Capitolo 3

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Calix le aveva raccontato una volta che le ombre non esistono. Che questo tipo di magia non la si vede dai tempi della Gunda: la guerra avvenuta ancora prima della sua nascita. Quando tutti i regni si erano uniti le forze per combattere con la propria forza e il proprio sangue contro l’impero del re Erebus, colui che portava un’enorme odio nei confronti di Olysseus in quanto abbia ottenuto il massimo potere dalla Dea Alyona, la dea della luce e del fuoco. Pochi erano coloro che stavano dalla parte del re e nonostante le grandi forze armate e magiche di suo amico - diventato nemico con la guerra – riuscì comunque ad ottenere il potere e vincere di fronte a qualsiasi ostacolo di Olysseus. Rivendicandosi uccidendo colui che un tempo riteneva fratello.
       <<Questo aereo mi porterà sopra il tuo castello un giorno.>>
       Il vento sferzante d’estate stordì l’eco della voce profonda dell’amico, ma che arrivò alle sue orecche come tonfi d’acqua fredda dopo aver passato la seconda notte insonne nel letto del castello. Cosa che le fece volar via l’attenzione e la massima concentrazione sul porto mercantile con il quale vivevano le persone come Alastair.
       Dove l’Erast viene chiamata casa da coloro che non abitano nei castelli e dove ogni essere vivente gira in piena libertà tra gli alberi e le foreste senza la restrizione di qualche regola stupida o inutile restrizione.
       Alastair le stava mostrando la sua prima invenzione tridimensionale che iniziò a costruire facendone uso del potere che gli è stato dato come dono. Un aeroplano incompleto, a cui mancavano le ali, i sedili e il pilota. Uno che aveva soltanto la superficie della sua base e le piccole scalinate che servivano per salire e scendere.      
       <<Quando Zelda deciderà di farmi diventare granduchessa, potrai passarci numerevole volte.>> Rispose lei, prendendo dal tavolo di scultura gli stessi pugnali che usano per esercitarsi a combattere.
       Alastair si è sempre offerto di insegnarle a combattere, in quanto capo dell’esercito reale, per l’autodifesa contro il nemico in quanto il potere degli dei le è venuto a mancare sin dalla nascita.
       <<E preparati>> Disse. <<La nostra amata granduchessa mi cederà il posto appena le dimostro di essere abbastanza degna del trono facendo fronte alle maliarde durante la Festa della Requie.>> Lo guardò con sguardo divertito, intanto che il ragazzo arrottolò le maniche e slegò i laci della camicia invecchita, mentre il vento gli scompigliò i capelli biondi come fili d’oro sotto i raggi scottanti del sole.
       Passò l’indice sulla punta della lingua mettendo della saliva sopra il taglio che si aveva procurato in seguito alla frammentazione  dei rametti, poi alzò lo sguardo verso di lei e prese l’arma dalle sue mani. <<Non ti stanchi mai di allenarti, è così?>>
       Si.
       L’allenamento per Meira ormai è diventato una routine di vita, senza della quale non riuscirebbe a sopravvivere.
       <<Avrò tempo di farlo quando ritornerà l’odio tra le grandi potenze e la guerra sarà in piena scofitta.>> Rispose quasi convinta che quello che stava dicendo sarebbe diventata realtà. E che tutti di questo posto e di tutti gli altri imperi saranno privati dalla libertà di vendere quello che coltivano, di sfruttare le terre a favore dell’interesse della collettività e di girare liberi per regni e castelli. Perché in qualche modo, dentro di lei sentiva che questa tranquillità tra le isole e gli imperi non sarebbe durata a lungo.
       <<Di che tipo di guerra stai parlando?>> Corrugò la fronte, nascondendo i suoi occhi azzurri come il cielo sopra di loro. <<Viridian ormai è libera da ventidue anni!>>
       Lo sapeva, ma era proprio questo motivo che non la faceva dormire la notte. Viridian è sempre stato un posto di felicità e spensieratezza, dove nessuno aveva paura che da un giorno all’altro potesse trovarsi davanti al nemico e per Meira è arrivato il momento di farlo. A tutti i costi deve andare nel bosco e far sì che la sua invasione nel rito delle streghe accada innosservato.
       <<Alastair. Ti ricordi quando eravamo piccoli e avevamo paura di aver aquisito il potere delle ombre che tutti temevano?>>
       <<Per fortuna gli dei mi hanno scelto per la manipolazione delle armi.>> Si vantò sorridendo. <<Aspetta. Questo è il tuo potere?>> Ne rimase sorpreso.
        Se fosse così, Meira avrebbe lasciato che sia Alastair a scoprire il potere che avrebbe avuto, perché in qualche modo fece anche lui: Quando aveva ricevuto il suo dono, Meira era lì. E fu stata sempre lei a farglielo notare.
