48. Austin GP pt II

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"Dottoressa dove va? guardi che è presto, se vuole ha ancora 10 minuti..."

"Sisi, lo so, ma mi annoio qui" risponde a un collega che la guarda uscire dal centro medico.

In pit lane, come al solito, c'è un sacco di gente. E tra tutta la gente, forse, anche Aaron e Jack, entrati con il paddock-pass, e confusi tra la folla. Elsa si chiede come farà a trovarli.

Poi a un certo punto vede la gente che si sposta, i giornalisti che si affrettano tutti nella stessa direzione, e da dietro un box, nelle piccole strade che si formano tra i vari prefabbricati del paddock, compare un cavallo. Accanto al cavallo un chitarrista di musica country, e, sopra il cavallo, un uomo con una giacca coi colori della bandiera americana e un cappello da cowboy. Daniel Ricciardo. Elsa non sa se ridere o piangere. Quell'uomo non smetterà mai di stupirla, e allo stesso tempo non smetterà mai di essere stravagante, esuberante, originale, unico.

Questo è il modo in cui si presenta nel paddock davanti ai giornalisti che da una settimana non fanno altro che parlare del suo ritiro e della sua carriera finita. Così, sorridente, sopra un cavallo senza nessun motivo, cantando musica country senza essere intonato. Si ferma in mezzo a favore di telecamere, e lascia che i fotografi che lo circondano facciano il loro lavoro, dopo un po' loro sembrano soddisfatti e accecati da sole, quindi si diradano. Allora scende da cavallo, cammina per un po' tenendolo per le redini, finché sente una voce di bambino che lo chiama: "Daniel! Daniel!" si volta, e vede Jack. Si avvicina, lo saluta, gli fa accarezzare il cavallo e gli fa l'occhiolino.

Elsa vede da lontano che Daniel si era avvicinato a qualcuno, si avvicina ancora un po' per vederli meglio e li riconosce.

Cammina verso il punto in cui li ha visti, in mezzo a qualche spettatore ospite la maggior parte delle persone sono giornalisti o lavoratori della Formula Uno, meccanici, tecnici... molti indossano una tuta come la sua e si confonde facilmente, Jack non la riconosce finché lei non gli è abbastanza vicina da poterla toccare.

"Elsa!" Esclama. "Buongiorno Jack, ciao Aaron." Risponde lei sorridendo.

Jack è estasiato a vederla così, con la tuta addosso e il casco in mano, è come se la supereroina, che la sua immaginazione ha costruito per tutti gli anni in cui è stata assente, fosse reale, proprio lì davanti a lui. 

Come se la sua assenza non fosse mai stata una bugia. 

Elsa legge questo pensiero negli occhi di Jack e si chiede quanto resterà deluso quando scoprirà che la verità è molto più dura delle storie che costruisce la nostra mente per proteggerci. Si chiede se saprà mai che quando è partita dall'America per l'Africa l'ha fatto anche per disintossicarsi dai neurostimolanti che prendeva per stare sveglia di giorno e giocare con lui. Si chiede se un giorno capirà che in realtà i medici del pronto soccorso salvano poche vite e ne perdono tante. E si chiede se abbia già saputo che Daniel, una settimana fa, ha annunciato che l'anno prossimo non correrà in Formula Uno. 

Mentre lo guarda così felice con la maglietta arancione con il numero 3 sulla schiena, pronto ad entrare nel box McLaren per le ultime prove libere si chiede quanto sarà deluso nel vedere che il suo pilota preferito farà pochi giri di qualifica e poi probabilmente verrà eliminato al Q3.

Appena si rende conto che questi pensieri la hanno bloccata per un istante di troppo, fa quello che ha sempre saputo fare meglio: mascherare la preoccupazione con un sorriso, e sparire prima di dover recitare troppo.

"Allora Jack, come va? Ti piace qui? Sei pronto per le prove libere? Io devo andare, che tra 5 minuti devo essere pronta sulla medical car!"

"WOW, guidi anche la medical car?"

"Nono, non la guido - risponde ridendo - io ci sto solo seduta dentro sul sedile del passeggero e rimango pronta se succede un incidente, ma speriamo di no!"

"Allora se non succede un incidente cosa fai?"

"Faccio accendere l'aria condizionata dentro la macchina perché si muore di caldo" risponde ancora ridendo. "A dopo!" li saluta facendo l'occhiolino, e Jack risponde salutandola con la mano mentre lei a passo spedito si confonde di nuovo tra la folla e sparisce.

Così Elsa, con il suo viso sereno e quella faccia entusiasta riesce sempre a nascondere a tutti quello che pensa davvero, funziona sempre, con i colleghi, con i pazienti, con i loro parenti, perfino con i suoi parenti, anche alle cene di Natale. Funziona sempre, con tutti, tranne che con tre persone al mondo. Sua madre, l'unica persona che anche dall'altra parte dell'oceano è come se fosse sempre sulla sua spalla a suggerirle cosa fare in ogni situazione, a dirle che sta sbagliando, a dirle che andrà tutto bene, a dirle che lei le vuole bene sempre e comunque.

E Aaron. 

Forse per quello erano finiti per mettersi insieme, Aaron era l'unico uomo capace di leggerle dentro, un po' per lavoro, perché in effetti i profilers dell'FBI hanno qualche capacità innata, un po' perché forse anche lei era l'unica capace di leggere i pensieri di quell'uomo impenetrabile in giacca e cravatta, nei suoi occhi dietro agli occhiali scuri. Forse è così che deve funzionare tra due persone, leggersi dentro e amarsi per quello che si vede solo con il cuore. 

Elsa si chiede se sia così anche con Daniel, forse no, forse non così tanto, o forse sì, perché proprio così, grazie al suo aiuto, adesso era di nuovo nello stesso posto insieme alle due persone che le mancavano di più al mondo.

E la terza persona? Era sua sorella Laura. Si dice che i fratelli gemelli abbiano poteri inspiegabili e quasi soprannaturali, come la telepatia e la capacità di sviluppare un linguaggio solo loro, per capirsi lasciando fuori il mondo. Elsa e Laura non erano gemelle, e si assomigliavano meno di due estranee nate in due continenti diversi. Elsa con i capelli ricci e la carnagione scura, Laura con i capelli lisci e la pelle chiarissima. Elsa brava nelle lettere e in filosofia, Laura che passava tutte le sue giornate tra numeri, disegni e calcoli. Eppure erano così simili, e così vicine. Si sentivano quando potevano e da quando entrambe avevano cominciato a girare per il mondo si vedevano sempre meno, ma rimanevano sempre una la metà dell'altra. Unite come quando a cinque e otto anni giocavano sotto le coperte per nascondersi dai loro genitori.

Elsa e Laura non si erano mai date consigli d'amore, e di sicuro se se li fossero date avrebbero fatto l'opposto di quello che consigliava la sorella, erano troppo diverse anche in questo, eppure così così unite da sapere che si sarebbero sostenute l'un l'altra qualunque fosse la persona che avessero scelto. Laura sapeva di Aaron e Jack, ma Elsa non glieli aveva mai presentati, non si erano mai visti di persona. Ed Elsa non vedeva la sorella da prima dell'estate, quindi forse non aveva ancora capito che c'era qualcosa tra lei e Daniel, o almeno Elsa poteva sperarci, ma sapeva con certezza che la prima volta che li avrebbe visti insieme anche solo da lontano avrebbe capito tutto.

Laura di solito lavora Milton Keynes per sviluppare la macchina dell'anno prossimo, ma questo weekend è appena atterrata lì, ad Austin, perché la Red Bull ha i punti in tasca per celebrare la vittoria del mondiale e ha scelto alcuni tra i migliori ingegneri per premiarli, permettendogli di essere essere lì presenti a festeggiare con la squadra.

Mentre sta per salire sulla medical car, Elsa vede da lontano Laura che attraversa la pit lane per sedersi al muretto con gli altri ingegneri, è pazzesco come per gli unici giorni all'anno in cui finalmente sono riunite nello stesso posto riescono a non incontrarsi mai e a vedersi solo da lontano senza neanche riuscire a salutarsi: il lavoro di entrambe durante un normale weekend di gara è immenso, non c'è mai un momento libero per nessuna delle due, e se c'è per una di sicuro non coincide con un momento libero per l'altra... Elsa deve trattenersi quasi a forza per non mollare tutto e correrle incontro, ma si trattiene, sa che la disturberebbe mentre è concentrata sui dati che servono per le ultime prove libere prima della qualifica.

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