Un crack molto brutto provenì dalla mia mano e mi riportò alla realtà: il muro era coperto di sangue, mi ero spellato le nocche a furia di prenderlo a cazzotti, e di certo mi ero rotto il polso. Sapevo di stare piangendo, ma poco importava...non potevo scendere più in basso di così.

"È stata colpa tua lo sai vero? Avresti potuto fermarlo, e invece? È andato a disinnescare quella bomba ed è morto!" Mi ricordò la voce.

Ancora più rabbioso caricai per tirare un altro pugno, pieno di rancore, odio e disperazione contro il muro, ma Agnese mi fermò:<<Sirio basta così!>> mi disse con voce disperata, prendendomi il braccio con entrambe le mani, per impedirmi di continuare a farmi male. Tutta la mia rabbia si concentrò su di lei, che aveva bloccato la mia furia, non mi avrebbe fermato con le sue belle parole. Avevo paura volesse sapere, avevo il timore che non avrebbe capito cosa stavo passando e cosa provavo, anche se io non volevo provare più niente.
La afferrai con la mano buona a mia volta per il braccio, costringendola a una smorfia di dolore. LEVATI!
In qualche modo dovevo allontanarla, non avrebbe capito....

<< ti ricordi....ahi....ti ricordi della cassapanca?>> mi disse di punto in bianco, con gli occhi lucidi.
Quale cassapanca? Di che cazzo stava parlando?
<<quella dove ti nascondevi da bambino....quando scappavi dalle suore...>> mi disse, sempre calma e serena, nonostante le stessi stritolando un braccio.
Ah, quella! Cosa cazzo centra?
<<visto che ti nascondevi lì dentro per non farti trovare, facciamo che quando non vuoi parlare di qualcosa, quello diventa un "argomento cassapanca", ok? Io non ti chiedo nulla e non voglio sapere nulla, solo tu puoi tirarlo fuori e parlarne, va bene?>> concluse, cercando di calmarmi e di rassicurarmi che non mi avrebbe torturato oltre.

Non avevo parole, nonostante le stessi facendo male, nonostante la mia rabbia e la mia reazione, quella condizione pietosa nella quale mi trovavo, lei stava comunque cercando di aiutarmi. Con questa consapevolezza, allentai la presa sul suo braccio. E ora? Che ne sarà di me? Avevo dato spettacolo della mia instabilità e....
Mentre questi pensieri si generavano nella mia testa, Agnese colse l'occazione per sfilarmi dal collo la sua sciarpa e bendarmi la mano, che era ridotta in brutte condizioni.
<<dobbiamo andare in ospedale, il taglio è profondo, hai perso un sacco di sangue stellina...>> cercò di parlarmi, di farmi reagire davanti alla mia condizione, ma io ero altrove. Era preoccupatissima, glielo leggevo nella voce!

Caddi in ginocchio, era finita, era tutto finito! Andrò in ospedale, mi faranno una perizia psichiatrica e finitò internato, chissà quando rivedrò la luce del sole, o sentirò il vento sulla pelle, o.......
<<Sirio! Hey!!! Guardami!>> Agnese prese le redini della mia situazione mentale, costringendomi con entrambe le mani a guardarla negli occhi:<<ascoltami bene: tu mi stavi aiutando con il trasloco, e ti sei fatto male, hai capito? Non ti lascio in un ospedale a marcire! Non è stata colpa tua.... ti hanno toccato in un punto così delicato, non hai potuto fare altro per difenderti...>> la dolcezza nella sua voce mi spezzarono.
Abbassai la testa sconfitto, non sapevo cosa fare, non sapevo cosa mi sarebbe successo, avevo solo la solita terrificante promessa di solitudine addosso, che Agnese cercava disperatamente di smentire.

Mi strinse a sè, con delicatezza, senza constringermi. Sentii la sua mano tra i capelli e i suoi baci ma i pensieri che avevo per la testa erano così contrastanti che non potevo godermi quell'affetto senza pensare che me ne sarei pentito.
<<VEDE DANNAZIONE!?!?! SE VUOLE CHE LUI SI FACCIA MALE, ALLORA PUÒ PURE CONTINUARE COSÌ, A METTERGLI IN TESTA RICORDI E COSE CHE NON HA!>> ci urlò Louis dalla porta.
Volevo dirgli qualcosa, era colpa sua se mi ero agitato così tanto, ma aveva ragione: ero pericoloso, ero instabile, non è normale una reazione così, finirò per fare del male ad.....

Agnese si voltò verso di lui con uno scatto, e con due occhi infuocati prese la prima cosa che si trovò sotto mano nel vicolo, ovvero un tubo di metallo lì per terra, e lo puntò contro Louis, con una rabbia e ferocia che non le avevo mai visto addosso:<< avvicinati a lui e ti spacco qualsiasi cosa tu possa avere tra le gambe!>>
Restammo entrambi di stucco, Louis provò a venire da me, ma lei non lo avrebbe fatto avvicinare tanto facilmente:<< È STATO LEI! Lei, brutto stronzo, è andato a stuzzicarlo e a torturarlo, nonostante le sia stato ripetuto più e più volte di piantarla.... se si avvicina a lui il giuro che la faccio secco!>> ringhiò, tenendomi con la mano libera stretto dietro di lei.
Non avrebbe permesso a Louis di toccarmi o parlarmi neanche morta! Mi stava proteggendo con una furia che mi era quasi estranea...

Lui cercò di dire qualcosa, di rispondere e difendersi ma davanti al mio stato e all'ira di Agnese, decise di rientrare in studio, senza dire nient'altro, sbattendo la porta.
Lei sbuffò come un toro, girandosi verso di me ritornò la stessa dolce donna di sempre.
Mi portò in ospedale e io non opposi resistenza, non ce la facevo più! Era troppo da sopportare, da ricordare...

Era troppo persino vivere...

Redamancy: &quot;L'Amore che ritorna&quot;Where stories live. Discover now