Capitolo 12

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Tobias

Sono sdraiato sul letto che la residenza ha messo a mia disposizione. Penso a quei momenti che ho trascorso con Uriah, alle prime volte in cui Zeke lo sgridava per essersi sporto troppo verso il Pozzo e lui, ignorando gli ammonimenti del fratello, si protendeva ancora verso il vuoto, facendo drizzare i capelli a Zeke.

Ricordo quando, durante la guerra, ho promesso a Zeke che avrei protetto Uriah con la mia vita. Ho stretto un patto con lui quel giorno, ma non l'ho rispettato. Non mi sono preso cura di lui come avrei dovuto.

A un certo punto, qualcuno apre di scatto la mia porta e illumina la stanza con una piccola torcia. È Tris. Si avvicina al mio letto, ma rimane a una certa distanza. Mi alzo a sedere e le sorrido, ma lei non ricambia il gesto.

-Ricordo vagamente qualcosa.- mi dice con una punta di risentimento nella voce. –Mi hai mentito. Non solo a me, ma anche a tutti i tuoi compagni. Hana ha perso suo figlio per colpa tua e tu non me l'hai detto. Me lo hai tenuto nascosto per cercare un tornaconto personale.-

Cerco di ribattere, ma la voce si rifiuta di uscire dalla mia gola, se non come un verso strozzato. Le lacrime mi iniziano a sgorgare dagli occhi, prima lentamente, poi sempre più veloci.

Lancio un urlo di frustrazione, che riempie presto tutta la stanza. Non volevo, non è stata colpa mia, continuo a ripetermi. Ma Tris mi guarda ancora infuriata, con le braccia incrociate sotto il petto.

Il mio urlo fa giungere anche Zeke e la madre Hana. Anche loro, però, mi guardano sprigionando faville dagli occhi. Hana piange il figlio perso; il dolore le impedisce di parlare. Imploro il loro perdono, ma Hana si gira dall'altra parte, trovando conforto tra le braccia di Tris. Zeke, invece, mi fissa con odio. Leggo nei suoi occhi il dolore immenso, ma anche tantissimo disprezzo.

-Vi prego.- li imploro, fissandoli tutti uno per uno. –Perdonatemi.-

Pian piano, però, Tris accompagna fuori Hana, non prima di avermi scoccato un'occhiata piena di rancore. Hana è troppo frustrata anche solo per reggersi in piedi e smettere di piangere. Zeke è l'ultimo a lasciare la stanza. Sembra non sentire le mie suppliche. Esce anche lui dalla stanza, lasciando il senso di colpa a uccidermi lentamente.

Mi sveglio di soprassalto, grondante di sudore. Mi guardo intorno con occhi pieni di paura. Sono nella stanza della residenza, ma intorno a me non c'è nessuno. È stato tutto un brutto sogno, ripeto a me stesso. Eppure ciò no affievolisce il dolore che ho nel petto.

Chiudo per un attimo gli occhi, mentre riaffiorano i ricordi del momento in cui ho informato Zeke e Hana di essere la causa della morte di Uriah.

Uriah è rimasto gravemente ferito in un attentato. Mi sento ripetere lentamente. C'è stata un'esplosione e lui si trovava molto vicino. È in coma da allora e non si risveglierà.

Non si risveglierà. Riapro gli occhi di scatto. È questo che mi distrugge. Non sono stato in grado di salvarlo. Ho lasciato che morisse, senza alzare un dito per proteggerlo. Mi getto sul letto, scoppiando a piangere, sperando che la frustrazione mi abbatta velocemente e smetta di lacerarmi pian piano.

Tris

Sono nell'ascensore di un enorme edificio che il mio cervello ricorda come Centro. Mi dice anche che è il più alto della città. Per questo ho preferito no fare le scale per arrivare al ventesimo piano. Sento la voce registrata contare lentamente tutti i piani, uno per uno.

Vicino a me, un ragazzo con i capelli neri e gli occhi verdi mi rivolge la parola. Sembra alquanto teso. –Sei pronta, sorella?-

Sorella. Ho un fratello, allora. Altre due persone prendono parte alla conversazione. Un uomo in tutto e per tutto simile a mio fratello, che suppongo essere mio padre, con il naso adunco e i tratti che mio fratello ha ereditato. Accanto a lui c'è una donna, simile invece a me. Mi sorride e le fossette che le si formano sulle guance la rendono ancora più bella di quanto non sia già.

-Pronta?- chiedo lentamente.

Mia madre annuisce. –Pronta per il grande giorno.-

Apro la bocca per chiedere spiegazioni, ma l'altoparlante ci informa che siamo arrivati al ventesimo piano. L'ascensore apre le porte e noi usciamo. Ci dirigiamo verso un'enorme sala divisa in cerchi concentrici, colma fino all'ultimo posto.

Mia madre mi poggia una braccio dietro la schiena e mi spinge in avanti, dove molti ragazzi della mia età stanno prendendo posto sulla fina più vicina al centro.

-Ti voglio bene, Beatrice. Qualsiasi cosa accada.- mi sussurra con un sorriso. Poi sparisce tra al folla, lasciandomi con mio fratello.

Ci dirigiamo verso i nostri posti e mi siedo accanto a lui, guardandomi intorno. La sala è formata da cinque settori, in cui prendono posto persone vestite in modo diverso a seconda del settore che occupano. I miei genitori, per esempio, si collocano tra persone vestite di grigio.

Mio fratello, intanto, mi prende la mano e me la stringe tanto da farmi male. Glielo lascio fare, notando nei suoi occhi l'agitazione crescere esponenzialmente. Poco dopo un uomo si avvicina al podio posto al centro della sala e richiama al silenzio, prima di iniziare a parlare.

-Benvenuti alla Cerimonia della Scelta.- invita l'uomo allargando le braccia, come per racchiudere simbolicamente tutti i presenti. –Io sono Marcus, capo della fazione degli Abneganti. Oggi siamo tutti qui per onorare la filosofia democratica dei nostri antenati e supportare i nostri ragazzi nella scelta della propria strada.-

Continua così ancora per un po', poi inizia a chiamare i ragazzi uno per uno. Il primo ragazzo si avvicina a un tavolo su cui sono poste cinque coppe di metallo, contenenti sostanze differenti. Prende un coltello, lo poggia sul palmo della mano e preme fino a farne uscire poche gocce di sangue, che fa cadere nella coppa contenente del vetro.

Mio fratello fischia sommessamente. -È  un trasfazione. La sua famiglia lo considererà un traditore.-

I ragazzi continuano così finché Marcus non chiama mio fratello. –Caleb Prior.-

Lui si alza lentamente e raggiunge il centro della sala. Anche lui pigia la lama del coltello sul palmo della mano e fa cadere alcune gocce in una coppa con dell'acqua. Mi guarda, implorando silenziosamente il mio perdono.

Registro questo momento nella memoria: anche lui ora è un trasfazione, esattamente come lo sarò io tra qualche istante. Ma lui sta chiedendo di perdonarlo non per questa scelta presa al momento, ma per qualcosa che farà in futuro e che cambierà per sempre le nostre vite.

Gocce di memoria (Divergent)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora