Il bene relativo, Potere della prospettiva.

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Conobbi uno scienziato anni orsono. Un uomo grezzo, concentrato unicamente sui suoi studi, sulla conoscenza e sul progresso. Viveva in una dimensione bizzarra, abitata da grandi massi di forme geometriche fluttuanti in una perenna notte violacea, illuminata dalle sue vie strette e sottili, simili a pennellate di vernice fluorescente. Il suo tempo era finalizzato ad un unico obiettivo, uno scopo folle e impossibile: ricercava l'onniscienza, il culmine del sapere. Studiando assiduamente non aveva spazio per le persone, per quelle esperienze comuni per tanti, ma inutili e non funzionali nella sua esistenza. Non rideva, nemmeno piangeva. Le emozioni erano freni inibitori, nate per distrarre e offuscare il vero motivo della nostra nascita, impulsi malsani dediti ad uno studio marginale e inspiegabilmente riflessivo. Che importava dell'amore, della tristezza e della felicità, importava conoscere l'origine primaria delle cose, degli elementi compositivi dell'universo; cos'era venuto prima, e cosa sarebbe accaduto dopo. Materia, particelle, pianeti e galassie superavano di gran lunga le ingiustizie della quotidianità. Coltivava un'insensibile indifferenza verso la debolezza dell'essere, il baratro che lui soltanto era riuscito a saltare. Si isolò dalle masse, dalla società, venne ripudiato dalla madre dei suoi respiri, giudicato arrogante e malato. Quella fame che rivoltava il suo intestino lo trasformò in un qualcosa di non più umano. Il martirio volontario dell'anima, la quale esistenza fu da egli stesso smentita, lo rinchiuse in un mondo lontano, portandolo a diventare un'eremita dimenticato, una leggenda terrificante da raccontare ai bambini prima di dormire. Il continuo distaccamento da lui promosso raggrinzì la sua pelle, lo coprì di peluria scura e folta. Gli occhi caddero sugli zigomi, le labbra si inaridirono, la schiena si ingobbì e gli arti decaddero striscianti al suolo. L'alone di solitudine rimosse ogni richiamo antropomorfo, suscitando pena e pietà al mio sguardo impegnato a definirne la nuova natura. Gli appunti delle sue analisi volteggiavano intorno a lui, la dimensione si capovolgeva per poi assemblarsi nuovamente, i massi designavano nuove rotte da seguire. Rosee galassie si introdussero alle nostre menti, i pianeti delinearono nuove risposte, nuove conoscenze. La fisica della realtà si scoprì essere opposta alle nostre teorie, dissolvendo ogni dogma del mio bagaglio scientifico e culturale. Alla belva brillarono le pupille, avvolto da nuove curiosità, ossessionato dal peso di nuove domande, polveroni di dubbi e buchi cerebrali. Un'aurea verdognola iniziò a prender forma intorno a lui, diversificandosi maggiormente dalla mia figura. Levitava come gli atomi della sua dimensione, trasportava la sua carcassa inferma verso nuovi fogli bianchi, aggrappandosi con le dita esili come stecchini alle matite. Segnò equazioni varie, formule sorprendenti, calcoli chilometrici, ma essenziali al fine della sua angosciante avventura. Ogni passo rivoluzionario era un passo verso la morte, e vederlo continuare strappò via ogni singola goccia della mia empatia. Mi aggregai al grande gregge che ormai ignorava completamente la sua sopravvivenza, disprezzando con ardore il rifiuto che lui stesso aveva per primo messo in gioco. Una bestia o un dio, allontanandosi sarebbe potuto diventare solo uno dei due. Per me, le sue escrescenze corporee parlavano chiaro, i suoi lunghi e unti capelli grigi segnavano l'arrivo della mia analisi.

"Hai perseguito un bene irraggiungibile", gli urlai andandomene.

"E' lo stesso che brami anche tu", mi rispose con la voce rauca e tremolante. Immobilizzai il mio avanzare per qualche secondo, struggendomi disperatamente per comprenderlo. Vidi due insetti volarci contro, una zanzara si posò sul mio braccio e io la uccisi senza pensarci a fondo. La compagna, invece, che preferì il corpo consumato dello scienziato, venne delicatamente appoggiata sul polpastrello ormai cinereo e lasciata volare via. Altri insetti giunsero: cimici, cavallette, mosche e migliaia ancora. Li scansai tutti con disgusto, dimenando le braccia per spazzare via gli sciami. In mia antitesi, la bestia abbracciò gli esserini viscidi che riposavano negli antri del suo corpo oscuro e cavernoso. L'aurora dipinse la notte, rivelando ai miei occhi una vista spettacolare, dove lo scienziato, sempre preso dai suoi studi, prese parte all'omogeneità del mondo, alle sue forme, alla sua vita e sostanza. Un dio. Sbagliai, si trattava di un dio, seppur distante dalla mia fede.

"Sei come me", affermò una voce rinvigorita e più calda. "Sostieni la tua definizione di bene trascendendo l'animo di quel bestiame inaffidabile che abita con presunzione questo mondo", le luci si intensificarono, "E non critico, a differenza vostra, la tua follia".

"Ho messo da parte l'ego, accettando di essere solo un tassello, una componente strumentale per una causa superiore".

"Ti sei sacrificato", ribattei, urlando verso il cielo.

"Sbagli. Immoli la tua supposta realtà verso una dimensione differente dalla mia. Un mondo, il tuo, dove vigono altre leggi, altri codici, le emozioni. Il tuo bene è diverso, il tuo scopo impossibile, come il mio". Riapparve, rinato come creatura indefinibile dalle mie parole, scintillando di un lume verdastro, genuinamente terreno e materiale. Potei percepire il suo fulgore, la sua essenza davanti a me.

"Siamo uguali. Cerchiamo entrambi la verità, definendo il percorso da prospettive opposte, probabilmente erronee, rinunciando al tanto appariscente dell'ordinario". Sfiorò il mio petto, connettendosi al mio cuore.

"Non siamo bestie, o dei. Siamo solamente degli incapaci, che si rifiutano di adattarsi al proprio ruolo". Il buio mi riportò alle mie giornate, alla mia missione. 

Confesso questa diversità accettandone l'eguale valore. E come sbaglio io, così sbagli anche tu. Siamo succubi del bene relativo che ci accinge in un grande esperimento infinito, dividendo i nostri metodi, ma non le conseguenze che ci attendono.

Se suono buono, se mi credo traboccante di bontà, allora ammetto che possa esserlo anche tu, sperando di mostrarti nuove frontiere e confini,sperando di raggiungerne di nuovi a mia volta.

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