Capitolo Cinque

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I veli più sottili sono dalle due alle due e mezza del mattino. Se Suguru non riesce a riappropriarsi del suo corpo in quell'arco di tempo, le possibilità di riuscirci in futuro si minimizzano.

All'una sovrappone la sua figura spirituale a quella del suo corpo fisico, facendo sovrapporre ogni estremità, e cerca di raggiungere la sua energia malefica. Risonanza. Il tempo sfuma. Cadere, volare, attraversare questo vuoto- ricorda quasi l'Infinito di Satoru. Solo che l'Infinito di Satoru non ha limiti, si espande e contrae senza mai fermarsi, mentre questo...

Suguru attraversa i veli, avvicinandosi al punto di convergenza, e il suo corpo, lentamente ma con certezza...

1:27, 1:34, 1:53, 2:04. La sua coscienza inizia a fondersi con quella di Kenjaku. Kenjaku s'accorge della sua presenza solo quando le loro energie malefiche si sovrappongono, ma ormai per lei è un po' tardi.

È una lotta vera e propria quella che sta avvenendo fra loro due, e Suguru fatica non poco a ottenere i primi risultati: ma quello che inizialmente era solo una convulsione del mignolo ora è mutato in un intero braccio paralizzato, e il torcersi delle loro coscienze diviene intricato quanto un gomitolo disfatto. Suguru deve avere la meglio. Non ha alternative.

Uaghaa, aveva detto l'ikiryō, premendo un pugno contro il palmo aperto dell'altra mano. Come l'apertura di un cancello arrugginito. Un movimento lento, acuto e in grado di fendere l'aria. Come il tiro alla fune- e poi quando salti giù dall'altalena!

Sono le due e dodici: non rimane più molto tempo. Una smorfia si forma sulla loro espressione condivisa mentre Suguru tira e tira e tira e tira la propria mano, il proprio braccio, gambe e petto. Cerca di prendere tutto ciò che può. Suguru sa bene come prendere ciò che non è suo, ma così sa fare anche Kenjaku. E Kenjaku sa dove aggrapparsi.

Le 2:12 si fanno le 2:17 e le 2:17 diventano le 2:28 e Suguru inizia ad andare terribilmente in panico: diventa una singola stringa di terrore che vibra all'interno di un corpo non solo suo e di un'anima che non riesce a trovare.

La sua mano s'allunga per raggiungere il cranio. Ingoia la presenza di Kenjaku come se fosse una maledizione, sopprimendola anche quando minaccia di riemergere insieme alla bile. Le dita maldestre di Suguru trovano un paio di forbici e senza esitare inizia a tagliare i punti che tengono insieme il suo cranio, rischiando quasi di accoltellarsi nella foga del tentativo. Il filo viene via facilmente e la parte superiore della sua testa cade al suolo, ma in questo momento non importa perché-!

Le sue dita affondano nella carne, scavando in membra molli e umide, e strappano via il parassita che s'era insidiato dentro di ləi. Sembra di tenere in mano un ammasso di vermi, e quella sola azione è disgustosa abbastanza per Suguru da lanciare quel cervello dall'altra parte della stanza. Rimbalza una, due, tre volte, e poi si ferma.

Fa un respiro profondo. Inspira, espira. Inspira, espira.

Okaa-san sorride energicamente. «Congratulazioni!»

«Sapevamo che ce l'avresti fatta,» Oton annuisce contento.

Suguru li ignora per concentrarsi interamente su Kenjaku. Ew. Che schifo. Ma che cazzo. Quel- quel cervello ha una bocca. E dei denti. Ed era nella sua testa? Rabbrividisce solo al pensiero.

Titubante, attraversa la stanza per afferrarlo, guardandolo storto.

«Non lanciarmi più,» sbuffa il cervello, «sono delicata.»

Suguru è fortemente tentatə di lanciarlo di nuovo. Si sente le mani tutte appiccicose, ricoperte di liquido cerebrale e, oggettivamente parlando, quell'affare fa schifo. «Disgustoso,» mormora come sola risposta, mollando il cervello sopra al tavolo della cucina senza il minimo riguardo, e si dirige verso il lavandino.

Una breve pausa. «Davvero scortese da parte tua. Pensavo avessi modi più educati di questi... Getō Suguru.»

