(prologue)

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Era arrivato fino a lì con la dedizione di notti insonni e giornate intere a incassare critiche e insulti, forse anche per questo non accettava più che nessuno gli dicesse come svolgere il suo lavoro - e ancor di più, odiava l'idea di dover condividere i suoi spazi con qualcuno che non fosse parte della brigata che lui stesso aveva selezionato.
Sapeva essere testardo, Manuel, scontroso e privo d'empatia a modo suo quando si trattava di metter le mani in cucina: non ammetteva errori, e ancor meno considerava la possibilità di perdere il suo tempo a insegnare a qualcuno che non avesse già delle basi ben formate. Questo non per mancanza di delicatezza ma perché, nella sua mente, il tempo era prezioso e non poteva esser sprecato in lezioni che i colleghi avrebbero dovuto apprendere già nel loro passato. Si rendeva disponibile a intervenire in casi di critica necessità e l'intera cucina contava su di lui a ogni turno, esclamando rispettosi «sì, Chef!» a ogni suo ordine - che dalla sua bocca eran considerati come semplici indicazioni, ma il tono perentorio lasciava pensare ad altro.

Manuel Ferro lavorava come capo chef in quel ristorante da ormai cinque anni, aveva il pieno controllo d'ogni reparto e chiunque ormai s'aspettava da lui più del massimo a ogni sua mossa. Non sbagliava mai, Manuel, e se accadeva riusciva sempre a trovare una soluzione repentina.
Teneva sulle spalle l'intera cucina, - anzi, l'intero ristorante - ma nonostante ciò il proprietario del locale lo nominava solo per portare in campo correzioni, critiche e richieste assurde atte a metterlo alla prova. Questo perché aveva perso la fiducia in lui tre anni prima, dopo che a causa d'un errore aveva svolto in maniera errata l'ordine d'un critico culinario che, di conseguenza a una sua recensione, aveva rischiato di mettere a repentaglio la nomea del ristorante. E Bruno, - il boss - questo non gliel'avrebbe mai perdonato.
Manuel era impeccabile, ma non ai suoi occhi: per lui, non era altro che un ragazzo trasandato che - per fortuna o per inganno - era riuscito ad accaparrarsi quel ruolo, ormai comunque difficile da sostituire.
Non era mai abbastanza, avesse anche passato notte e giorno all'interno di quella cucina rinunciando a intere ore di sonno, non sarebbe mai riuscito a cambiare la sua etichetta nella mente del proprietario.
E faceva davvero di tutto, per tentare di tornare nelle sue grazie, senza mai però riuscirvi.
Nonostante ciò, era uno dei cuochi più rinomati nella capitale e non erano poche le persone che ogni giorno raggiungevano il ristorante per provare i suoi piatti - un peso aggiuntivo da portarsi sulle spalle, che accumulava nel corso dei turni passati lì dentro con una maschera d'impenetrabile fermezza, lasciandosi poi andare quando la notte s'abbandonava sul materasso di casa sua.

«Oggi arriverà un nuovo aiuto-cuoco, ha lavorato a Parigi e ha un'ottima formazione. Accoglilo a dovere e non farcelo scappare.», il suo capo l'aveva avvisato a quel modo il mattino stesso e Manuel non aveva potuto che abbassare il capo e annuire, assecondando la sua richiesta.
Era poi però tornato in cucina, mettendosi ai fornelli per il pranzo come nulla fosse stato, per nulla emozionato all'idea di quella novità. Ogni volta che arrivava qualcuno di nuovo in quel locale, diventava suo dovere addestrarlo sulle regole del luogo e sulle basi da seguire per una civile collaborazione - e si poteva dire che non fosse il più paziente dei selezionati per quel ruolo, lì dentro.

Ecco perché, quando un ragazzo più alto di lui e dai ricci perfettamente ordinati s'era fatto vivo oltre la soglia della porta, aveva portato lo sguardo su di lui con diffidenza - sembrava troppo timido e impacciato per sembrare un esperto del settore, ma Manuel s'era comunque avvicinato a lui, squadrandolo da capo a piedi in quella sua tenuta da cuoco che pareva quasi voler sfiorare l'eccellenza nei dettagli.

«Sei quello nuovo?», si stava pulendo le mani con uno straccio, mentre parlava.
«Sì, sono... Simone, piacere.»
«Manuel.» Non era mai stato di troppe parole e, in ogni caso, non gli ispirava fiducia il nuovo arrivato. Il suo sguardo non lasciava all'immaginazione, infatti, mostrando a Simone lo sdegno nei suoi confronti. «Bruno dice che sei de Parigi, nun me pari francese.»
«Sono italo-francese, padre francese e madre ita—»
«N't'ho chiesto 'a storia della tua vita.», l'aveva interrotto da subito e il ragazzo s'era zittito, senza obiezioni. «Vié co' me, ti mostro la cucina. - s'era incamminato, con a seguito il nuovo arrivato - Nel frattempo dimme ch'esperienza c'hai alle spalle.»
«So fare un po' di tutto, - lo seguiva con fatica, Simone, ringraziando le gambe lunghe per riuscire a stare al passo con quel ragazzo che sembrava non voler facilitarlo assolutamente - ero chef de cuisine nel ristorante a Parigi.»

déjà-vu de saveursOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz