Una chiacchierata in un vicolo

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SENTENDO pronunciare il suo nome, il vecchio si voltò.

A chiamarlo era stato un tizio, nascosto nella penombra del vicolo sporco e maleodorante che costeggiava il bar dal quale era appena uscito. Sulle prime non lo riconobbe. Eppure sarebbe stato impossibile, data la mole della figura che occupava parte della via. Poi, appena i suoi occhi si furono abituati alla semioscurità, capì di avere di fronte il proprietario del locale.

"Ascoltami" prese a dire il vecchio, quasi stesse cercando una giustificazione. "Quella bottiglia l'ho pagata per metà. Adesso non ho altro con me, perciò dovrai aspettare. Lo so, te lo ripeto ogni volta, però..."

"Lascia perdere" lo interruppe il tale. "Volevo solo avvisarti che cercano uomini, giù alla miniera. Uomini che non hanno paura di sporcarsi le mani. Né di spezzarsi la schiena. Tu sembri il tipo adatto. Che ne dici?"

"Io?" ribatté il vecchio. In quel momento scorse un particolare che, sulle prime, non aveva notato: il punto rosso del sigaro che l'uomo teneva in bocca, di tre quarti, e gli anelli di fumo che volteggiavano fino al lampione, dove un nugolo di moscerini girava senza sosta. "Ma se a stento riesco a reggermi in piedi."

L'altro lo contemplò per una frazione di secondo, immobile nella sua fissità. Dopodiché avanzò, lento, spostandosi su gambe simili a tronchi, barcollando come una nave in tempesta, minacciando costantemente di capovolgersi con tutto il suo carico.

"Può darsi" disse. La sua voce sembrava contenere traccia di ironica malizia. "Almeno potresti guadagnare un bel gruzzoletto" Quindi si fermò a pochi passi dal suo interlocutore e si schiarì la gola, sputando sul selciato una generosa dose di catarro.

"Pagano bene?" s'informò il vecchio.

"Abbastanza da saldare i tuoi debiti" rispose il gigante. "E sono certo che ne avanzerebbe anche per te."

"E sai quanto?"

"No. Però gira voce che siano alla ricerca di una vena d'oro. Oro, capisci? Chissà, magari non è vero..."

Le ultime parole non vennero registrato dalla mente del vecchio. D'istinto fece uno scatto per fronteggiare l'uomo che gli troneggiava davanti. Sotto la luce del lampione vide il suo viso tondeggiante, pieno di rughe e con un'incipiente calvizie che si andava allargando sulle tempie. Infine il suo sguardo si soffermò, senza un motivo apparente, sulla massa carnosa che aveva al posto del naso. Lo colpirono soprattutto la fitta rete di capillari che l'attraversavano come una ragnatela.

"Sono storie" ripeté il barista, proferendosi in un sorriso sardonico. "Te l'ho detto, cercano gente. Non importa l'età. Vogliono persone che lavorino duro e facciano quanto gli venga ordinato."

Gli occhi dell'uomo si dilatarono. La pelle magra del viso si contrasse sulle ossa in una parodia di quello che doveva ricordare un sorriso. I denti brillarono nella sua bocca, storti e velati da una patina di sporcizia. "E io sono il tipo che fa per loro!"

"Ma non avevi detto di non riuscire a reggerti in piedi?"

"Avrai sentito male" replicò lui. Reclinò la testa all'indietro e scoppiò in una risata secca e rugginosa. Tossì un paio di volte, passandosi la mano sul mento ruvido per asciugarsi un rivolo di saliva che gli era colata giù per il mento.

A quel punto anche il barista iniziò a ridere, le guance penzolanti ai lati del volto come due stracci vecchi. Tornò sui suoi passi, canticchiando una canzonetta oscena su come alla figlia del pastore piacessero fare certe cose.

Il vecchio lo vide sparire, così come era venuto. Per un attimo pensò che la sua fosse stata solo una visione. Magari a causa dei fumi dell'alcol. Ma quando lo sentì ridere di nuovo, ormai immerso nell'oscurità della notte, sorrise anche lui, pensando ai soldi che avrebbe potuto guadagnare e, soprattutto, al segreto che si vociferava custodisse la montagna al suo interno.

IL MINATOREWhere stories live. Discover now