avrebbe fatto vedere a tutti i suoi avversari che aveva trovato il suo business, ed era solo il suo, perché ci avevano pranzato due presidenti.

Due uomini di grossa stazza, vestiti di nero, aiutarono i presidenti a salire sulla passerella che portava sulla barca. Furono seguiti da un buon numero di importanti membri del governo francese e russo. A Yevgeny mancò un battito quando venne i due uomini, che discutevano tra di loro, avvicinarsi verso di lui.

"Buongiorno, Signori Presidenti Putin e Chirac. Benvenuti al New Island. Prego, seguitemi". Dovette trattenersi con tutto sè stesso per non vomitare mentre diceva quella frase. Vladimir lo fissava con uno sguardo intenso, scrutandolo. Due camerieri lo aiutarono a far sedere tutti gli ospiti attorno al grande tavolo. Si sentivano ancora gli schiamazzi delle televisioni mondiali e dei giornali fuori dalla porta, mentre la nave si distanziava dal piccolo molo ed iniziava il suo giro sulle acque del Neva.

Prigozhin elencò il menù preparato appositamente per loro con le materie prime migliori sul mercato. Putin sorrise, sentendo che tra i primi preparati dalla cucina c'era anche la ucka, la zuppa di pesce tipicamente russa. Chirac non appariva particolarmente interessato alle prelibatezze, e continuava irrequieto a cercare di attirare l'attenzione del presidente russo per riportarla sull'importante affare petrolifero che avrebbero dovuto firmare.

Appena finito, Yevgeny si precipitò in cucina per prendere i piatti. La paura e la tensione avevano lasciato spazio alla voglia di fare ed allo spirito imprenditoriale che lo contraddistinguevano. Prese un carrello d'acciaio e ci poggiò sopra i piatti, rischiando di farne cadere uno per metterli tutti in una volta, e fare tutto da solo. Ne furono ben contenti i camerieri, che si andarono a sedere in cucina.

Yevgeny uscì dalla cucina con un'espressione amichevole, ma allo stesso tempo seria. Voleva esprimere professionalità e fare possibilmente colpo sul presidente russo. All'interno dei circoli del business della ristorazione, infatti, circolavano voci che dicevano che il governo russo avesse bisogno di cambiare i suoi contratti per la ristorazione degli ufficiali governativi. Iniziò a poggiare i piatti davanti ai suoi illustri clienti. Molti lo ignorarono e continuarono a parlare tra di loro. Quando arrivò davanti a Putin ed a Chirac, porse il piatto a quest'ultimo, che lo ringraziò in perfetto russo. Yevgeny rimase sorpreso dalla fluenza del presidente francese, noto per essere conservatore e restio nella comunicazione non francese, ma non lo volle dare a vedere per non mettere a disagio Jacques. Putin gli sorrise e lo ringraziò.

Passarono diverse ore, durante le quali la nave fece sosta davanti ad alcuni dei più famosi monumenti di San Pietroburgo, come il monumento ai combattenti della rivoluzione, e le tantissime colonne dedicate a scrittori, poeti, militari e politici del passato. Passando davanti al primo di questi, a Jacques tornarono in mente molti ricordi, tra cui il suo passato nel Partito Comunista Francese.

Ogni ora che passava, nella testa di Yevgeny, era un'ora di stress in meno. Kirill era rimasto in cucina tutto il tempo, a coordinare il lavoro dei cuochi.

A fine pasto, gli ospiti si alzarono e si diressero verso l'uscita. Putin era l'ultimo della fila. Yevgeny si era posizionato vicino alla porta e stringeva la mano ad ognuno dei commensali. Infine arrivò il momento di salutare formalmente anche il suo presidente, che gli si posizionò davanti e gli strinse la mano. Yevgeny restò molto sorpreso quando poi gli mise anche una mano sulla spalla.

"Hai un bel ristorante" gli disse Vladimir.

"Grazie mille, Signor Presidente". Dovette faticare per non balbettare.

"Puoi chiamarmi Vladimir".

E se ne andò.

Appena se ne andarono i media, anche tutti gli impiegati del ristorante iniziarono ad uscire. Quella sera, il New Island sarebbe stato comunque aperto, soltanto con altri cuochi, altri camerieri, ed altro personale. Coloro che avevano lavorato a pranzo erano troppo estenuati per poter affrontare un altro turno di lavoro

Yevgeny uscì e salì sul piccolo molo di legno, con le gambe che ancora gli tremavano, Erano le sei di sera. Iniziò ad incamminarsi verso casa. Prese l'autobus e scese poco dopo. Schiavò la porta della sua villetta ed entrò. C'era il solito silenzio tombale. Chiuse la porta e si diresse verso la dispensa, dalla quale prese un decanter di cristallo con dentro del whisky, se ne versò un po' in un bicchiere di carta, e lo bevve tutto d'un sorso. Aprì il frigorifero e tirò fuori del salame. Lo mise tra due fette di pane, con un po' di maionese, e mangiò. Buono.

Si sedette sul divano ed accese il televisore. Cambiò canale finché non si sintonizzò su Russia Today, e, mentre mangiava, vide le immagini ed i video del pranzo nel suo ristorante. Sorrise. Anche se era ormai un quarantenne, non era mai troppo tardi per tornare in carreggiata. E lo aveva appena fatto. Col botto. La grossa insegna del New Island era sul telegiornale più seguito di tutta la Russia, e probabilmente su molti altri canali all'estero. Iniziò a ridere. Si versò un altro bicchiere di whisky e lo iniziò a sorseggiare. Ripensò al livello di confidenza che Putin aveva avuto con lui. A quanto gli era piaciuto sentire il tocco della sua mano sulla spalla. A quanto gli piaceva la sua voce. Ed appena si rese conto di cosa stava pensando, cercò di eliminarlo dalla sua mente. Non poteva certo provare una cosa del genere per un uomo, figuriamoci per il Presidente della Federazione Russa! Ma più provava a non pensarci, e più quelle sensazioni riaffioravano nella sua mente. Spense il televisore, si alzò di scatto, e si attaccò al decanter mezzo vuoto, sorseggiando abbondanti quantità di liquore. Ci era abituato, ma ciò facilitò molto il suo tentativo di non pensare. Salì le scale, aprì la porta della sua camera da letto, si lanciò su di esso, si coprì e si mise a dormire, per difendersi da dei pensieri dai quali non poteva, però, fuggire.

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⏰ Недавно обновлено: Aug 26, 2023 ⏰

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