26. Lost myself and I am nowhere to be found

Start from the beginning
                                    

Più parlano, più il mio stomaco si restringe. Più sento i loro sguardi su di me, più mi viene voglia di vomitare.

«Basta», tuona Kyle, senza alzare lo sguardo dal suo piatto. Stringe la forchetta tra le mani, applica un po’ di forza in più. «Ci sono tanti argomenti interessanti di cui parlare, e discutere del fisico di un'altra persona non rientra tra essi».

«Kyle, lo sai che non l’ho detto con cattiveria», si giustifica Rosalyn guardandolo con fare offeso. Incrocia le braccia al petto come una bambina; un gesto che ho fatto anche io un miliardo di volte quando non riuscivo ad ottenere l’approvazione di mia madre.

«Non voglio risponderti male, Ros, quindi chiudiamola qui», lui appoggia la mano sul suo braccio, dandole una piccola carezza e io distolgo lo sguardo. Quella delicatezza… Mi chiedo se qualcuno userà mai quella delicatezza su di me.

Finisco di mangiare i miei biscotti e di bere il caffè e mi alzo.
Il cellulare vibra nella tasca dei pantaloni e lo estraggo trattenendo un lamento.
«Un altro bonifico?», chiede scherzosamente Jack.

Fisso il nome di mia madre e clicco sulla notifica apparsa sullo schermo.

“Tuo zio ti chiamerà tra dieci minuti. Non essere irrispettosa, come al solito. Manchi a tutti, fatti sentire”.

È il momento in cui la nuova Nives smette di esistere, perché viene rimpiazzata di nuovo dalla vecchia. Respiro profondamente, sento le narici dilatarsi.
Esco dalla cucina e corro su per le scale, prendo il mio giubbotto e infilo i piedi negli scarponi, avvolgo la sciarpa intorno al collo, e metto lo zainetto sulle spalle.
Raggiungo l’ingresso, il respiro corto e le gambe deboli. Mi lascio alle spalle una debole frase: «Tornerò presto», e corro fuori.

L’aria fredda si infrange contro il mio viso come uno specchio che va in mille pezzi. Mi riempio i polmoni d’aria e sollevo lo sguardo verso l’alto; fisso le nuvole bianche, poi i raggi del sole che le attraversano, che come fili d’oro scendono in mezzo ai cristalli appesi tra i rami degli abeti.
Inizio a camminare senza avere una vera meta. Il cellulare squilla e io mi fermo.
Decido di rispondere.

«Mia piccola Nives, tesoro mio, quanto tempo è passato!», la sua voce è amara, è pesante, è un sostanza corrosiva che mi distrugge lentamente all’interno.

«Ciao, zio», rispondo monocorde. La bocca diventa asciutta, lo stomaco è un masso che schiaccia tutte le mie emozioni.

«Ti è arrivato il bonifico?», chiede con una vena di trionfo nella voce.

«Non ho bisogno dei tuoi soldi, lo sai», gli dico, cercando di non crollare qui, in mezzo al nulla.
Il segnale è debole, magari sarà dalla mia parte.

«Tua nonna vorrebbe che tu tornassi a casa per il Ringraziamento. Renderesti felici tutti».

«Non saprei, ho ancora un sacco di roba da studiare», un conato di vomito inizia a salire alla velocità della luce. Mi porto la mano davanti alla bocca e cerco di ignorare l’acidità che ho in bocca.

«Verrai, Nives», cambia il tono della voce, la dolcezza di prima si dissolve e lascia il posto ad una freddezza che ha avvolto quella sua lingua disgustosa più di una volta.

«No», asserisco.

«Sai, Nives, ai gatti si possono tagliare gli artigli, quindi spero tu decida saggiamente quando e con chi tirarli fuori. Ti aspetteremo e tu ti farai trovare davanti alla porta. Tua nonna non sta molto bene, non volevamo dirtelo così, ma temiamo che la sua condizione possa peggiorare da un momento all’altro, quindi vogliamo che questo Ringraziamento sia come ai vecchi tempi.»

«Esattamente come ai vecchi tempi?», chiedo con un filo di voce.

«Preciso. Suoneremo insieme prima e dopo aver mangiato. Tua madre farà il video come sempre. La nonna batterà le mani e sorriderà felice e tu ti comporterai da brava ragazza ingenua. Sono stato chiaro, Nives?»

Il Mio Limite Sei TuWhere stories live. Discover now