24. It's better to feel pain, than nothing at all

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Lumineers, Stubborn love

Forse rimanere barricati dentro una bolla di silenzio non è la cosa migliore da fare, quando la tua amica e compagna di stanza continua a farti l'interrogatorio e insiste che tu le racconti la verità.

Ho aperto la bocca più di una volta, ma non vi è uscito alcun suono. Né un lamento, né uno uno sfogo. Il nulla assoluto.
Per una frazione di secondo una scintilla ha provato ad accendere in me il desiderio di raccontarle tutto, di sfogarmi e buttare fuori ogni mio timore, ogni mio dispiacere, ogni mia insicurezza. Ma non sempre da una scintilla nasce una fiamma. Il passato è passato e non intendo riportarlo a galla.

So che è soltanto un mero tentativo di salvaguardarmi, e molto probabilmente fallirò miseramente, ma forse vale la pena tentare.

Qualcuno direbbe che evitare di aprire l'argomento non mi aiuterà a dimenticare ciò che è successo, ma non sono soltanto la tristezza e la delusione a gorgogliare in quel pozzo profondo di solitudine dentro di me. Si tratta anche di rabbia. Una rabbia feroce che assume ogni giorno proporzioni che il mio corpo non sarà più grado di contenere.

Mi sono impegnata, ce l'ho messa tutta per creare questo muro intorno a me. Mi assicurerò che nessuno lo valichi.

Ci sono nodi che neanche il legame più forte riesce a sciogliere e ci sono segreti che devono
rimanere tali. Non ho intenzione di urlare a squarciagola i miei problemi. Dopotutto, quando l'ho fatto, nessuno mi ha dato ascolto davvero.

Guardo il bollitore e il vapore caldo che si infrange contro il palmo della mia mano e cerco di non pensare alle ultime parole che Kyle ha pronunciato davanti a me.
Lui non dovrebbe essere qui. È questa la frase che continuo a ripetermi. Nella mia mente eravamo due persone destinate a perdersi. E adesso ci siamo ritrovati per pura coincidenza.

Allungo la mano per afferrare il bollitore in acciaio, ma ritiro il braccio di scatto. «Merda», borbotto.
Qualcuno mi afferra la mano da dietro e la porta sotto il getto d'acqua fresca. Anche se i miei occhi non incontrano immediatamente i suoi, so benissimo di chi si tratta. Ha le dita allacciate intorno alla bottiglia di plastica, lascia che l'acqua scivoli sul mio palmo arrossato.
«In questo modo sentirai di meno il bruciore», spiega con voce neutra. Ritiro la mano e lui posa la bottiglia sul piano di lavoro.

«Non sapevo fossi in cucina», dico spostando lo sguardo sul portacoltelli in legno intagliato.

«Lo so. Quel bollitore è riuscito a rapire la tua attenzione a differenza mia», il suo braccio sfiora il mio non appena mi affianca. Apre l'anta e prende due fette di pane, il burro di arachidi e la marmellata di lamponi.

Mi infilo il guanto e afferro il bollitore, poi verso l'acqua calda nella tazza.
Sento i suoi occhi su di me e una sensazione di disagio soffocante inizia a serpeggiare tra di noi.

«Smettila di fissarmi», gli lancio un'occhiata tagliente.

«Fammi smettere», risponde e riesco a sentire il sorriso nel suo tono di voce. Alzo gli occhi al cielo.

«Con piacere», gli prendo il coltello dalle mani, con il quale fino a pochi secondi fa stava spalmando la marmellata, e glielo punto contro il petto.

Sollevo lo sguardo, lui inarca un sopracciglio divertito. «Sei sempre stata così aggressiva?»

«È una qualità che ho preferito tenere nascosta, come puoi ben vedere», rispondo sfidandolo con lo sguardo. Le sue labbra fremono per un istante e il desiderio di cavargli un occhio diventa via via più grande.

«Una qualità molto singolare che andrebbe, senza dubbio, tenuta d'occhio», fa mezzo sorriso e io mi acciglio.

«Che intendi dire?»

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