Capitolo 1

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Tris

Sono seduta con la schiena attaccata al muro di uno dei piccoli corridoi del Dipartimento, circondata da corpi esanimi di persone che hanno perso la vita semplicemente perché hanno fatto la scelta sbagliata. Mi rendo conto con un sussulto che la maggior parte di loro sono morti per causa mia. Ma io dovevo pur difendermi, in qualche modo. Difendermi... Mi ritorna alla mente il giorno in cui ho ucciso il mio amico Will per difendermi. Mi sembra che sia successo ieri, mentre ormai è passato moltissimo tempo.

Mi guardo intorno e vedo la Morte disseminata ovunque, dagli occhi vacui della gente a terra alle chiazze di sangue che si allargano man mano che trascorre il tempo. Non riesco a rallentare il battito del mio cuore, né a lasciare la pistola che sto stringendo tanto da farmi male. Probabilmente la mia mano è piena di tagli – dovuti alla presa ferrea che ho sulla pistola – ma non ho intenzione di allentare la presa.

-Tutto bene, Beatrice?- mi chiede mio fratello, facendomi sussultare.

Annuisco, più per convincere me che lui.

Lui annuisce a sua volta e fa per alzarsi, quando io, senza pensare, lo blocco tenendogli il polso. Lui mi guarda stupefatto: prima di intraprendere questa missione suicida, ci siamo presi un po' di tempo per salutarci a dovere – visto che lui deve sacrificarsi per il bene comune – ma non è facile dire addio a una persona che ami, soprattutto quando è l'unico membro della tua famiglia ancora in vita.

Dopo un momento di esitazione, Caleb mi sfiora la guancia con la mano libera e accenna un sorriso mesto. -Andrà tutto bene.- tenta di rassicurarmi.

Entrambi sappiamo che non sarà così: lui morirà per liberare il siero della memoria, mentre io, molto probabilmente, non riuscirò a uscire intera da qui. E Tobias? Pensare a lui mi fa stringere il cuore in una morsa dolorosa, ma cerco di accantonare la mia preoccupazione per lui e focalizzare l'attenzione su mio fratello.

Caleb. Il fratello maggiore che è sempre stato migliore di me. Caleb. Che non perdeva un'occasione per dimostrarsi un ottimo Abnegante. Caleb. Che ha voltato le spalle ai nostri genitori per passare dalla parte degli Eruditi. Caleb. Che è stato con Jeanine fin dall'inizio. Caleb. Che oggi deve morire.

Una lacrima mi solca il viso. Una piccola lacrima traditrice.

Non posso abbandonarlo, non posso permettergli di sacrificarsi per noi.

-Sai che non andrà affatto bene.- dico, cercando di mantenere ferma la voce.

Lui scrolla le spalle, apparentemente non interessato. Ma io so che non è così: è teso – molto teso – lo riconosco dalla sua mano tremolante, ancora appoggiata alla mia guancia.

Lui pare accorgersi solo ora di aver compiuto un gesto così azzardato e toglie di scatto la mano, infilandola in tasca.

Caleb si gira dall'altra parte, evitando il mio sguardo. Il tempo scorre veloce, ma a me sembra che si sia congelato. Ci siamo solo noi, come quando eravamo piccoli, dopo aver litigato. Solo noi due, pronti per fare pace.

Mi alzo velocemente, sentendo le gambe cedermi improvvisamente. Evito una caduta clamorosa solo perché mi tengo al muro.

-Resta qui.- lo supplico.

Caleb non si gira, ma sento i suoi nervi tendersi immediatamente.

-No.- si schiarisce la gola -Ho una missione da compiere.-

-Lascia che vada io al tuo posto.-

-Perché dovresti?-

-Perché ti voglio bene.-

Il mio è poco più di un sussurro, ma lui si gira velocemente e mi guarda finalmente negli occhi. Scorgo il guizzo di una punta di risentimento, dolore e solitudine. Me dura solo un attimo, quindi è probabilmente frutto della mia fantasia.