C'è una cadenza particolare nella voce di Kenjaku, un sottotono d'invito e di attesa per qualcosa di più importante. A Suguru non importa. Non gliene frega assolutamente niente di quello che può dire Kenjaku ora che ha finalmente ripreso il controllo del suo corpo. La frenetica e miserabile preoccupazione che l'aveva accompagnatə per tutta la giornata è solo un vivido ricordo, seguito dallo stato di shock dal quale ancora non si è ripresə del tutto. Ma sente di avere la mente lucida, e di potersi concentrare sui dettagli secondari della faccenda.

«Oh mio Dio,» la sua voce è carica di stress nervoso mentre le sue dita sciolgono con attenzione i nodi che si sono formati nella crocchia, «che hai fatto ai miei capelli?»

Un battito. «Cosa?» chiede Kenjaku con tono piatto.

«Adesso ho le doppie punte,» mugugna, «mi hai fatto le doppie punte, te ne rendi conto?»

Tutti quanti lə stanno fissando in silenzio, ma a Suguru purtroppo non interessa. Sono i suoi capelli. «Ti stai seriamente preoccupando del tuo aspetto? Io non-» persino Kenjaku sembra incredula.

«Non si tratta del mio aspetto,» Suguru si mette sulla difensiva, esaminando con cura la parte della sua... testa che poco prima è caduta a terra, ed osservandola più da vicino. Oh- buono: non c'è traccia di pelle squarciata nei dintorni dell'incisione pulita e lineare. Almeno quella parte è al sicuro, «ma dei miei capelli.»

I capelli che Satoru aveva detto sarebbero stati meravigliosi una volta cresciuti lunghi, che Mimiko e Nanako erano solite spazzolare e intrecciare con le loro dita attente e delicate, di cui Suguru si era presə cura sin da quando aveva memoria. Una costante. I suoi capelli.

«Se il tuo aspetto ti preoccupa così tanto,» sputa Kenjaku, mancando evidentemente il punto del discorso, «sappi che ho fatto un favore al tuo punto vita.»

Suguru si cruccia all'istante, d'un tratto troppo consapevole della pressione che la gojō-gesa esercita sopra ai suoi fianchi. Rabbrividisce, e le sue mani armeggiano per allentarla con una goffaggine insolita. «Schifoso.»

«Perché? Sto solo dicendo che è un peccato mortale non mostrare un corpo bello come il tuo.»

Ugh. «Sto solo dicendo che è un peccato mortale non mostrare un corpo bello come il tuo,» la scimmiotta Suguru con una voce esageratamente acuta, e potrà anche essere un comportamento infantile, ma in tutta onestà, chi cazzo se ne frega. Allunga una mano per afferrare il cervello, dita già pronte alla sua consistenza moscia, palmo-

Suguru sibila, ritraendosi di scatto e passandosi sgraziatamente una mano sull'abito. «Mi hai appena morso?»

«Smettila di prendermi con tutta quella violenza! Ti ho detto che sono delicata e fa male

«Avresti dovuto pensarci due volte prima di rubare il mio fottuto corpo allora!»

«E tu dovresti considerare che io e te non siamo poi così diversi dop-»

«Mio Dio sembri un villain scadente di un anime ancora più scadente.» Le sue labbra si curvano nel disgusto, e Suguru si mette a cercare un contenitore. «Hai coinvolto le mie due figlie nel tuo piano e hai intenzione di sigillare il mio migliore amico.»

«Se ci riflettessi bene s-» ma Suguru non la lascia finire, buttando il cervello dentro un barattolo e iniziando a girare il coperchio per chiuderlo.

«Aspetta aspetta aspetta se mi chiudi qua finirò per seccarmi!»

Un momento di esitazione. Due. «Ugh, d'accordo.»

Dopo aver riempito il barattolo con dell'acqua fa per prendere di nuovo il coperchio, ed ecco che: «Ho bisogno di ossigeno,» sbuffa Kenjaku. Suguru si chiede per un attimo come diavolo funzioni quella roba; ha una bocca, ma possiede anche una gola e dei polmoni da qualche parte? Si arrende subito. Saranno domande per Shōko: avere a che fare con organi umani e non è il suo ambito.

TEMPERATURE DROP, satosuguWhere stories live. Discover now