Ricchezza E Povertà

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La camera di Reginald, al secondo piano di quello che a buon dire si poteva chiamare castello, era un tripudio baroccheggiante di forme e colori. A partire dalla porta di marmo, una lunga venatura cremisi scorreva fino alla finestra, al lato opposto della stanza. I muri, di un bianco candido come la neve, erano tappezzati con gigli dorati che salivano in linea orizzontale per poi interrompersi bruscamente su un soffitto completamente affrescato, che rappresentava una riproduzione dei "Quattro Continenti" di Rubens. Poggiata alla finestra, riposava una libreria completamente piena di libri di ogni genere, argomento, forma e dimensione. Infine, a non molta distanza da essa, vi era un tavolino corredato da due poltroncine.
Reginald sedeva dando le spalle al muro sinistro, tenendo le mani giunte in attesa e la gamba sinistra accavallata ad angolo retto sulla destra. Dietro il paio di occhiali fini che gli coprivano gli occhi, sembrava essere in atto uno smanioso viavai di pensieri. Alzò la testa, per guardare l'avversaria che aveva davanti.
Una ragazza, di un anno più piccola di lui, teneva l'indice vicino al mento, avvicinando l'unghia bianca alle labbra marroncine. I boccoli biondi scendevano dolcemente verso il basso, toccando il corpetto. Cercava la mossa giusta da fare, fissando la scacchiera poggiata in mezzo ai due.
- Eddai, non posso fare nulla. Sono bloccata tra la regina e il tuo cavallo -
Reginald ridacchiò.
- Lo so, l'ho fatto apposta. Allora Talia: me la dai vinta? -
La ragazza fece un broncio dolce, non di rabbia, ma di un offesa lieve, spostando il labbro verso sinistra e abbassando le ciglia. Il ragazzo, si mise in piedi, si stiracchiò e andò a passi lenti verso di lei. Quando Talia alzò lo sguardo, si trovò davanti la guancia del ragazzo.
- Non ti darò un bacio -
- Be' il patto era questo, no? Io vincevo e tu mi davi un bacio -
Talia fece un sospiro e si avvicinò con le labbra alla guancia. Poi, dalla stanza, un rantolio leggero, a causa del morso che Reginald si era appena beccato e che lo aveva fatto ruzzolare a terra.
- Ma cosa fai!? -
- Be, me lo hai chiesto tu un bacio, no? -
- Un bacio, mica un morso! -
Talia sorrise e, avvicinatosi all'orecchio del ragazzo, gli sussurrò: - Ricordami questa frase quando mi lasci i succhiotti -
Il ragazzo si imporporò di colpo, nascondendo la faccia dietro le mani. Ora che Talia, messasi in piedi, vedeva il ragazzo, poteva squadrarlo chiaramente: i capelli bianchi si ingiallivano pian piano a contatto con la luce della finestra. Indossava un abito elegante, un panciotto nero con camicia bianca in sottofondo. Al collo pendeva una collana con un cuore cavo all'interno. Solo Talia poteva vederla e ne conosceva il contenuto. Rimase un attimo a fissarla, ma il ragazzo, a sua volta, la guardava attraverso gli occhiali.
- Perchè mi fissi come un ebete? -
- Sei bellissima -
- Lo so, ma non risponde alla mia domanda - disse semplicemente Talia, ora inginocchiatosi come si fa quando si deve ascoltare un sussurro dalle profondità della terra.
- Perchè mi fissi? -
Reginald guardò la ragazza in quei profondi occhi azzurri, quasi sperasse si potesse perdere. Si limitò ad allungare le mani coperte dai guanti di pelle e a prenderle le guance, per poi darle un veloce bacio sul naso.
Stavolta fu Talia ad arrossire, ad alzarsi di colpo e fare qualche passo indietro.
- S-stupido -
- Non ho mai brillato per intelligenza, questo poco ma sicuro - rispose Reginald spolverandosi l'abito.
- Quando hai detto che tornano i tuoi? - chiese Talia tornandosi a sedere.
- Tra un mese. Ho casa completamente libera, per tutto il tempo -
Questo era uno dei tanti vantaggi dell'essere un nobile: l'avere una casa grande ogni qualvolta lo voleva, tanto i suoi erano fuori quasi sempre. C'erano solo quando erano successi guai o quando si dovevano celebrare successi, il minimo indispensabile. Forse per questo vedeva in Talia, ragazza trovatella figlia di un milite disperso, la fidanzata ideale. Si erano conosciuti ad un locale dove vendevano Tacos, un luogo poco nobile, ma sicuramente adatto per lavorare a un progetto di classe. Poi, il loro rapporto era migliorato ancora di più quando, entrambi, decisero che era il caso di entrare nell'Hana. Una cosa che avevano in comune era, sicuramente, il senso di giustizia: l'idea di contribuire all'ideale di un mondo migliore, unendosi a quello che i media descrivevano come un "gruppo di eroi privato", li attirava oltre misura. Certo, qualcosa di negativo si diceva: che quel gruppo, in realtà, fosse composto da terroristi, da uomini che sfruttavano i propri poteri col solo fine di far piombare il mondo nelle tenebre. Eppure, l'uomo che li aveva accettati, sembrava tutto tranne che un terrorista, più un agente alto e dai capelli color platino, con il lato della bocca sfregiato e la mano sinistra fasciata. Avevano parlato a lungo, più di quanto Reginald si fosse aspettato. Poi l'uomo, che disse di chiamarsi Smith, si alzò.
- Vi faremo sapere -
- Entro quando? - aveva chiesto Talia, tenendo le braccia conserte in muta attesa.
- Lo scoprirete - detto questo, se ne era andato, non facendosi sentire per due mesi. Reginald pensava di essere stato rifiutato e, all'idea, si disegnò sul volto una smorfia di piena insoddisfazione.

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⏰ Last updated: Jan 31 ⏰

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H.A.N.A.🌺Where stories live. Discover now