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Nella fredda notte di Settembre, la Jeep andava veloce quanto le palpitazioni di Stiles, la quale guidava a tutto spiano con i fari accesi.

Non riusciva a smettere di piangere. Rivedeva nella sua testa quel mostruoso essere che buttava a terra Scott come fosse spazzatura.

Attacchi di animale, aveva detto suo padre. Era quel coso l'animale?

Che doveva fare ora?

Theo le aveva consigliato di tornarsene ad Atlanta, senza voltarsi indietro, ma come l'avrebbe spiegato a suo padre?

E Scott e gli altri? Stavano bene?

Dio, era una vigliacca. Era scappata mentre loro erano rimasti, ma cos'avrebbe potuto fare?

Poi aveva visto quei suoi tre compagni di scuola, un uomo che non conosceva, Eli e Derek. Anche loro avevano affrontato la belva.

Erano morti. Di sicuro, qualcuno di loro era morto.

«Ok. Ok, Stiles, respira. Arriva a casa, chiama la polizia e vai all'ospedale da Melissa per attenderli. Merda, Melissa...» L'avrebbe odiata di certo.

Avvistò un cartello, aveva superato il limite di velocità da un pezzo.

«Fa' che non siano morti, ti prego».

«Stiles...»

La ragazza strillò e inchiodò, i fari si spensero. Guardò l'interno dell'auto. Vuota. C'era solo lei.

Che diavolo... Aveva sentito una voce.

Riattivò i fari, portò lo sguardo sullo specchietto retrovisore e...

«Stiles!»

Sobbalzò, si voltò e non trovò nessuno. Ritornò sul vetro, dove c'era il riflesso di un uomo.

O per lo meno, credeva fosse un uomo.

Aveva un giubbotto di pelle, la testa e le mani fasciate come una mummia e la bocca era piena di zanne affilate, come una tagliola.

Tra tutte le allucinazioni che aveva avuto, questa era senz'altro la più raccapricciante.

Agitò la testa in diniego e ripartì, mentre la mummia sui sedili posteriori emetteva dei bassi ringhi. «Non sei reale. Una volta presa la pillola, andrai via».

Le dita fasciate sfiorarono la sua spalla e strinsero il sedile. «Solo perché vivo nella tua testa, non vuol dire che io non esista».

Stiles accese la radio e alzò il volume al massimo, rimanendo su una stazione che stava trasmettendo una canzone pop.

«Quelle pillole ti intossicano soltanto, Stiles».

La musica si spense e Stiles non riuscì a farla ripartire più.

«Adesso mi credi, Stiles? Hai visto molte cose strane oggi».

Pigiò il piede sull'acceleratore e strinse il volante. «Allucinazioni. Non era vero. Neanche tu lo sei».

Le andò a sussurrare all'orecchio. «Credi che tutto quello che non riesci a vedere sia finto? Hai mai visto i pianeti, Stiles?»

Lei ansimò. «No. Però so che esistono, anche se non li ho mai visti».

«E allora perché non riesci a credere in qualcosa che riesci a vedere?»

Singhiozzò, disperata. «Perchè lo vedo solo io. Per questo non esiste».

Le portò la mano fasciata alla gola e ne uscirono fuori degli artigli. «Esiste molto più di ciò che riesci a vedere tu».

Che significava?

TriskeleWhere stories live. Discover now