       Erano al lago Linerock non troppo lontano dal mercato quando Alastair stava uscendo dall’acqua dopo aver pescato per la prima volta a mani vuote. Quel giorno fu mandato fuori di casa per aver fatto cadere la scultura di cristallo al quale il padre aveva lavorato per consegnarlo al castello dell’impero Fedrine. E dopo l’accaduto, suo padre non lo voleva vedere per tutto il resto della giornata e quindi fu dovuto arrangiarsi da solo per il pranzo.
Ricorda come se fosse oggi il momento in cui Alastair fece cadere nell’acqua di nuovo il pesce e nel tentativo di trovarlo, Meira aveva notato un disegno sulla sua schiena. Una specie di tatuaggio che mostrava due spade incrocciate, la cui lamina veniva evidenziata da una striscia verde, quasi sebrò un laser che si fermava esattamente in punta dell’oggetto.
       E non importa se lei non ha nessun potere, perché le basta che Alastair abbia trovato la sua meta e che ne sappia fare ben uso del potere con il quale è stato benedetto.
       <<No. Ma credo di averle viste.>> Soffiò via una ciocca di capelli che scivolò dalla sua treccia e mise le mani in vita.
       Non sapeva se il ragazzo fosse rimasto scioccato dalla notizia oppure stava cercando di trattenere una lunga serie di risate che l’avrebbero messa in imbarazzo.
        <<E com’erano?>> Cercava in tutti i modi di sembrare serio e si morse il labbro inferiore ricordandosi di stare il più serio possibile. <<Volavano per caso?>>
       Lei restò seria. Non era una cosa divertente il fatto che le ombre, quelle che hanno ucciso mettà della popolazione nella guerra e che hanno diviso le terre tra di loro, fossero ritornate.
      Roteo gli occhi verso il cielo e serrò lo sguardo quando notò quello che sembrava essere un macello di corvi. Diede una pacca sulla spalla ad Alastair che radrizzò la schiena smettendo di ridacchiare e si girò verso i volattili che si avvicinarono sempre di più a loro.
       Un’insieme di ali che sbattevano nell’aria e tanti beccucci dai quali uscivano suoni graccheschi. Erano cento o forse mille corvi che volavano alla velocità del fulmine sopra il campo di grano e facevano cadere dai loro artigli dei sassolini affilati come il pugnale che tenevano ancora in mano.
       Prese la mano ad Alastair e correvano insieme quando un sassolino colpì la sua fronte e un altro ancora la testa del ragazzo dietro a lei.
       <<Ci stanno seguendo, Alastair!>>
       Si stavano avviciniamo ad un pagliaio e il ragazzo tolse in velocità interi fuscelli cercando di fare spazio al suo interno senza però distruggerlo del tutto. <<Qui dentro.>> Disse, lasciando entrare lei per prima, dove si accovacciò facendo spazio anche per il suo amico.
       Calmò il respiro mentre Alastair strofinò le dita tra i suoi capelli aggrovigliati.
       <<Da quando a Viridian ci sono così tanti corvi?>> Chiese in preda al terrore ma poi, il suo sguardo si spalacò. <<Tua zia mi ucciderà per questo.>>
       Si mise in ginocchio davanti a lei e con le sue dita lunghe controllò la zona del piccolo grafio sulla sua fronte. Sputò della saliva sul manico della sua camice in lino e cercò di pulire il sangue che stava fuori’uscendo dalla ferita, quando Meira colpì la sua mano allontanandogliela il più lontano possibile dal suo viso.
       Il quale disse: <<Dimenticavo fossi una principessa.>> Uscì dal pagliaio guardando direttamente verso il cielo e controllò che i corvi se ne siano andati dopodiché, quando fu sicuro che se ne fossero andati via - da gentil’uomo che è - le rivolse la mano aiutandola ad alzarsi in piedi.
       Avrebbe dovuto prevederlo.
       Questo poteva essere l’inizio del maleficio dell’anello e Meira non poteva permettersi di coinvolgere in questa facenda anche i suoi cari, perciò decise di parlare. <<Ascoltami All, non venire al castello in questi giorni.>>
        Alastair la seguì quando ella si mise a camminare a passo svelto verso là dove aveva lasciato Liberace e prima di continuare a dire altro, fece attenzione ad essere da soli evitando orecchie indesiderate che li ascoltino.
       <<Ho rubato qualcosa dalla foresta.>> Confessò. <<Ophir l’ha fatto, ma la maledizione sembra colpisca soltanto me.>>
       Ora gli era tutto chiaro.
        La sua fronte si corrugò sotto la luce delle variegate lentiggini sparse su tutto il suo viso, mentre Meira prese le briglie di suo cavallo, pronta ad andarsene prima che arrivasse il buio.
       Doveva essere già al castello per prepararsi e stare chiusa in camera  sua mentre tutto il castello potrà omaggiare la Festa della Requie.
       <<Se avrai bisogno di me, manda qualcuno.>> Concluse e lui annuì in completo silenzio.

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