-Caleb...- dico, ma lui alza una mano per farmi segno di tacere.

Chiude per un attimo gli occhi e, quando li riapre, non vedo più il ragazzino di una volta. Vedo un uomo, determinato a portare a termine ciò che ha iniziato. Il suo viso è stanco e sembra più vecchio di quanto sia realmente.

-Anche io ti voglio bene. È proprio per questo che devo farlo io. Me lo merito.-

Sto per ribattere, quando lui mi abbraccia di slancio, lasciandomi senza fiato. Lo sento singhiozzare sulla mia spalla un paio di volte e lo stringo con tutta la forza che mi rimane, aggrappandomi a lui come se potesse tirarmi fuori da quest'incubo che sto vivendo.

Alla fine Caleb scioglie il nostro abbraccio e, a malincuore, lo vedo allontanarsi verso il Laboratorio Armamenti senza voltarsi. Quando sparisce oltre il corridoio, mi accascio lentamente contro il muro, mentre un'altra lacrima scende sul mio viso. Non ho la forza di asciugarla, né di alzarmi. Ho perso mio fratello. Ho perso la mia famiglia. Ora posso contare solo su Tobias.

Caleb

Erano mesi che non provavo un sentimento del genere. Avevo dimenticato cosa significhi amare ed essere amati. Percorro il corridoio che mi porterà nel Laboratorio Armamenti come un automa, senza riflettere davvero a ciò che sto facendo.

Destra. Sinistra. Sinistra. Destra. Destra.

Svolto per l'ultima volta e vedo la targhetta con la scritta Laboratorio Armamenti. Il mio cuore fa un guizzo, ma non ho intenzione di abbandonare tutto proprio adesso. Credevo di essere come Jeanine, capace di vivere da solo e senza rimpianti.

Ho scoperto che non è così. Quando, poco fa, ho salutato davvero per l'ultima volta mia sorella, mi sono reso conto di non poter sopportare altro dolore. Così me ne sono andato velocemente, sperando che Beatrice non mi vedesse piangere.

Ora sono qui, davanti alla porta. Faccio un respiro profondo e tiro fuori il detonatore e l'esplosivo dallo zaino. Lo appoggio contro la sbarra sulla porta e lo blocco abbassandone i ganci. Mi accovaccio dietro una delle porte che Nita ha sfondato precedentemente e premo il pulsante del detonatore, coprendomi le orecchie.

Il boato dell'esplosione mi fa rimanere intronato per mezzo minuto. Quando mi decido finalmente di alzarmi, sento alcune persone correre verso di me. Mi giro appena in tempo per notare che sono guardie e mi butto da un lato, evitando di essere colpito dai loro proiettili.

Intuisco che sono in due. Tiro fuori la pistola dai pantaloni con mano tremante e faccio un respiro profondo, stringendo l'arma con entrambe le mani. Ho paura. Paura di non riuscire a portare a termine la mia missione. Paura di deludere ancora una volta Tris e, indirettamente, i miei genitori. Del resto sono morti per salvarci e io devo loro la vita.

Sparo senza pensare veramente a ciò che sto facendo. Due colpi vanno a infrangersi contro una porta a vetri di un laboratorio adiacente, mandandola in frantumi. Ho guadagnato un po' di tempo per riprendere fiato. Mi sporgo lentamente, tornando subito a nascondermi sentendo un proiettile sfiorarmi la faccia.

Respiro profondamente  e cerco di ricordarmi i consigli che mi ha dato Tris: prendere la mira, sparare.

Ora non mi sembra più tanto semplice. Ma esco comunque dal mio nascondiglio, sparando prima alla cieca e poi prendendo la mira. Il proiettile di una delle guardie mi si conficca nella spalla, ma l'adrenalina è più forte del dolore e riesco a uccidere entrambe le guardie, prima che siano loro a farmi fuori.

Gocce di memoria (Divergent)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora