Programma, Riconfigurazione.

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Ho viaggiato nel deserto assieme ad un automa. Il caldo opprimente si alternava al freddo gelido della notte, ma la frustrazione più grande risiedeva nella solitudine che ci accompagnava. L'automa era silenzioso, poco accondiscendente alle mie richieste e limitante ad ogni metro percorso. Il suo cervello era composto da fili e schede elettroniche configurate appositamente per renderlo uno schiavo. Raramente apriva la bocca più arida del deserto stesso per parlarmi di futuro.

"Il buio, il buio aspetta", ripeteva. Il futuro rappresentava la tortura inalienabile della sopravvivenza. La sua filosofia si riduceva ad un semplice avanzare per inerzia; tutto ciò che ti colpisce devi sopportarlo, il dolore è parte del gioco ed è inutile confutarlo. Esprimeva le sue vacue ideologie con tono pacato, cercando di dimostrarmi di essere disponibile ad accettare il suo destino. Non aveva sangue nell'organismo, ma orgoglio fluido di colore bianco, sterile come l'anima mancante. D'altronde non ci si può aspettare troppo da un prodotto di altri. Ciò che pensa glielo hanno insegnato, trasmesso oserei dire. Non ha passioni, mantiene una semplice considerazione frivola del tempo libero, assecondando la funzionalità della sua vita ad un continuo lavorare. Attenti però, poiché non è uno stacanovista, è un prigioniero della noia che lo blocca nella sua piccola scatoletta nera, quella posta dai proprietari accanto al cuore di metallo. La produttività delle sue azioni si traduce nel raggiungimento di una semplice soddisfazione materiale. La sua tranquillità risulta essere nient'altro che la fine dei suoi sforzi, ignorando il valore del percorso. E mi andrebbe bene, se solo io non ne facessi parte.

L'automa di notte sogna l'amore. Lo vedo strizzare gli occhi nel sonno, inarcando le sopracciglia e piangendo qualche lacrima. È l'unico momento in cui si riappropria della vita, in cui è padrone di sé stesso. Mi bastano quei pochi frangenti per accontentarmi. Potrei apparire anche io nelle sue fantasie, le stesse simili alle mie, che saltuariamente, quando il sole ci risparmia dai suoi raggi, lui ammira. Nonostante ciò, rimango vittima del suo giudizio. Resto il punto più basso raggiungibile, l'umano che ha perso la retta via, che non ha seguito il programma. Trova ridicola la mia follia, come tanti hanno fatto prima di lui.

"Arrogante", mi chiama, inasprendo la mia ragione e sminuendo quello in cui voglio credere. E fa ridere notare come egli si sia spezzato prima di me. La sua carcassa è cullata dalla sabbia bollente a chilometri di distanza, esposta alla mercé degli avvoltoi. Purtroppo non c'è nulla da mangiare: non è carne a comporlo. L'automa non è che una vittima del mondo, qualcuno che ne ha accettato il corso della storia, qualcuno che con molta probabilità non è meglio di me. Ma moriremo entrambi nella nostra indifferenza, nel buio della coscienza che ci ha distinti.

Programma, riconfigurazione. Abbiamo fallito entrambi, seppur io preferisca ritenermi un vincitore.

ConfessioniWhere stories live. Discover now