Serata di gala (parte I)

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TRE GIORNI DOPO

[CLARKE]

Sono da poco passate le cinque di un pomeriggio che fino a questo momento è stato "inutilmente" identico a tutti i precedenti di questi ultimi giorni, mentre attraverso il corridoio che ho di fronte con passo svelto... per un momento, nonostante la fretta, lascio che il mio sguardo venga attirato  verso il lato destro della parete e si fermi ad osservare la vista esterna che mi offre una grande finestra che incontro lungo il mio cammino; mi perdo per qualche secondo a fissare il cielo invernale già profondamente scuro e poi il grande parcheggio, illuminato dalla luce artificiale dei lampioni che lo circondano... qualche leggero fiocco di neve che sta scendendo lentamente viene illuminato, quando passa nella loro scia di luce... nella mia mente si accende il ricordo dell'abbraccio e del bacio infinito che io e Lexa ci siamo scambiate sotto la neve al parco, senza neanche renderci conto, che nel frattempo si fosse completamente svuotato di tutte le persone che avevano affollato la pista di pattinaggio...

Mi manchi... mi sei mancata in ogni attimo interminabile di questa settimana, in cui gli unici momenti che hanno avuto importanza sono stati quelli in cui ho potuto prendermi del tempo per noi, per leggere le parole contenute nei messaggi che mi hai dedicato ogni giorno...

Non posso permettermi di fermarmi ancora e sono costretta ad interrompere questo momento di distacco dalla realtà che mi sono concessa; riprendo a camminare di nuovo con passo svelto, accompagnata dalla paura che un'emergenza dell'ultimo momento o qualsiasi altra cosa possa all'improvviso impedirmi di arrivare a quella porta e mettere finalmente la parola fine su questo turno e su tutta questa ultima settimana, trascorsa forzatamente con Jaha e soprattutto senza Lexa, che mi è sembrata infinita; svolto un angolo e, nonostante mi sia stato già detto che il turno di oggi è finito, proseguo attraverso un altro dei corridoi, ormai divenuti familiari, del Pronto Soccorso, prestando particolare attenzione ai rumori intorno a me, continuando a camminare accompagnata dalla paura di poter essere richiamata, da un momento all'altro, per l'ennesima volta da quella voce insopportabile che non ha mai mancato una sola volta di rivolgersi a me, chiamandomi "Dottoressa Griffin" e mettendomi costantemente in imbarazzo davanti a tutti... soprattutto in questi giorni, ho perso il conto di quante volte sia accaduto e di quante volte abbia dovuto sorbirmi i tentativi di Jaha di coinvolgermi in racconti su vicende riguardanti l'ospedale, la maggior parte delle quali con protagonista mia madre, insieme alla sua altrettanto odiosa e, al contrario di me, molto interessata ospite, con la quale sembrava non vedesse l'ora di poter condividere tutti questi aneddoti. Il mio interesse pari a zero per questi discorsi, che ho costantemente espresso attraverso silenzi che avrebbero voluto poter urlare ben altro e da espressioni del mio viso che credo abbiano mostrato anche più di quanto avessi voluto il mio disgusto, è stato regolarmente compensato dal coinvolgimento e dai sorrisi complici che hanno accompagnato ogni pessima battuta di Jaha, da parte della donna che, come sottolineato in modo come sempre viscido dal Cancelliere, ci ha onorato per tutta la settimana della sua presenza ed è riuscita a far crescere in maniera ancora più smisurata il suo già immenso ego.

Una settimana fa, dopo aver dovuto lasciare Lexa con Indra, senza averla neanche potuta salutare, Jaha aveva mostrato subito tutta la sua impazienza, nell'avere l'occasione di poter presentare la figlia della Dottoressa Griffin, al Primario del Pronto Soccorso dell'ospedale Azgeda di Boston, la Dottoressa Nia "Ice" Queen, nonché ex compagna di studi universitari di mia madre, invitata proprio da Abby il mastino, in accordo con il Cancelliere, a trascorrere qualche giorno a Chicago e a portare qui la sua esperienza di gestione del suo reparto e ovviamente a partecipare anche alla tanto attesa da tutti, tranne che da me e da Lexa, cena di beneficenza di questa sera.

Finalmente, mentre il pensiero degli sgradevoli momenti che hanno riempito le mie ultime giornate ha continuato ad accompagnarmi, arrivo di fronte all'ingresso del salottino dei medici; mi fermo e faccio un profondo respiro, prima di aprire la porta, prendendomi un momento per realizzare di aver finalmente raggiunto quel traguardo tanto atteso... dopo essere entrata nella stanza, attraverso un passaggio tra due file di armadietti e mi dirigo verso la fine del corridoio dove si trova il mio armadietto e arrivata lì inaspettatamente trovo un sorriso ad accogliermi... un sorriso complice e sarcastico che mi accompagna da sempre, un sorriso che, nel momento in cui lo vedo, mi fa rendere conto di quanto avessi bisogno di ritrovarlo... nel momento in cui mi vede arrivare, Raven si allontana dallo sportello dell'armadietto accanto al mio, a cui era appoggiata con la schiena, sicuramente per alleggerire il peso sull'anca e sulla stampella di cui ha sempre più bisogno per sostenersi quando è in piedi e si avvicina a me.

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