33 L'inferno non va bene per Sebastian Baker.

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Alto, Cristo, era ancora alto come me. Quando cazzo avrebbe smesso di respirare? Quando?

«Sì, ne sono stato informato. Hai trovato i soldi per restituire ai russi quanto dovuto?»

Inghiottii. «Sì, li ho trovati. L'accordo è preso e tu lo sai bene.»

Mi osservò, con il chiaro intento di indurmi ad abbassare gli occhi. Non lo feci, anche se avrei voluto.

«Allora perché sei ancora qui?»

«Andrò via quando avrò finito.»

«Cos'altro devi fare?»

«Non sono cazzi tuoi.»

Mi prese per il colletto della camicia ed ebbi la conferma che le sue mani non avevano perso di forza. Mi aggrappai alla consapevolezza che io, invece, di forza ne avevo acquisita. Tanta. Ma gli lasciai i suoi trenta secondi di dignità. Non gli era rimasto molto altro da alimentare.

«Sono sempre cazzi miei, stronzetto.» Non ebbi bisogno di muovermi, né di minacciarlo. Mi lasciò andare subito, non ancora così rincoglionito da pensare davvero di potermi piegare anche da adulto con l'uso delle mani. O dei piedi. O della cintura. O di qualunque cosa potesse avere a portata di mano.

«So che hai concluso un affare a Milano.»

Non gli avrei detto un cazzo. Mai. «Sì. È così. Roba lecita.»

«Ha a che fare con i Volkov?»

«No. Nè con i Volkov né con te.»

Era nervoso, dubbioso. Quando mio padre era così, era anche pericoloso.

«Sei qua per quella stronzata di Matteo Gessi? Sono otto anni che fallisci, Trevor. So che qui ha avuto origine El Diablo. Che cosa cazzo ci fai in questo buco italiano?»

Sentivo l'odore del Macallan nel suo alito. Ero così vicino che ebbi la tentazione di spaccargli i denti con una testata. E infierire sul cranio. E poi sul resto. Mi ero chiesto spesso cosa sarebbe successo se avessi ucciso mio padre. Gli scenari erano molti, e alla fine avevo sperato morisse per i cazzi suoi.

«Faccio ricerche su Matteo Gessi. Non ho trovato niente.»

«E la rossa? Che cazzo ci fai con quella?»

«Ci scopo, Sebastian.»

Mi osservò e io mi concentrai per non muovere un muscolo.

«La nascondi qua?»

«No.»

Pregai che Lea non si svegliasse, perché se si fosse svegliata mi sarebbe venuta a cercare, trovando mio padre.

«Mi risulta tu abbia ospiti.»

«Capita che ne abbia. Dovrei scoparla su un marciapiedi?»

Non sarei riuscito a sostenere quella guerra di sguardi ancora per molto. Potevo finalmente batterlo a suon di cazzotti, ma mai l'avrei battuto a colpi d'arrogante supponenza.

«Quindi è un caso che tu te ne vada in giro con la figlia di Matteo Gessi.»

«Non ci vado in giro. Ci vado a letto. Sei venuto da Londra perché hai paura mi lasci dietro un marmocchio illegittimo come hai fatto tu?»

Si passò la lingua sulle labbra e l'immagine mi suscitò un certo ribrezzo.

«Sono venuto da Londra per scoprire cosa cazzo mi nascondi.»

«Me. Sta nascondendo me.»

Lo sguardo di mio padre si alzò, posandosi oltre le mie spalle. Riconobbi quella voce che arrivò da dietro e ne fui prima sorpreso e poi sollevato.

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