Capitolo 44 - Come un vero uomo

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Suo padre sedeva dietro la scrivania, i lunghi capelli viola raccolti in una treccia e gli occhi puntati sul kindjal che stava lucidando. Anche se non era più un soldato, Trylenn aveva mantenuto la sua passione per le armi. Spade dritte, sciabole e pugnali erano esposti su rastrelliere e appositi sostegni, dominando le pareti e le vetrinette seguendo un'organizzazione rigorosa. Lo studio ospitava oltre cinquanta pezzi da collezione, prendersene cura era tra i suoi passatempi preferiti.

«Volevi parlarmi, padre?»

Trylenn si concesse un lungo tiro dalla pipa prima di abbandonarla sul supporto, sbuffando un refolo di fumo sottile mentre si rigirava l'arma tra le mani coperte dai guanti neri. Inclinò la lama del kindjal sotto la luce della Pietra di Sihir che brillava sulla scrivania, incastonata in cima a un supporto di ferro battuto.

«Dovresti essere tu ad avere qualcosa da dire» rispose, senza alzare lo sguardo.

«Zenaida non vi ha informati? Chloe ha vinto il duello, se è questo che intendi.» Brycen intrecciò le mani dietro la schiena, sforzandosi di mantenere neutro il suo tono. «Lo ha fatto senza combattere, come aveva assicurato. Non ha utilizzato neppure una spada. Vladimir ha abbandonato l'arena e la questione è chiusa, non c'è nient'altro di cui discutere.»

«Nient'altro, dici? Ti sei presentato all'arena, ma hai lasciato comunque che fosse lei a duellare.» Trylenn gettò la pezza sulla scrivania. L'età aveva reso più rauca la sua voce, ma era ancora bassa e piena. Anche se non alzava il tono, era sufficiente a riempire la stanza di una soffocante autorevolezza. «La tua fiera incapacità di ammettere i tuoi errori non manca mai di deludermi. Era già inconcepibile che non ti fossi proposto di difendere il suo onore sin da principio, ma in tal modo hai superato il limite della decenza. Dovresti vergognarti per la vigliaccheria che hai dimostrato.»

«Se fossi venuto ad assistere, conosceresti le motivazioni. È stata una scelta di Chloe e non ho ritenuto corretto insistere.»

«Non osare mentirmi. Tua madre è stata costretta a escogitare le giustificazioni più fantasiose per legittimare i tuoi comportamenti in tutti questi anni, so riconoscere una scusa di facciata quando ne sento una.»

Brycen deglutì. Il timore che potesse aver scoperto Subsidence si artigliò al suo petto, impedendogli di respirare – ma no, era impossibile. Se suo padre avesse sospettato un Naru, neanche il rispetto verso Jlenna e la famiglia l'avrebbe trattenuto dal denunciarlo.

«Scommetto che non ti sei neppure offerto di combattere al suo posto» proseguì Trylenn, rinfoderando con cura il pugnale prima di posarlo. «Ti sei incaponito nel costringerci ad accettare la sua presenza, ma quando sei tu a doverti mettere in gioco, eccoti subito pronto a tirarti indietro con una scusante. Non riesci a manifestare un po' di coraggio neanche quando si tratta della fanciulla che decanti di amare.»

«Io non voglio combattere, mi sembra di averlo già ripetuto più e più volte. Non è con la violenza che intendo risolvere le questioni.»

«Si tratta di adempiere ai propri doveri, la tua volontà non è importante!»

Trylenn scattò in piedi. Il suono sordo dei suoi palmi sbattuti contro la scrivania spinse Brycen a indietreggiare. Sentì i muscoli irrigidirsi e il cuore pompare più velocemente nel petto, pulsando sotto le orecchie. Erano trascorsi più di otto anni dall'ultima volta che suo padre lo aveva aggredito, ma provava ancora l'istinto di sollevare le braccia per proteggersi.

«Sei un uomo, per l'amor di Beyled! Non puoi continuare a rifuggire dalle tue responsabilità» tuonò Trylenn. «Una donna non dovrebbe macchiare la sua purezza d'animo con azioni violente, permetterle di difendersi da sola è stata un'azione di indicibile abiezione, priva di qualsivoglia dignità. Da una jiyana non mi sarei aspettato un comportamento decoroso, ma confidavo che tu, mio figlio, comprendessi il peso della circostanza. Persino una sconfitta sarebbe stata più accettabile, da parte tua.»

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