2. vellutata

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Nell'ultima settimana Manuel aveva come ammorbidito parte della sua personalità per renderla più affine alla collaborazione costante con Simone a cui, da quella sera, stava lasciando più libertà del previsto - con la scusa del fingere disinteresse verso ogni sua decisione, fin troppo impegnato nel suo lavoro come diceva d'essere.
Poteva decidere senza chiedere - anche se spesso lo faceva comunque - e permettersi di chiamarlo casualmente per nome senza dover limitarsi al solito Chef di circostanza.

S'era poi abituato a lasciargli in caldo un piatto per ogni pausa tra i turni, Simone, notando come il ragazzo avesse preso il vizio di mangiare ciò che lui gli lasciava prima o dopo esser uscito per fumare. Non si dicevano nulla, molto semplicemente Manuel aveva capito ormai in quale punto il collega gli lasciasse i piatti e lui non cambiava mai la posizione, così da farglieli trovare già pronti.

Anche se ancora Manuel continuava a rimaner da solo la maggior parte del tempo, se non quand'era presente Chicca - che, da una settimana a quella parte, si chiedeva chi fosse riuscito a convincerlo a mangiare, che lei ci fosse oppure no.
Zero complimenti, zero ringraziamenti.
Eppure, anche zero lamentele.

Era come un patto sancito nel silenzio, dove Simone accontentava il suo stomaco e Manuel lo lasciava agire come fosse stato alla sua pari, ch'era una responsabilità non indifferente per il francese ma l'accettava comunque se questo significava avere un minimo di libertà in più.

A far da contro, però, c'era che Manuel lo evitava nella maggior parte dei turni lavorativi - se non per mera necessità - quasi la sua presenza fosse stata impercettibile all'interno di quella cucina.
Ch'era comunque un atteggiamento giustificabile, a detta di tutti, perché lui odiava condividere gli spazi ed era già fin troppo che gli concedesse di rimaner affianco a lui nella postazione di lavoro.
Una teoria generale s'era creata, ma nessuno s'azzardava a dirla ad alta voce.

«Perché non mangi mai con noi?» Quel giorno, finalmente, Simone aveva azzardato la domanda.
«Perché voi perdete tempo a chiacchierà, tempo che io impiego a lavorà.», la sua risposta.
«Qualche minuto a ridere e scherzare non ha mai ucciso nessuno. Dovresti provare.»

E sapeva d'aver ragione, ma allo stesso modo sapeva che Manuel non gli avrebbe mai concesso quella soddisfazione.
L'aveva guardato per un istante negli occhi, prima di tornare a preparare quello che sarebbe stato il condimento per una cacio e pepe.
Parlare con Manuel, sul luogo di lavoro, diveniva difficile quando il ragazzo non faceva altro che troncare ogni suo tentativo di conversazione con un silenzio che non lasciava spazio ad altro.
Non che fosse così anche con altri, lì dentro. Nonostante il suo carattere tendenzialmente schivo, si rendeva comunque disponibile ogni qualvolta qualcuno chiamasse il suo aiuto o s'avvicinasse per parlargli - l'unico con cui sembrava portar avanti un'eccezione era proprio quel ragazzo affianco a lui, che con lo scorrere dei giorni continuava a chiedersi il perché d'un trattamento tale. Aveva forse più libertà d'altri, sì, ma a che costo se a malapena si rivolgevano la parola?

«Non sei un fan delle chiacchiere...»
«No, è diverso,» - aveva sospirato, continuando a tenersi impegnato con sguardo e mani - «non me piace perdè tempo. E te ora me ne stai facendo perdè pure troppo.»
«Forse perché sono in grado di far due cose contemporaneamente.»

Manuel aveva portato lo sguardo sulle verdure che Simone s'era preso il compito di tagliare, osservando come non fosse nemmeno a metà del secondo pomodoro e portando poi le iridi nelle sue, in uno sguardo al sapore di ironia.
Non serviva che parlasse, Manuel lasciava esprimere gli occhi e quello bastava a decifrare discorsi interi.

déjà-vu de saveursWhere stories live. Discover now